Si parla tanto, e da tempo, di abolizione delle province o comunque di razionalizzazione del sistema. Intanto il loro numero cresce: da 95 a 110 negli ultimi venti anni. Perché si pensa che avere molte province, di dimensioni ridotte, sia importante per le specificità dei territori: più è omogenea l’area governata dall’ente locale, migliore sarà la sua azione. Ma alla nascita di otto nuove province nel corso degli anni Novanta e al conseguente frazionamento territoriale non ha fatto seguito alcun miglioramento nella qualità di alcuni beni pubblici offerti.
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 Per quanto ancora avvolti nelle nebbie dell’informazione incompleta, i provvedimenti strutturali in materia previdenziale presentati dal governo appaiono come una buona partenza per un generale riordino di cui si sentiva davvero il bisogno. Il blocco temporaneo dell’indicizzazione dovrebbe essere riassorbito in un ulteriore provvedimento strutturale riguardante l’istituzione di un meccanismo di indicizzazione autenticamente contributivo.
 Rigore, equità e crescita sono i tre principi che Mario Monti ha indicato quali pilastri per le scelte di politica economica. Nella manovra varata dal suo governo c’è molto rigore, forse troppo. Poca equità . E soprattutto pochissima crescita. Il tempo a disposizione era limitato. Ma proprio perché siamo in condizioni di emergenza si poteva e si doveva fare di più. C’è comunque un miglioramento rispetto alle manovre estive, in particolare in materia previdenziale, deindicizzazione a parte, e nello spostare la tassazione dal lavoro ai patrimoni. Davvero molto, però, resta ancora da fare.
Con le acquisizioni di debito sovrano degli Stati in crisi, la Bce esula dal mandato affidatole dai Trattati europei? La sua missione principale è la stabilità dei prezzi, che presuppone necessariamente la stabilità monetaria. Ma gli acquisti rappresentano anche un aiuto agli Stati in difficoltà , che non rientra tra i compiti della Banca centrale. Tuttavia, la salvaguardia dell’euro è un’esigenza prioritaria che giustifica gli interventi della Bce in qualità di prestatore di ultima istanza. Purché siano rispettate precise condizioni. Perché la Bce non è comunque la Fed.
I commenti dei lettori si dividono tra chi coglie la drammaticità della crisi e chi ritiene che i governi nazionali siano ancora in tempo a ritrovare la virtù. Quanto agli effetti del “bazooka”, i commenti si concentrano su due ordini di preoccupazioni: il moral hazard (ovvero l’incentivo a non rispettare le regole) e l’inflazione.
Per valutare l’efficacia di una terapia, il medico deve poter visitare il paziente e seguirlo nelle cure. Si può mai curare una persona che non si presenta davanti al medico?  Allo stesso modo, il mediatore deve poter incontrarsi con i litiganti per poter svolgere il suo lavoro.  In tutto il mondo, infatti, la bontà delle mediazione e la bravura del mediatore si misura mediante la percentuale di successo degli incontri di mediazione (quando tutte le parti e i loro consulenti si incontrano davanti al mediatore).
La regolamentazione dei servizi professionali si giustifica solo se garantisce un’elevata qualità dei servizi. Obiettivo che non è stato raggiunto con le attuali normative. Ecco perché si discute di liberalizzare le professioni. L’evidenza empirica dimostra che limitare il potere degli operatori presenti sul mercato non ha un impatto negativo sulla qualità . Gli ordini, se vogliono sopravvivere, devono tornare al loro compito originario. E servono misure per stimolare la concorrenza e garantire una rigorosa selezione degli aspiranti professionisti.
Uno dei tasselli principali della manovra del governo sarà la revisione della fiscalità sugli immobili. Ma le ipotesi sono molte, spesso con finalità diverse. Il problema principale è che la legge delega sul federalismo fiscale vieta di tassare la prima casa. Un ostacolo che il governo Berlusconi ha cercato di aggirare con l’introduzione all’ultimo istante della Res-servizi, destinata a gravare non solo sui proprietari, ma anche sugli inquilini. Tutto sommato però funziona peggio della vecchia Ici. E allora perché non tornare semplicemente indietro?
Che cosa succederebbe se l’Italia non riuscisse a portare avanti le riforme strutturali e a consolidare i conti senza l’intervento di istituzioni europee, come la Bce? I costi cui andremmo incontro non sono quantificabili. Il nostro sistema economico entrerebbe in un perverso meccanismo che può dividersi in tre fasi: crisi di liquidità e insolvenza; pressioni deflazionistiche; pressioni inflazionistiche e instabilità politica ed economica.
 L’aiuto pubblico allo sviluppo è uno dei campi in cui l’Italia ha perso più terreno rispetto agli altri paesi Ocse. Non solo l’ammontare totale delle risorse stanziate è stato decurtato nel corso degli anni, ma i tagli hanno colpito di più proprio quei paesi poveri dove l’aiuto è più necessario, favorendo quelli medio-ricchi che già beneficiano di un eccessivo afflusso di aiuti. Sarà sufficiente la novità , positiva, di un ministro dedicato per cambiare questo stato di cose? Necessario riformare la legge, anche per risolvere i possibili conflitti con il ministero degli Esteri.