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LA POVERTÀ IN ITALIA: UN PROBLEMA DEL SUD

Il rapporto annuale dell’Istat descrive un’Italia in cui coesistono regioni del Nord con livelli di benessere o inclusione sociale analoghi a quelli della Svezia e regioni del Sud con rischi di povertà o esclusione prossimi a quelli della Romania. Le politiche sociali dei comuni non riescono peraltro a contrastare i divari, anche perché il Nord continua a destinare per la lotta alla povertà molto di più del Sud. E intanto il governo riduce i fondi per le politiche sociali, nonostante gli impegni presi con l’Europa.

DECALOGO PER UN CALCIO SENZA TRUCCHI

Sembra serpeggiare un’aria di rassegnazione tra i vertici dello sport italiano di fronte alle partite truccate dagli stessi calciatori per favorire gli scommettitori. Eppure qualcosa si può fare. soprattutto dall’interno del mondo del calcio. Ecco dieci proposte che potrebbero essere immediatamente sperimentate. Dalle sanzioni più severe per chi commette illeciti ai premi per chi ne denuncia il tentativo. Dalla riforma dei campionati alla revisione della ripartizione dei diritti tv, passando per autorità di controllo davvero indipendenti.

 

La Grecia privatizza. Ma è la cura giusta?

La Grecia annuncia un importante piano di privatizzazioni. Tra l’altro, passerebbero ai privati i porti, compreso quello del Pireo. Il debito del paese dovrebbe così ridursi di circa il 17 per cento. Ma per quanto meritevoli di per sé, riusciranno le privatizzazioni a risolvere il problema della solvibilità della Grecia? Per raggiungere questo risultato, dovrebbero rendere gli enti privatizzati molto più profittevoli rispetto alla gestione pubblica. Ipotesi nella quale i mercati non sembrano credere, almeno per ora.

LA PIÙ FINALE DELLE CONSIDERAZIONI

In un paese in cui la classe dirigente ha scarsissima cultura economica e le statistiche non sono considerate un bene pubblico, le Considerazioni finali del Governatore di Banca d’Italia sono molto importanti. Le sei stilate da Mario Draghi non mostrano alcuna accondiscendenza verso il potere politico. Molte delle sue raccomandazioni non sono state ascoltate, ma hanno tolto copertura alla difesa dello status quo. Chi lo sostituirà in Banca d’Italia deve essere altrettanto indipendente: per questo non può venire dalle fila dell’esecutivo. Un post scriptum a commento di una proposta di Eugenio Scalfari.

PREVEDERE L’IMPROBABILE *

Prima il terremoto, poi lo tsunami e per finire un disastro nucleare: il mondo ha assistito esterrefatto a quanto accadeva in Giappone. Tutti eventi poco probabili, difficili da prevedere anche per gli esperti, ma con conseguenze molto gravi. Spesso però le persone tendono a trarre conclusioni errate dall’osservazione di un numero ristretto di eventi casuali. E a chiedere di conseguenza modifiche alle regole del gioco. Ma alcuni errori di percezione possono costare molto cari. I dati sulle giocate del lotto danese lo confermano.

PROMEMORIA PER NUOVI SINDACI

Con poche risorse e bisogni crescenti, l’efficienza nell’utilizzo delle risorse pubbliche diventa la vera questione morale. Il rispetto del denaro dei contribuenti e la sua assoluta focalizzazione sui bisogni veri della gente sarebbero un grande punto di partenza per scoprire se i nuovi sindaci sono veramente tali. Mentre ci si lamenta dei pochi soldi nelle casse comunali, tante imprese dei comuni fanno cose lontanissime dai bisogni che gli enti locali sono chiamati a soddisfare. E se partissimo facendo un po’ di pulizia?

LA BADANTE ALLA FRANCESE *

In Italia l’assistenza pubblica agli anziani è insufficiente. Se ne fa carico la famiglia, spesso ricorrendo alle assistenti familiari. Che sono per lo più straniere e dunque soggette a decreti flussi di dubbia efficacia e a sanatorie varie. Risultato: molti rapporti di lavoro solo formalmente in regola e tanti accordi in nero. Eppure, in Francia con la metà dei soldi spesi nel nostro paese si è creato un sistema integrato, che garantisce un collegamento stabile tra le assistenti e i servizi sul territorio, superando i limiti del rapporto individuale tra anziano e badante.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

La nostra nota sull’importanza dei test di competenza disciplinare  messi a punto dall’Invalsi e sull’insensatezza dell’opposizione manifestata da vari insegnanti e studenti, soprattutto delle  superiori conteneva un’inesattezza (dovuta a ristrette di tempi e di spazi), riprodotta, poi, anche nell’articolo di Tito Boeri apparso su La Repubblica di domenica 22 maggio. L’inesattezza è consistita nel sostenere che lo studio di Irvapp era basato sui test Invalsi. Avremmo, invece, dovuto dire – com’è chiaramente indicato nel sito web di Irvapp – che l’Istituto si era avvalso della collaborazione degli esperti dell’Invalsi per mettere a punto – utilizzando una serie di quesiti estratti da quelli presenti nel repertorio di Pisa, ma non mai precedentemente utilizzati in scuole secondarie superiori italiane –  tre test  di competenza (comprensione della lingua italiana, conoscenze matematiche  e conoscenze scientifiche). Questa precisazione non ha, tuttavia, alcuna incidenza sulla fondatezza delle argomentazioni presentate nella nostra nota, né in quelle presentate da Tito Boeri nell’articolo di Repubblica. Vediamo perché.
Va, in primo luogo, chiarito che esiste un corpo consolidato di teorie e di procedure tecniche che governano la costruzione dei test di competenza cognitiva e la loro validazione, così come il calcolo dei punteggi espressivi dei livelli di abilità posseduti dagli scolari e studenti oggetto di rilevazione. (si veda, ad esempio, L. Boncori, Teoria e tecniche dei test, Torino, Bollati Boringhieri). Naturalmente, come ogni branca della scienza anche queste teorie e queste procedure tecniche sono suscettibili di continui perfezionamenti. È, però, altrettanto certo che quelle al presente disponibili funzionino più che bene e che tutti paesi avanzati utilizzino test di competenza analoghi a quelli messi a punti dall’Invalsi per misurare la preparazione raggiunta dai singoli allievi e, con essa, i livelli di funzionalità delle singole classi, delle singole scuole e da interi sistemi scolastici. Né, a questo proposito vale obiettare che ogni allievo è diverso da ogni altro, né che ogni classe è diversa da ogni altra, né, infine, che ogni scuola è diversa da ogni altra. I test in questione sono costruiti in modo da limitare e da controllare gli effetti dei condizionamenti sociali e culturali extra-scolastici che possono influire sugli apprendimenti. E, in ogni caso, le analisi statistiche condotte sui risultati dei test sono in grado di fare emergere eventuali fattori strutturali (diverse dotazioni finanziarie, edilizie e didattiche delle singole scuole, ma anche diversa capacità e diverso impegno dei singoli docenti e diverse posizioni sociali e dotazioni culturali delle famiglie e degli alunni) in grado di produrre sistematiche variazioni nei rendimenti scolastici degli allievi. È per questo che nella nostra nota abbiamo affermato che i test dell’Invalsi sono importanti al fine di mettere a punto politiche capaci di garantire una maggiore equità delle chance di apprendimento disponibili ai bambini, agli adolescenti e ai giovani italiani e, con esse, di migliorare il funzionamento dell’intero sistema scolastico. Due ultime battute.
Non abbiamo mai pensato e non abbiamo scritto nella nostra nota che le competenze rilevate dai test esauriscano gli apprendimenti promossi dalla scuola, né che quest’ultima abbia solo funzioni di istruzione. Ma è certo che il compito principale della scuola – e la ragione per cui essa si configura come una vera e propria istituzione sociale – consista nella trasmissione di modelli e strategie di pensiero efficaci, di rigorose conoscenze teorico-disciplinari e di utili abilità pratiche. E i test sono ottimi strumenti per consentire se davvero la scuola assolva ai suoi compiti istituzionali. Una semplice ispezione dei test usati dall’Invalsi per la seconda classe delle secondarie superiori e dei test Pisa fa vedere a chiunque non sia ideologicamente prevenuto che tra i due esiste una piena corrispondenza di impianto. Bisognerebbe, dunque, chiedersi perché i test Pisa siano accettati dai sistemi scolastici di decine e decine di Paesi e perché, invece, il sistema scolastico italiano debbano rifiutare quelli dell’Invalsi. L’ipotesi che l’Italia e – il che è peggio –  i suoi insegnanti siano refrattari a misurazioni e valutazioni oggettive è pertanto una possibilità da non escludere.

CRISI ITALIANA, CRISI DELLA CONDIZIONE DEI GIOVANI

Il Rapporto annuale 2010 dell’Istat solleva molti motivi di preoccupazione sullo stato dell’Italia, ma quello sulla relazione dei giovani con la sfera lavorativa pare particolarmente grave. Il tasso di disoccupazione dei giovani italiani è al 20,2 per cento, superiore di 3,7 punti rispetto alla media Unione Europea. Ma anche per chi lavora, le prospettive sono tutt’altro che esaltanti. E cresce la quota di chi emigra all’estero in cerca di prospettive migliori. Se la condizione giovanile è lo specchio del futuro del paese, ci aspettano tempi davvero grami.

LA PRIMAVERA ARABA E LE PROMESSE D’AIUTO DEL G8

Dal vertice del G8 di Deauville uscirà probabilmente un piano di sostegno alla primavera araba. Ma le promesse saranno mantenute? Probabilmente non per intero, a giudicare da quanto successo con gli impegni presi dal G8 sugli aiuti allo sviluppo per l’Africa. Tuttavia, le risorse destinate alla regione aumenteranno comunque, grazie soprattutto a Regno Unito e Stati Uniti. L’Italia vi contribuirà molto poco sia in fase di stanziamento che di erogazione effettiva, rendendo così “invisibile” la sua presenza in Nord Africa.

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