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UN PACCHETTO ALLA NINÌ TIRABUSCIÒ

Più che di una scossa si tratta di una mossa inventata in fretta e furia per prendere tempo. Solo così si spiega l’improvvisazione di questo piano che era stato annunciato dal presidente del Consiglio come in grado di “portare la crescita economica italiana oltre il tre-quattro per cento”.
Di provvedimenti da prendere per dare una spinta allÂ’economia italiana ce ne sarebbero molti. E parecchi a costo zero. Ecco un breve elenco di interventi di liberalizzazione fondamentale per alleggerire i costi di fare impresa e i bilanci delle famiglie. Nel settore trasporti occorre istituire un’autorità indipendente di regolazione con particolare attenzione al settore ferroviario, dove più urgente appare l’applicazione di regole trasparenti, certe e non discriminatorie a fronte dell’ingresso di nuovi operatori. Bisogna rivedere le norme (alcune delle quali approvate proprio negli ultimi anni) che di fatto ostacolano l’ingresso di nuovi concorrenti nel settore. Si tratta di liberalizzare per davvero le Poste, non limitandosi ad istituire una direzione autonoma al ministero dello Sviluppo (lÂ’ ”ego te baptizo carpam” del ministro dello Sviluppo Media(se)tico, Paolo Romani, per sfuggire alle sanzioni di Bruxelles). In considerazione delle tendenze degli enti locali a ritardare l’attuazione della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, varata dal governo nel 2008 e completata col regolamento attuativo del 2010, è necessario anche mettere in campo misure per incentivare economicamente il processo, premiando gli enti locali che si muovono speditamente (nella direzione giusta) e penalizzando quelli che invece fanno melina.
Ma il Consiglio dei ministri riunito per dare "una scossa" alla crescita ancora una volta ha deciso di non decidere, rinviando ai posteri ogni intervento. E’ l’unico modo di interpretare la riscrittura di tre articoli della Costituzione, di scarsa utilità pratica e che comunque vedrebbero la luce in tempi lunghissimi (il CdM ha forse dimenticato la giustamente complessa procedura per le modifiche costituzionali?). La riforma degli incentivi alle imprese entrerà in vigore solo nel 2012 nella migliore delle ipotesi e riguarda comunque l’utilizzo di 2 miliardi di euro. Cambio delle procedure, ma non risorse aggiuntive, per la banda larga: tutte ancora da scrivere e approvare nelle prossime settimane. Rivisitazione del Piano per il Sud e del Piano casa rimasti al palo. Sparito del tutto il ddl sulla concorrenza: entrato nel Consiglio dei ministri, non ne è mai uscito; eppure poteva essere varato quasi un anno fa.
Sfidiamo chiunque non sia in malafede a sostenere che le misure varate dal Consiglio dei ministri possano incidere per più di uno 0,01 per cento sulla crescita del Pil. Meglio chiedere a Monica Vitti di inventarsi un’altra mossa.

LA PAROLA FINE SULLA RIFORMA BRUNETTA

L’accordo del 4 febbraio tra governo, Cisl e Uil cancella uno dei punti qualificanti della riforma del pubblico impiego: la distribuzione obbligatoria dei dipendenti in tre livelli di valutazione. Troppo semplicistico e draconiano ridurre il problema della produttività dei dipendenti pubblici a un risultato valutativo precostituito in laboratorio. Ora una semplice intesa sindacale ne elimina gli effetti. Ma sarebbe stata più opportuna una vera autocritica, con una nuova riforma che imponesse valutazioni serie, meritocratiche e differenziate.

ANNO CHE VIENE, INCENTIVO CHE PORTA

Sull’università uno dei pilastri dell’azione di governo è la distribuzione meritocratica delle risorse. Ma se si guarda all’assegnazione del Fondo di finanziamento ordinario per il 2010 sorge il sospetto che si sia voluto correggere la distribuzione del 2009, ritenuta troppo sbilanciata a favore delle sedi settentrionali. Eppure, per incoraggiare gli atenei a intraprendere cammini virtuosi secondo direttive ministeriali, servono criteri annunciati in anticipo e stabili per un certo numero di anni. Oggi invece il meccanismo di incentivazione assomiglia a una lotteria.

I TAGLI CHE NON FANNO RUMORE

I servizi sociali sono stati pesantemente penalizzati dai tagli di spesa. Ma nessuno ne parla. Persino sull’azzeramento del Fondo per la non autosufficienza, le reazioni sono state modeste anche da parte di sindacati, associazioni del terzo settore e comuni. Il governo punta a disimpegnarsi dal welfare dei servizi, mentre mantiene salda la gestione del welfare monetario, un insieme di misure poco efficienti, che assorbono gran parte della spesa sociale. Urgente una riforma complessiva della spesa e dei servizi sociali.

LA CONSOB E I FURBETTI DEL MERCATINO

La Borsa italiana è troppo piccola e va sistematicamente peggio delle altre: cresce meno quando i mercati salgono e scende di più quando le cose vanno male. La diagnosi del neo-presidente di Consob è condivisibile. Eppure, a partire dagli anni Novanta le riforme non sono mancate. Ma negli ultimi dieci anni l’elenco delle aziende quotate in cui sono stati individuati comportamenti illegali di ogni sorta è impressionante. E allora è forse utile ricordare che le autorità di mercato hanno innanzitutto un ruolo di vigilanza, in modo da dissuadere i furbetti del mercatino.

POVERA PENSIONE DEI PARASUBORDINATI…

C’è molta preoccupazione per la copertura previdenziale dei lavoratori parasubordinati. Le stime indicano un livello non lontano dagli assegni sociali. Il problema però non sono tanto le aliquote di contribuzione, quanto il reddito medio annuale percepito da questi lavoratori. Basso, perché in media sono impiegati solo sei mesi l’anno. La copertura previdenziale sarebbe adeguata se alla maggiore flessibilità nel mercato del lavoro facesse da contraltare una retribuzione corrispondente alla reale produttività e tale da compensare la minore tutela offerta.

SI FA PRESTO A DIRE RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO

Cresce il consenso sul fatto che sia auspicabile una forma di ristrutturazione del debito per i paesi europei a forte rischio di insolvenza. Ma scelte diverse producono effetti drasticamente diversi sulla ripartizione degli oneri tra il debitore sovrano e i suoi creditori. Se lo scopo della ristrutturazione è quello di ridurre gli oneri finanziari per lo Stato debitore e far sì che i creditori condividano le perdite, la soluzione del buy back non va affatto bene. Un default unilaterale o una conversione del debito sembrano largamente preferibili.

QUELL’ENERGIA CHE ARRIVA DAL MONDO ARABO IN SUBBUGLIO

Quando si sono verificati i disordini che hanno portato al rovesciamento del regime tunisino, molti paesi del Mediterraneo, e con essi i mercati, si sono subito preoccupati delle conseguenze sulle forniture di petrolio e gas che alimentano l’Europa. Anche perché vi è il timore del contagio. Ma non tutti quegli stati sono sullo stesso piano dal punto di vista degli occidentali. Paese per paese, ecco una mappa della produzione di idrocarburi e i rischi legati alle condizioni socio-economiche delle popolazioni.

I VERI PERCHÉ DELLA RIVOLUZIONE EGIZIANA

Le cause della rivoluzione egiziana di questi giorni non sono da individuare nel deterioramento della situazione economica del paese. A partire dal 2000, sono state avviate varie riforme che hanno permesso negli ultimi cinque anni una crescita media del 5 per cento l’anno e una diminuzione della disoccupazione. Le manifestazioni nascono probabilmente dalle condizioni sociali e politiche dell’Egitto. Dove a non trovare lavoro sono soprattutto i giovani più scolarizzati. Gli stessi che peraltro appaiono profondamente tradizionalisti. La tranquillità dei mercati finanziari.

L’ANNO DEL DOHA ROUND

Si può fare: il ciclo di negoziati sul commercio globale denominato Doha Round può concludersi con un accordo entro il 2011. La regolamentazione del commercio entrerebbe finalmente nel ventunesimo secolo. E il Wto potrebbe passare a occuparsi delle problematiche di nuova generazione. Servirà però l’intervento diretto dei capi di Stato e di governo, per accettare i compromessi necessari e dimostrare così quell’atteggiamento illuminato rivelatosi indispensabile ogni qual volta si sia dovuto concludere un accordo commerciale multilaterale, fin dal 1940.

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