Gli interventi di liberalizzazioni del governo interessano anche i settori a entrata regolata. La direzione è quella giusta, ma resta la logica del contingentamento all’entrata. Cresce il numero di operatori, senza però affermare il principio generale del libero accesso all’attività economica. Dunque resta aperta la possibilità di ricostituire barriere all’ingresso. Soprattutto quando sono coinvolte le autorità locali, generalmente più sensibili alle lobby. Positiva l’istituzione del tribunale delle imprese. Costi ridotti per le società costituite da giovani.
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Il decreto sulle liberalizzazioni contiene interventi significativi che potrebbero modernizzare i servizi professionali in maniera incisiva. Il difetto è che non modificano la struttura istituzionale del settore. Le categorie interessate potrebbero così utilizzare il principio di autoregolamentazione per neutralizzarne gli effetti. Una riforma efficace dovrebbe impedire che l’esame di abilitazione sia gestito dagli stessi professionisti che saranno i diretti concorrenti dei candidati promossi. E allargare la composizione degli organi dirigenziali degli ordini.
Vorrei ringraziare i lettori per i loro commenti, tutti stimolanti, e formulare innanzi tutto una “premessa di valore”: l’autore dell’articolo non è un ambientalista né per formazione né per opinione, quanto piuttosto un economista che crede nello sviluppo. Uno sviluppo il più possibile durevole ed equilibrato, e quindi sostenibile nei confronti dell’ambiente e responsabile nei confronti delle persone.
Mi corre lÂ’obbligo di esprimere un apprezzamento particolare a Giuseppe Palermo, che ha perfettamente reso un mio pensiero forse rimasto inespresso nella necessaria sintesi dellÂ’articolo.
Quanto alle crociere come settore in espansione, vorrei ricordare che il totale della spesa espressa a livello europeo dall’intero fenomeno crocieristico è stabile negli ultimi tre anni rilevati: 14,2 miliardi di euro nel 2008, 14,1 nel 2009, 14, 5 nel 2010. Il trend positivo dell’occupazione si è arrestato al massimo del 2008 (311 mila addetti in Europa), e gli ordinativi di nuove navi sono in calo da 8 unità del
Che cosa sta crescendo quindi, a parità di spesa? Il numero di passeggeri, evidentemente anche a fronte di un calo del prezzo unitario del prodotto-crociera, effetto della ricerca di un mercato sempre più massivo da un lato, e della competizione interna dall’altro.
Quanto alle ricadute sul sistema economico italiano, vorrei ricordare che le fonti parlano di un 3% della spesa crocieristica in Italia che va a beneficiare il comparto turistico “alberghi e pubblici esercizi”, e se si rapporta questo dato al valore aggiunto totale del turismo italiano si arriva a stento all’1 per mille di contributo. Nel totale la spesa del comparto crocieristico “pesa” per circa il 3 per mille del PIL.
Ragionando di politiche per migliorare l’impatto del settore, non mi sento di fare un ragionamento globale in poche righe. Credo però che un paese come l’Italia abbia tutte le risorse e le potenzialità per accogliere milioni di viaggiatori a dormire e mangiare e fare escursioni e shopping, piuttosto che limitarsi ad offrire banchine per l’attracco di città galleggianti autosufficienti, che portano il massimo di profitto ai Cruise Operator proprio quando massimizzano la permanenza e la spesa a bordo da parte dei crocieristi. In questa direzione si sono mosse le realtà portuali più attente, cercando appunto di valorizzare il proprio ruolo di home port, e di massimizzare la spesa dei crocieristi sul territorio.
Al riguardo non esiste ancora una stima generale, ma solo poche valutazioni locali: se ne conoscono 3 casi su 30 porti crocieristici in Italia, mentre nelle Baleari funziona da anni un Osservatorio specifico molto puntuale. Ironia della sorte, una di queste analisi è stata realizzata proprio da Costa Crociere.
Concludendo sul tema delle escursioni, queste come noto vengono vendute essenzialmente a bordo, con un forte ricarico di nuovo a favore dei Cruise Operator. Per restare al caso del porto di Civitavecchia, il maggiore in Italia, si stima che ogni giorno di alta stagione non meno di 300 pullman partano alla volta di Roma per un tour organizzato. Gli effetti di questo traffico sulla Capitale forse non sono stati ancora valutati nella loro interezza, ma sono facilmente visibili anche solo frequentandone il centro storico.
P.S. Io invece in crociera ci sono andato, e non mi è dispiaciuto affatto…
Il decreto di liberalizzazioni approvato dal Governo Monti è riuscito ad aprire settori della nostra economia finora difficili da toccare. Tra i motivi del ritardo con cui l’Italia vara queste norme c’è stata senza dubbio la consistente presenza di rappresentanti delle professioni tra le sedie del Parlamento: in Camera e Senato abbiamo 341 tra avvocati, giornalisti, medici, ingegneri, commercialisti, architetti, notai e farmacisti. Si tratta del 36% dei nostri parlamentari, che saranno presto chiamati a sostenere un decreto che li riguarda personalmente, ma che soprattutto interviene su attività che contribuiscono al Pil fino al 22%.
Le liberalizzazioni favoriranno la crescita, come dimostrato da numerosi studi. Proponiamo alcune letture riguardo la struttura di mercato e le performance del commercio al dettaglio. È stato dimostrato, sia nel caso della Francia che in quello dell’Italia, che restrizioni allÂ’entrata per i grandi negozi non sembrano aiutare i piccoli commercianti, dal momento che le grandi catene di vendita al dettaglio rispondono alle restrizioni aprendo negozi di minori dimensioni, creando condizioni concorrenziali difficili da sostenere; inoltre, un’eccessiva regolamentazione fa diminuire la crescita occupazionale. Altri studi dimostrano come, nel caso inglese, le regolamentazioni restrittive all’ingresso riducano il numero di grandi supermercati e causino un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, con conseguente perdita di benessere per i consumatori.
Un ultimo studio sulle farmacie in Belgio mostra come le restrizioni all’ingresso abbiano avuto un impatto negativo sul benessere dei consumatori e che l’intensa regolamentazione non sia riuscita a garantire la disponibilità dell’offerta su tutto il territorio: con regole meno restrittive si potrebbero avere il doppio delle farmacie, più posti di lavoro ed una migliore copertura territoriale.
(a cura di Francesca Barbiero, Filippo Teoldi, Guido Zichichi)
Dalla sagra strapaesana alle ricerche di mercato più improbabili: comuni, province e Regioni non lesinano denaro in sponsorizzazioni, patrocini e contributi. La normativa prevede la pubblicazione successiva della spesa sostenuta, ma non esiste una rilevazione nazionale del volume delle risorse erogate. E finora i tentativi di limitare le spese di rappresentanza hanno solo creato grandi polveroni. Eppure un totale divieto permetterebbe di risparmiare centinaia di milioni di euro. A quanti punti di pressione fiscale locale in meno potrebbero equivalere?
La crisi della Rai è più profonda di quello che appare all’esterno e non basta nominare manager capaci e sganciati dai partiti per farla ripartire. Il taglio di circa 250 milioni al bilancio ha sottratto risorse anche agli investimenti su prodotto e contenuti. Ma è proprio su qualità e innovazione che si gioca il futuro della Rai. Perché la competizione per un editore televisivo, soprattutto se di servizio pubblico, è oggi più che mai sui contenuti e sulla loro capacità di essere attraenti, convenienti e accessibili in ogni momento, in ogni luogo e su ogni apparato e piattaforma.
Il salvataggio di Fondiaria-Sai proposto da Unipol è un ottimo esempio di schema finanziario rivolto ad acquistare una società quotata senza alcun vantaggio per i piccoli investitori. La legge prevede l’obbligo di Opa a cascata quando si acquista la controllante di una società quotata. Ma l’operazione potrebbe essere ritenuta lecita perché diretta al salvataggio di una società in crisi. Il gruppo di controllo che ha condotto Fonsai sull’orlo del baratro potrebbe così deciderne il destino. Tutto in nome della stabilità . E benché non manchi l’interesse di grandi compagnie straniere.
Dal welfare al fisco, dalle liberalizzazioni alla scuola, un libro (Università Bocconi Editore) raccoglie le risposte di vari esperti a quattro domande. Che cosa si può fare subito per rimettere in moto l’economia italiana? Che cosa nell’arco di due legislature? Quali interessi si oppongono alle riforme e come arginarli? Quali interessi avrebbero tutto da guadagnare e come mobilitarli? Pubblichiamo alcuni passi dell’introduzione del volume.
Più che di Piigs dovremmo parlare di Club Med. È vero che Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna sono tutte state colpite dalla crisi dei debiti pubblici. Ma l’Irlanda ne è uscita per prima. E un altro paese, il Belgio, con un’alta evasione e un’alta propensione a generare debito pubblico, è sempre riuscito a venire fuori da complicati processi di consolidamento fiscale. Forse la differenza sta nel diverso livello di efficienza della pubblica amministrazione. Perchè le nazioni con burocrazie fragili hanno anche problemi di crescita economica e di credibilità .
Dopo il disastro della Costa Concordia, diventano evidenti gli interrogativi su quella particolare forma di turismo di massa rappresentata dalle crociere. Un’industria cresciuta senza limiti e senza regole, con navi sempre più mastodontiche, porti smisurati per accoglierle, lavoratori reclutati nei paesi più poveri per salari minimi. Se l’impatto ambientale è molto rilevante, il contributo economico alle destinazioni è invece molto contenuto. Un modello che non corrisponde alle esigenze di sviluppo turistico del nostro paese.