Non abbiamo ancora la manovra, ma abbiamo ben due clausole di salvaguardia. Un vero e proprio record. Abbiamo già avuto modo di commentare la “clausola di salvaguardia”, meglio “clausola capestro”, che grava sulla delega per la riforma fiscale-assistenziale: se non venisse esercitata entro il settembre 2012, si procederà ad un taglio automatico del 5 per cento di agevolazioni e deduzioni, in larga parte Irpef e Iva, a scapito soprattutto delle persone con redditi più bassi. Il taglio salirebbe al 20 per cento nel 2014. Più tasse contro i più poveri: non c’è paese democratico che in questa crisi abbia scelto questa strada. Saremmo i primi. La seconda clausola di salvaguardia è stata annunciata ieri da Berlusconi da Parigi: se non arrivassimo al pareggio di bilancio nel 2013, ha dichiarato il nostro Presidente del Consiglio alla stampa estera che parla a molti acquirenti dei nostri titoli di stato, il governo aumenterà l’Iva dal 20 al 22 per cento per soli tre mesi. L’aliquota del 20 per cento non si applica ai beni di prima necessità (tassati al 4 per cento). Sono spese che possono in parte essere rinviate nel tempo. Una mossa di questo tipo avrebbe dunque l’effetto certo di spingerci velocemente verso il double-dip, la seconda recessione, provocando un immediato crollo dei consumi, in attesa che l’Iva venga riportata al 20 per cento. Entrambe le clausole sono quindi palesemente ineseguibili. Rimane a questo punto solo il messaggio lasciato ai mercati: se abbiamo bisogno di ben due clausole di salvaguardia e non c’è ancora una manovra approvata, non sarà perché lo stesso governo non è affatto sicuro di ottenere il pareggio di bilancio nel 2013?