Giovedì dovrebbe essere il click day del federalismo. La bicamerale voterà il decreto proposto dal Ministro Calderoli. Questo decreto prevede l’esenzione dall’Imu degli enti ecclesiastici e delle Onlus. I cittadini italiani hanno diritto di sapere quanto costa questa esenzione. Abbiamo posto la domanda al ministro dell’Economia senza ricevere risposta. Ci ha invece risposto Luca Antonini, presidente della commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, dalle colonne di Panorama (!) chiedendo a noi di formulare una stima. Lieti di farlo se ci offre l’accesso ai dati di cui dispone. Ci basterebbero che ci dicesse a quanto ammonta il valore catastale degli immobili destinati "esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive,culturali, ricreative e sportive o per uso culturale". In altre parole a quanto ammonta la base imponibile sottratta al fisco. Singolare che nessuno dai banchi dell’opposizione si ponga il problema di chiedere questi dati. Su che base potranno esprimersi giovedi? O bisogna garantire queste esenzioni "a tutti i costi"? Torniamo a chiedere: Quanto costa l’esenzione degli enti ecclesiastici?
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Tutti parlano di patrimoniale ma, a ben guardare, intendono cose molto diverse tra di loro. Bene, dunque, mettere qualche puntino sulle i.
Con il termine imposta patrimoniale o anche solo “patrimoniale” si intende un’imposta che non grava su di un flusso che si verifica in un dato periodo di tempo (per esempio, l’Irpef tassa il reddito percepito ogni anno), bensì su di uno stock di ricchezza accumulato anche nell’arco di intere generazioni.
L’imposta patrimoniale può essere reale o soggettiva, ordinaria o straordinaria.
È reale quando colpisce una singola componente della ricchezza di un soggetto (ad esempio le sue proprietà immobiliari, le abitazioni di cui è proprietario), mentre è soggettiva quando colpisce la sua ricchezza complessiva, il suo patrimonio mobiliare e immobiliare. Una tassa reale sul patrimonio può andare a colpire sia la ricchezza mobiliare (attività finanziarie, autoveicoli, ecc.) sia quella immobiliare (terreni, costruzioni ecc.).
Bene anche distinguere tra patrimoniale ordinaria e straordinaria. La prima viene pagata con cadenza annuale, solitamente con un tasso relativamente basso (raramente superiore all’1 per cento). La patrimoniale è straordinaria quando costituisce un prelievo occasionale deciso in condizioni di emergenza, quasi sempre di tasso elevato.
LÂ’ESPERIENZA ITALIANA
In Italia, a differenza di altri paesi, non esiste un’imposta soggettiva (generale) sul patrimonio. Abbiamo invece alcune imposte reali (speciali), cioè su singoli cespiti patrimoniali. Si tratta ad esempio dell’Imposta comunale sugli immobili (Ici), tassa di naturale pertinenza dei Comuni. Questa fu introdotta nel 1993 come imposta straordinaria (Imposta straordinaria sugli immobili, Isi), per divenire solo in seguito ordinaria. Nel 2008 il Governo Prodi ha ridotto l’Ici sulla prima casa tramite una detrazione del valore massimo di 200 euro, ma in seguito questa norma è stata abrogata in favore della completa abolizione dell’Ici sulla prima casa voluta dal quarto Governo Berlusconi.
Prima dell’Ici era in vigore l’Invim (Incremento valore immobili), un’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili che veniva pagata al momento della vendita. L’Invim è sopravvissuta fino al 2002 per la parte di plusvalenze maturate prima dell’introduzione dell’Ici.
Un’altra patrimoniale è l’imposta di successione, abolita nel 2001 dal Governo Berlusconi e reintrodotta nel 2007 dal Governo Prodi. Oggi l’aliquota è tra il 4 e l’8 per cento a seconda dei casi, con franchigie di 1 milione di euro per parenti in linea retta e di 100 mila euro per fratelli e sorelle. Un altro esempio di imposta sul patrimonio è data dall’imposta sul trasferimento di immobili: l’aliquota in questo caso varia tra il 4 e il 20 per cento nel caso di immobili venduti entro i quattro anni dalla costruzione. In entrambi i casi si è soggetti al pagamento di  imposte di registro, ipotecarie, catastali (intorno all’1-3 per cento).
Importante distinguere una patrimoniale da una tassa sulle rendite finanziarie. Queste ultime sono oggi tassate in Italia con varie aliquote. Su depositi e conti correnti bancari e postali e su obbligazioni private con scadenza inferiore a 18 mesi vi è un’imposta sostitutiva dell’Irpef, prelevata alla fonte con aliquota del 27 per cento. Sugli interessi sui titoli del debito pubblico, sui buoni postali e sulle obbligazioni con scadenza superiore a 18 mesi, l’aliquota è invece del 12,5 per cento. La stessa aliquota viene applicata anche ai dividendi e a tutte le plusvalenze, purché, nel caso di dividendi e plusvalenze azionarie, l’azionista non detenga partecipazioni qualificate.In Italia le imposte sul patrimonio sono inferiori a quelle dei maggiori paesi occidentali (con l’eccezione della Germania) come si può vedere dalla tabella qui sotto. I dati sul nostro paese sono relativi al 2007, anno in cui l’Ici non era ancora stata abolita, per cui risultano sovrastimati.
Paese | Imposta sul patrimonio in % sul Pil |
Canada | 3.3 |
Francia | 3.5 |
Germania | 0.9 |
Italia | 2.1 |
Regno Unito | 4.5 |
Stati Uniti | 3.1 |
(Source: IMF 2010)
A cura di Guido Zichichi
Il decreto flussi non serve all’ingresso in Italia di nuovi lavoratori dall’estero, richiesti nominativamente da imprese e famiglie. Serve a regolarizzare persone già presenti in Italia, ma prive di un permesso di soggiorno che li autorizzi al lavoro. Si riapre anche la possibilità dell’ingresso sotto sponsor, seppure in modo contorto e ipocrita. Ancora una volta, il governo della linea dura si rivela nei fatti incoerente. Meglio sarebbe una politica più trasparente, con la possibilità di convertire il permesso di soggiorno da turistico a lavorativo.
Per prima cosa vi ringrazio per i commenti ricevuti. A tal proposito colgo lÂ’occasione per fare alcune precisazioni, sperando che possano chiarire dubbi e rispondere alle vostre domande:
– LÂ’articolo si è occupato esclusivamente delle attività relative a veicoli passeggeri in Europa, pertanto non si contesta la veridicità di altre pubblicazioni che fanno invece riferimento a risultati di bilancio. Cito testualmente la fonte: (Morgan Stanley – January 2011 – “ FIAT, WhatÂ’s going on in Italy?”): ”European losses of up to E1bn p.a. threaten to undermine FiatÂ’s ambitious business plan if not addressed soon”. Questo però non esclude che lÂ’azienda possa comunque generare utili; ad esempio lo stesso comparto, in Brasile, ha risultati che sono più che sufficienti a compensare le perdite in Europa e a generare profitto.
– La focalizzazione dellÂ’articolo non considera la molteplicità delle attività del gruppo: non solo veicoli passeggeri, ma anche veicoli commerciali leggeri, veicoli commerciali e ricambi, per citarne alcune. Gli impianti Italiani presi in considerazione sono quindi il 25% del totale: 5 impianti, su un totale di 20 stabilimenti presenti nel nostro Paese (in gran parte controllati da Fiat).Â
– Le proiezioni sulle vendite dei SUV considerano anche il prezzo dei carburanti. LÂ’auto però non soddisfa solo il bisogno di mobilità , ma fa riferimento ad una sfera molto più ampia di desideri: un SUV quindi comunica aspetti della personalità e dello status sociale del proprietario, oltre che infondere, ad esempio, un maggiore senso di sicurezza alla guida. Il confronto tra veicoli spesso viene fatto dal consumatore sulla base di elementi non solo razionali ma anche emozionali, col prevalere spesso di questi ultimi. LÂ’emozionalità non va intesa come assenza di logica, ma semplicemente come una diversa scala di valutazione dellÂ’offerta. È un fenomeno che trova riscontro in diversi ambiti merceologici. Inoltre, osservando il contenuto di attuali campagne di comunicazione di alcuni prodotti della categoria, si notano riferimenti alla capacità dei veicoli di contenere le emissioni: interpreto il fatto (opinione personale) come il tentativo di smitizzare i SUV come stereotipo del veicolo inefficiente ed inquinante: la competizione si giocherà anche sulla capacità di creare veicoli di questa categoria in grado di limitare i consumi.
Non è più rinviabile un deciso impegno per favorire una maggiore mobilità nel settore pubblico. Anche senza il consenso del singolo lavoratore, è necessario riuscire a trasferire risorse dagli uffici sovradimensionati a quelli che necessitano di nuove assunzioni, rese impossibili dal vincolo di bilancio. La riallocazione efficiente delle risorse consentirà di sfruttare meglio e valorizzare le competenze dei lavoratori e di erogare servizi di migliore qualità . Il collegamento tra mobilità e turnover.
Se il federalismo fiscale procede lentamente per le Regioni a statuto ordinario, avanza velocemente per quelle a statuto speciale del Nord-Est. Grazie alla Corte costituzionale, che ha riconosciuto a Trentino e Friuli l’immediata disponibilità del potere di istituire tributi propri. E dunque di introdurre importanti misure di fiscalità di vantaggio. Il meccanismo rischia di penalizzare ingiustamente la maggior parte delle amministrazioni regionali. Soprattutto quelle del Centro-Nord. L’ipotesi del federalismo differenziato.
La seconda versione del decreto sul fisco municipale del governo reintroduce anche per l’Imu le esenzioni relative alla lettera c e i dell’articolo 7, comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 che riguardavano l’Ici. Per gli ignari, si tratta delle esenzioni che si riferiscono agli immobili destinati "esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive,culturali, ricreative e sportive o per uso culturale".
Nei fatti, sono per la maggior parte strutture religiose, prevalentemente di proprietà di enti ecclesiastici. La condizione ulteriore per il riconoscimento dell’esenzione è che questi immobili non siano destinati, esclusivamente, ad attività di tipo commerciale. La distinzione tra destinazione commerciale e non commerciale è già di per sé sottile: è in pratica difficile distinguere tra un ristorante e una mensa religiosa, tra una struttura recettiva e un albergo. Lo diventa ancora di più quando è sufficiente che la destinazione commerciale sia non esclusiva. LÂ’esenzione rischia però che si introduca una discriminazione fiscale non giustificabile tra imprese che in realtà producono gli stessi servizi per il mercato. Proprio per questo, e per la terza volta, la Commissione europea ha aperto un procedimento nei confronti dell’Italia.
È curioso dunque che il governo ci abbia ripensato, e dopo averle prima escluse, probabilmente alla luce delle considerazioni della commissione europea e della Corte di giustizia, abbia poi deciso di reintrodurle, senza che ci sia stata la benché minima spiegazione o discussione sul tema. Ma c’è un’altra questione rilevante. Visto che la riforma è a costo zero, ogni euro di gettito mancato dovrà essere trovato da qualche altra parte ed è dunque importante sapere quanto le esenzioni costano al contribuente. Luca Antonini, il presidente della Commissione tecnica sull’attuazione del federalismo fiscale, in un’intervista sul Sole 24Ore del 23 gennaio, parlava di circa 70-80 milioni di euro, con riferimento a un imponibile esente di 11 miliardi. Ma queste stime non sono credibili.
Primo, perché 80 milioni di gettito (perduto) su 11 miliardi (di imponibile) fanno circa lo 0,07 per cento, cioè l’aliquota massima attuale dell’aliquota Ici. Ma l’aliquota Imu, siccome dovrebbe coprire almeno i 2-3 miliardi di imposte erariali sugli immobili abolite, sarà sicuramente più elevata, tra lo 0,75 e l’1 per cento, a seconda che le varie detrazioni previste nel decreto vengano confermate o meno. Secondo, lo stesso dato sull’imponibile è poco credibile. Il valore patrimoniale catastale complessivo delle seconde case e degli immobili destinati a attività commerciali si può valutare attorno ai 1.600-1.800 miliardi di euro, e a fronte di questo, 11 miliardi per tutte le attività prima ricordate (di poco superiore allo 0,5 per cento del patrimonio complessivo), sembra un numero troppo basso. A riprova, si ricordi che nel 2005, quando per la prima volta si parlò di estendere l’esenzione Ici alle attività commerciali ecclesiastiche, lÂ’Anci aveva stimato una perdita per i comuni di circa 300 milioni di euro allÂ’anno per i soli immobili di proprietà degli enti ecclesiastici, senza considerare dunque le proprietà di altre confessioni religiose e delle Onlus. La perdita di gettito Imu, data l’aliquota più elevata, dovrebbe essere un multiplo di questa cifra. Di qui la domanda al ministero dell’Economia:
Quant’è esattamente la perdita di gettito Imu prevista per la reintroduzione delle esenzioni per gli immobili religiosi?"
La Corte costituzionale ha accolto due dei quattro referendum contro la cosiddetta privatizzazione dell’acqua. Una eventuale abrogazione del decreto Ronchi non impedirà comunque di coinvolgere il privato nella gestione. Il secondo quesito mira a negare la legittimità del profitto nell’erogazione dei servizi. Il rischio è ostacolare ulteriormente gli investimenti necessari per il settore. Si tratta però di un’occasione per affrontare in modo finalmente serio la materia idrica. Urgenti tre riforme: finanziaria, della regolazione e dei meccanismi tariffari.
Il progetto Fabbrica Italia, con il quale Fiat intende riorganizzare la produzione per superare la crisi e aumentare la produzione nel nostro paese, divide politici, lavoratori e sindacati. Al di là della legittimità o meno delle condizioni imposte per operare gli investimenti, qual è il progetto che sottostà alle decisioni riguardanti l’uno o l’altro stabilimento? La casa torinese intende rivoluzionare la struttura produttiva in Italia, agendo impianto per impianto.