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COMPENSI D’ORO DELLE REGIONI. SENZA MERITO

I costi della politica tengono banco da tempo. E tra gli amministratori locali qualcuno prova a difendersi sostenendo che lo stipendio dei governatori è il compenso per il lavoro svolto a vantaggio della comunità. Ma le indennità dei presidenti e dei consiglieri delle Regioni italiane non sembrano legate ai risultati economici del territorio in termini di Pil pro capite, disoccupazione e occupazione. Al contrario, sembra emergere una relazione negativa tra remunerazione dei politici locali, benessere e andamento del mercato del lavoro.

UN PATTO COL DIAVOLO

Il conflitto tra governo ed enti locali è ancora più aspro dopo le manovre estive. I provvedimenti equivalgono a circa il 12 per cento della loro spesa, sanità esclusa. Effetti probabili? Un aumento della pressione fiscale locale e un’ulteriore riduzione degli investimenti. Con il rischio che le manovre, oltre ad avere un impatto recessivo immediato, riducano anche il tasso di crescita potenziale dell’economia, il fattore fondamentale a cui si lega la sostenibilità del nostro debito pubblico. Le incertezze sui premi ai virtuosi. Novità positiva la regionalizzazione del Patto.

CDS ITALIA E SPAGNA A CONFRONTO

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Alitalia: ammaina-bandiera?

Alitalia rinnova la flotta acquistando velivoli a corto raggio. D’altra parte, le sue destinazioni intercontinentali sono ormai soltanto sedici. Due le ipotesi: la compagnia vuole fare una difficile concorrenza alle low-cost. Oppure punta a diventare sempre più un operatore regionale e aumentare così la sua complementarietà con Air France–Klm. Un vantaggio per gli azionisti in caso di cessione ai francesi. Certo, non sembra proprio che Alitalia possa tornare a essere una grande compagnia di bandiera. Nonostante le promesse e i sacrifici chiesti nel 2008.

CONTI IN SICUREZZA: DIZIONARIO E ARITMETICA

Secondo il ministro dell’Economia i nostri conti sono in sicurezza. Lo erano dal 2009. Eppure, basta un po’ di aritmetica per indicare che il raggiungimento dell’equilibrio nei conti pubblici così come delineato dalla manovra estiva è fragile. Se arriva la recessione, la sicurezza dei conti richiederà azioni rapide e dunque andranno messi definitivamente in soffitta le esitazioni e i passi falsi dell’estate 2011.

Un tunnel scavato alla velocità della luce

Ricordate Dan Quayle? E’ stato tra il 1988 e il 1992 il Vice Presidente degli Stati Uniti durante il mandato di George Bush padre ed è rimasto celebre per le sue gaffes. Una volta, entrato in una scuola elementare, suggerì ad un malcapitato alunno di aggiungere una “e” alla fine della parola “potato” (patata) . Che i politici siano spesso ignoranti non è un novità. Ma di solito si tratta di peones o Scilipoti. Più raramente a personaggi di imbarazzante incapacità sono assegnate cariche importanti. Ma ogni Paese ha il suo Dan Quayle e il nostro è il Ministro Gelmini. Commentando l’esperimento del Cern e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha scritto, “Alla costruzione del tunnel tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento oggi stimabile intorno al 45 milioni di euro”. Un tunnel dal Gran Sasso a Ginevra! Più di 700 km di scavi senza che nessuno ne sapesse niente. Lo avranno fatto per non allarmare i No-Tav. Naturalmente il tunnel esiste solo nella fervida immaginazione del Ministro. Ma i 45 milioni che abbiamo speso per l’inesistente tunnel erano immaginari o reali? E se erano reali, che fine hanno fatto? Non è che li hanno dirottati ad altro uso? Ovviamente all’insaputa del Ministro, nella migliore tradizione di questo governo. Ma poi in fondo questo esperimento che importanza aveva? Che si possa superare la velocità della luce lo sapevamo già. Bastava vedere la rapidità con la quale il Ministro Gelmini nel 2001 passò da Brescia a Reggio Calabria per superare l’esame di abilitazione alla professione di avvocato.

DIFFERENZA SPREAD ITALIA-SPAGNA (IN RAPPORTO AI BUND DECENNALI)

LA PAPI’S TAX

A metà giugno lo spread fra i Btp decennali e i bund era di quasi 70 punti inferiore a quello dei titoli di stato decennali spagnoli. Oggi è di oltre 40 punti superiore. I due paesi sono stati colpiti dagli stessi shock e hanno goduto entrambi degli acquisti della Bce. I punti accumulati sembrerebbero riflettere ritardi nella reazione del nostro governo almeno rispetto a quello spagnolo, pur dimissionario. Uno spread simile implica a regime una spesa aggiuntiva per interessi di circa 20 miliardi. Ma potremo riacquistare credibilità con questo governo?

SE L’ISTAT (SI) RIFÀ ILTRUCCO: INTERVIENE IL PRESIDENTE DELL’ISTITUTO DI STATISTICA

Con riferimento all’articolo “Se l’Istat (si) rifà il trucco” non posso che dissentire dall’autore per almeno tre ragioni:

–          in primo luogo, trovo assolutamente fuori luogo il titolo dellÂ’articolo, il quale tende a far credere al lettore che lÂ’Istat abbia scelto il grafico del tasso di variazione invece che quello in livello per fare “trucchi”: voglio rassicurare i lettori che tali “giochetti” sono al di fuori della cultura e della pratica dellÂ’Istituto e sfido lÂ’autore a dimostrare il contrario;
–          secondariamente, vorrei far notare che nel comunicato stampa sui conti trimestrali vengono regolarmente riportati i grafici relativi alle variazioni percentuali tendenziali e congiunturali, nonché ai livelli del Pil ai prezzi dellÂ’anno precedente, cioè esattamente quello che lÂ’autore suggerisce allÂ’Istat di usare;
–          infine, lÂ’autore non rileva che per sei delle otto variabili considerate nei grafici posti al centro della home page, a cui si fa riferimento nellÂ’articolo, lÂ’Istat utilizza le variazioni percentuali – oltre che per il PIL, anche per prezzi al consumo, prezzi alla produzione, produzione industriale, retribuzioni e vendite al dettaglio – e i livelli per le altre due (occupazione e tasso di disoccupazione), seguendo in questo le pratiche tipiche di altri istituti nazionali di statistica e di vari istituti di ricerca. Dovendo scegliere un solo grafico riguardante il PIL per lÂ’home page, si è ritenuto opportuno concentrare lÂ’attenzione sul dato sintetico più significativo, cioè sul tasso di variazione tendenziale, più che sul livello assoluto (a tale proposito segnalo allÂ’autore che, per doverosa omogeneità, anche nel comunicato stampa dellÂ’indice della produzione industriale sono riportati i grafici sia dei livelli, sia delle variazioni percentuali).

Spero che La Voce, alla quale ho avuto il piacere di contribuire personalmente e della quale apprezzo il lavoro, eviti in futuro di “giocare” con titoli ambigui, ma continui ad alimentare, anche in campo statistico, un serio dibattito su come l’Istat possa servire meglio l’utenza. L’attenzione dell’Istituto, infatti, è da sempre rivolta a migliorare la fruibilità dei propri dati, come dimostra l’ampliamento del numero dei comunicati stampa (quasi 300 all’anno), la realizzazione del data warehouse I.Stat, del nuovo sito e dell’archivio storico (oltre 1500 serie storiche di lungo periodo), la messa a disposizione gratuita dei file dei microdati per la ricerca, solo per citare le innovazioni degli ultimi mesi. D’altra parte, l’aumento del numero di visitatori giornalieri (+32% nel primo semestre 2011 rispetto al 2009), delle pagine visitate (+76%), dei Mbyte scaricati (+170%), nonché le 15mila richieste estemporanee di dati (evase per 2/3 in 24 ore) testimoniano il crescente ruolo svolto dall’Istituto nel soddisfare la domanda di informazione statistica.
Consci della complessità dei bisogni dell’utenza, l’Istat accoglie favorevolmente ed incoraggia ogni forma di scambio di informazioni che possa portare ad un miglioramento del servizio. Visto che l’autore segnala di avere difficoltà a trovare certi dati sul nuovo sito, lo pregherei di segnalarcele, così da migliorare il servizio offerto. Naturalmente, tale invito è esteso a tutti i lettori de LaVoce.info, i quali possono scrivere all’indirizzo comunica@istat.it

TROPPA FLESSIBILITÀ NON AIUTA LA CRESCITA

Maggiori garanzie contrattuali per i lavoratori assunti a tempo determinato sono il presupposto necessario per tornare alla crescita economica. I contratti a termine hanno un impatto negativo sugli incentivi ad accumulare capitale umano specifico. Tanto più in economie come la nostra, con imprese specializzate in settori tradizionali e impiego di tecnologie e organizzazioni gestionali mature. Il ricorso al lavoro temporaneo per ridurre il costo del lavoro rischia di ritardare gli investimenti in innovazione e in competenze. E frena le potenzialità di crescita produttiva.

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