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MARIA CECILIA GUERRA RISPONDE AD ATTILIO BEFERA, DIRETTORE AGENZIA DELLE ENTRATE

"I giochi statistici possono essere diversi, ma è la somma che fa il totale. Lo scudo fiscale 2009 si è concluso con uno straordinario successo: 93 miliardi di euro rimpatriati in Italia ad ogni effetto e 2 miliardi regolarizzati". Lo dichiara il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, in una nota in riferimento ai dati sullo scudo fiscale in cui aggiunge che "Bankitalia fotografa al 15 dicembre 2009 l’ammontare di 35 miliardi, in quanto considera i soli flussi finanziari provenienti dall’estero (tipicamente bonifici bancari). In realtà il rimpatrio è stato fatto anche da titoli e altre consistenze patrimoniali. In particolare 85 miliardi di euro sono stati composti da capitali rilevanti, 10 miliardi da somme varie e minori (beni preziosi, eccetera) – Ansa

E’ curioso che il direttore dell’Agenzia delle Entrate si consideri chiamato in ballo dai nuovi dati forniti dalla Banca d’Italia, e dai commenti che ne sono seguiti. Nessun commentatore, e tanto meno Banca d’Italia, ha messo in dubbio l’autenticità dei dati forniti a suo tempo dall’Agenzia: 95 miliardi scudati di cui 93 rimpatri e 2 regolarizzazioni. Né l’Agenzia avrebbe potuto fornire dati più dettagliati: l’unica fonte d’informazione di cui dispone è infatti data dal versamento dell’imposta sostitutiva che avviene secondo due soli “codici tributo”, l’uno relativo ai rimpatri (complessivamente intesi), l’altro alle regolarizzazioni.
I dati della Banca d’Italia permettono un’informazione statistica più accurata (non giochi statistici!). La Banca d’Italia deve infatti raccogliere dati che permettano di distinguere, fra i rimpatri, quelli solo giuridici da quelli veri e propri, perché ha il compito istituzionale di compilare le statistiche relative alla bilancia dei pagamenti. Solo i rimpatri veri e propri danno luogo a flussi di capitali verso l’Italia da registrare nella bilancia dei pagamenti. I rimpatri giuridici riguardano infatti attività che restano all’estero, ma di cui assume la custodia, amministrazione o gestione un intermediario residente in Italia.
Non c’è quindi né incoerenza fra le due informazioni né imbroglio statistico. C’è stato invece un imbroglio mediatico: cercare di farci credere, a fine dicembre, che i 93 miliardi di rimpatri si riferivano a capitali materialmente riportati in Italia, magari per finanziare le nostre imprese in crisi. Ora sappiamo che non è così: i rientri veri e propri sono stati 35 miliardi, si tratta quasi esclusivamente (97%) di attività liquide che, in regime di liberalizzazione valutaria, potranno, quando vorranno, tornare liberamente e legalmente all’estero.

Maria Cecilia Guerra

FIGLI E LAVORO: DUE REGIONI, DUE STORIE DIVERSE

La natalità in Italia continua a essere bassa. Ma anche in un anno così generalmente depresso come il 2009, c’è chi ha resistito meglio e chi ha ceduto di più. La fecondità cresce in Emilia Romagna e scende ancora in Campania. Ovvero cala nella regione nella quale l’occupazione femminile è più bassa e sale nell’unica regione italiana che in proposito ha già superato gli obiettivi di Lisbona. Un risultato paradossale a prima vista, che si spiega con la ben diversa quantità e qualità dei servizi di conciliazione tra lavoro e famiglia.

DALLE PERSONE ALLE COSE (CHE INQUINANO)

Le imposte ambientali sono un terreno ideale se si tratta di spostare una parte non marginale del gettito dalla tassazione sul lavoro ad altre forme di prelievo. Tanto più che molte di queste imposte si prestano a essere prelevate in sede locale, adatte dunque a un fisco più federale. L’impatto potenzialmente regressivo potrebbe essere compensato costruendole in maniera tale da sfruttarne il potenziale incentivante. Una seria riforma fiscale verde potrebbe partire da un aumento delle aliquote dell’ecotassa, il tributo per il conferimento di rifiuti in discarica.

IL PONTE TRA GARANZIE PRIVATE E PUBBLICI RISCHI

La Corte dei conti ha approvato con riserva il piano economico-finanziario del ponte sullo Stretto di Messina. L’elemento di maggior debolezza del progetto è costituito dalle previsioni del traffico, ma la lettura della documentazione fa emergere altri interrogativi. Da un accordo che restituisce al general contractor l’intero ribasso offerto, raddoppiandolo, e trasferisce sulla controparte pubblica l’onere del rischio alla scorciatoia di utilizzare situazioni definite eccezionali per bloccare in maniera rigida maggiorazioni e prefinanziamenti.

INTEGRAZIONE A PUNTI

I ministri dell’Interno e del Welfare annunciano il permesso di soggiorno a punti. Una idea condivisibile perché responsabilizza gli immigrati nella costruzione del percorso di integrazione. Ma non mancano i problemi nella attuale formulazione della proposta. Ad esempio, non è chiaro cosa accade allo straniero che non raggiunga i punteggi richiesti. Perché ancora una volta, le politiche parlano di immigrazione, ma in realtà ricercano il consenso degli elettori italiani, senza troppo curarsi né della fattibilità, né delle conseguenze delle misure annunciate.

SCUDO FISCALE TER: A VOLTE NON RITORNANO

Il 29 dicembre 2009 il Mef comunicava il grande successo dellÂ’operazione scudo fiscale ter sintetizzandolo in due numeri: 95 e 98.  95 miliardi di euro il volume delle operazioni interessate dallo scudo di cui  98 per cento costituito  da  rimpatri effettivi in Italia. Numeri che marcano uno straordinario successo, segno di forza della nostra economia e di fiducia nell’Italia.
Nel commento del 5 gennaio sottolineavo come il comunicato, pur formalmente corretto, fosse nella sostanza fuorviante:  volesse cioè far credere che il 98% dei 95 miliardi scudati fosse davvero rientrato in Italia, pronto ad affluire alle nostre imprese in crisi. Il trucco comunicativo consisteva nel giocare sull’ambiguità del termine "rimpatri effettivi", senza ricordare che essi consistono di rimpatri veri e propri e di rimpatri  giuridici i quali, analogamente a quanto avviene per le regolarizzazioni, non comportano alcun disinvestimento di attività estere.
Richiamare questa distinzione sarebbe stato cruciale per la correttezza e la trasparenza dell’informazione: già al momento in cui il comunicato è stato emesso erano infatti molte le valutazioni, effettuate da osservatori privilegiati, che facevano ritenere che per una quota rilevante i rimpatri da scudo fossero in realtà soltanto rimpatri giuridici.
La distinzione fra rimpatri veri e propri da un lato e rimpatri giuridici e regolarizzazioni, dall’altro, è necessaria per costruire statistiche appropriate relative alla bilancia dei pagamenti del nostro paese in cui solo i primi devono essere registrati. L’informazione relativa è stata quindi raccolta dalla Banca d’Italia, che proprio ieri ha pubblicato i risultati  emersi da tutte le segnalazioni statistiche arrivate fino al 15 febbraio 2010. Essi riguardano 85 dei 95 miliardi di euro ricordati dal Mef, in quanto  la rilevazione della Banca d’Italia esclude alcuni beni patrimoniali, le operazioni di importo inferiore a una soglia di rilevazione di 50000 o 12500 euro a seconda del paese considerato, e le situazioni in cui l’effettivo rimpatrio o regolarizzazione delle attività "scudate", per le quali cioè si è gia versata l’imposta, sia stato differito, come ammesso dalla normativa.

Ed ecco i risultati

Rimpatri con liquidazione                                                                 34,9 mld di euro
Rimpatri senza liquidazione e regolarizzazioni                                 50,3 mld di euro

Totale                                                                                              85,1 mld di euro

I rimpatri con liquidazioni, gli unici che potrebbero segnare quella fiducia nellÂ’Italia ricordata dal Mef sono quindi soltanto il 41% del totale.
Suggerisco di aggiornare il comunicato Mef del 29 dicembre come segue: due i numeri  per sintetizzare i risultati dello scudo ter: 95 e 41.

CINQUE DOMANDE PER IL DOPO-CRISI

La crisi impone un ripensamento di alcune certezze che avevano caratterizzato la politica macroeconomica nel periodo precedente. A partire da cinque domande, che mettono a fuoco i punti essenziali su cui riflettere. Un basso tasso di inflazione è un risultato storico, ma c’è una differenza tra fissarlo al 2 o al 4 per cento? Autorità monetarie e di regolamentazione devono continuare a essere entità separate? A chi devono dare liquidità le banche centrali? Come creare maggior spazio per le politiche di bilancio nei prossimi anni? E come rendere piu’ efficaci gli stabilizzatori automatici?

CARTOLARIZZAZIONI SENZA REGOLE COMUNI

Le cartolarizzazioni sono un utile strumento di liquidità per imprese e banche, ma per evitare che se ne faccia un uso distorto è necessaria una migliore regolamentazione a livello globale. Su questo l’accordo è generale. Più difficile è definire le regole comuni. I piani di riforma proposti dagli organismi internazionali, europei e americani, seppur ispirati agli stessi principi, vengono declinati in maniera differente. Anche perché manca un soggetto legittimato a livello internazionale a legiferare e a controllare il mercato.

CAMBIAMO IL PATTO DI STABILITÀ

Il Patto europeo di stabilità e crescita così com’è ha ormai esaurito il suo ruolo e il recente caso della Grecia ne è la prova. Come rinnovarlo per far sì che funzioni? Il tema è delicato. Soprattutto perché è nell’interesse dei paesi in crisi cavalcare il timore del contagio e della debolezza europea per ottenere di più. Ma una riforma è urgente, perché non è detto che si possa contare su una ripresa per ridurre i disavanzi. Ecco alcune proposte.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo i lettori per gli stimolanti commenti e riflessioni. Alcuni hanno invocato la necessità di fare di più contro l’evasione fiscale e gli sprechi, altri hanno proposto di diminuire il cuneo fiscale sui redditi da lavoro oppure aumentare la tassazione dei capitali o dei dividendi degli azionisti e i bonus dei manager. Rispondiamo brevemente su alcuni punti.
Il nostro obiettivo non era quello di una discussione generale sul sistema fiscale, è ovvio che la lotta contro l’evasione fiscale e gli sprechi rimane lo strumento base di un sistema equo ed efficiente. Ci siamo limitati a commentare la proposta del Ministro Brunetta che proponeva di finanziare la misura anti “bamboccioni” attraverso un prelievo intergenerazionale. L’idea è buona e non si tratta di una misura assistenziale: non si può vivere a lungo con i 1700 euro di dotazione di cittadinanza da noi ipotizzati e neppure con i 10.000 che potrebbero risultare dall’investimento in un Child Trust Fund. Inoltre, sta al singolo individuo valorizzare e investire la somma. Che non dovrebbe limitarsi solo a finanziare gli studi. Ad esempio la possibilità di pagarsi un affitto per qualche mese in una nuova città mentre si cerca lavoro potrebbe aiutare diversi giovani a lasciare la casa dei genitori. E’ una dote proprio per valorizzare le “doti” del singolo e per questo non può risolversi con semplici detrazioni fiscali alla famiglia.
Abbiamo argomentato, inoltre, che se si vuol fare redistribuzione intergenerazionale come Brunetta ha sostenuto, la tassa di successione è più equa che un prelievo sulle già misere pensioni di anzianità. Non si tratta di portar via i frutti del lavoro dei genitori, ma semplicemente di renderne più equa la distribuzione. E’ più “giusto” pagare il 30-40% sui frutti del proprio lavoro e nulla (o il 4% oltre un milione di euro) sull’eredità lasciata dai propri genitori?
E’ stato sottolineato, giustamente, che non si danno soldi senza incentivi. Ma qui, per definizione, si tratta comunque di soldi che vengono dati senza incentivi: vale per l’eredità così come per la dote di cittadinanza, che solo sarebbe distribuita diversamente. In una delle frequenti letture assai poco rigorose abbiamo appreso che la figlia tredicenne della cantante Madonna riceverebbe come paghetta 11.000 dollari a settimana. Non sappiamo a quali incentivi la fanciulla sia sottoposta dalla mamma, per cui lasciamo cadere la cosa, ci sembrava comunque un dato simpatico da riportare.
I veri problemi non sono tanto gli incentivi in capo al ricevente quanto piuttosto i disincentivi al risparmio e la possibilità di elusione da parte di chi lascia. Sulla seconda abbiamo purtroppo poco da aggiungere, e sappiamo che non è un problema da poco. Sulla questione degli incentivi al risparmio, però, possiamo aggiungere questo: 
1) le teorie economiche non ci danno previsioni chiare sugli effetti dell’imposta di successione sul risparmio; per quel che ne sappiamo, in teoria, una tassa sull’eredità potrebbe anche incentivare il risparmio;
2) eventuali inefficienze dell’imposta di successione vanno comparate con modalità alternative: a parità di gettito la tassa di successione non è più distorsiva di una tassa sul reddito da lavoro o sulle attività finanziarie, probabilmente lo è di meno;  
3) l’evidenza empirica è altrettanto problematica, per chiari problemi di identificazione: al momento, le stime più attendibili ci dicono che un effetto dell’aliquota marginale sul risparmio probabilmente c’è ma non é molto grande. Resta il fatto che l’imposta di successione gode di scarsa popolarità, o meglio, sembra essere più impopolare delle altre.

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