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LAVORARE A MILANO. DA CLANDESTINI

L’immigrazione irregolare, per sua stessa natura, sfugge ai tentativi di misura e rilevazione. Tuttavia, esistono banche dati che permettono di analizzare alcuni aspetti del fenomeno. Per esempio i dati del Naga descrivono l’inserimento di persone senza permesso di soggiorno nel mercato del lavoro milanese e lombardo. E ne evidenziano gli alti livelli di istruzione, con tassi di occupazione e di partecipazione superiori a quelli lombardi. Nonostante le difficoltà della loro permanenza in Italia, sono una forza lavoro decisa e dinamica. Ma quali prospettive hanno?

LA SANITÀ DI OBAMA: UNA RIFORMA A METÀ

Un indubbio successo politico per il presidente Obama che l’ha fortemente voluta. Ma anche un compromesso con la lobby delle compagnie di assicurazione, che non ne vengono minimamente danneggiate. La riforma del sistema assicurativo per la sanità negli Stati Uniti si ferma infatti a metà strada: affronta il problema dei milioni di cittadini che non hanno una copertura per le cure mediche, ma non quello della esorbitante spesa sanitaria americana.

UNA NUOVA GOVERNANCE PER GLI ATENEI. MA QUALE?

Le recenti linee guida del CdM e la risposta della CRUI prefigurano cambiamenti alla governance d’ateneo e va perciò compiuta un’analisi scientifica della situazione nazionale. Superando il mero dibattito sulla accountability, si deve studiare l’efficacia delle forme di governo.
Negli ultimi decenni 3 fattori hanno messo in discussione il tradizionale modello di governance degli atenei, non solo in Italia. Alla spinta democratica prodotta dall’università di massa è seguita una pressione efficientista in conseguenza della saturazione dei modelli di welfare degli stati europei, seguita dal progressivo spostamento verso il mercato che ha reso gli atenei più sensibili alla domanda esterna. Queste pressioni hanno prodotto 3 effetti sull’università: a) crisi di legittimità dovuta allo scemare di fiducia nella società; b) mutamento della missione da culturale a più utilitaristica; c) trasferimento di poteri dal centro alla periferia.

IL CASO ITALIANO

Il caso italiano si complica a causa di una legiferazione che fin dalla L.168/89 (autonomia universitaria) è stata discontinua e incoerente: da un lato conferisce piena autonomia (normativa, organizzativa, contabile), dall’altra impone alcuni organi di governo e numerosi paletti contabili. L’errore più grande è d’aver approvato il sistema di finanziamento (il budget d’Ateneo, L.537/93) 4 anni dopo l’introduzione dell’autonomia statutaria. Oltre metà degli atenei hanno approvato lo statuto prima del ’93, alcuni organi di governo si sono così caricati di responsabilità per cui non erano stati concepiti. L’impianto di governance imposto dal legislatore nell‘89 sembrerebbe funzionare: il senato accademico come centro delle politiche scientifiche, il CdA di quelle gestionali e il rettore quale garante dell’equilibrio fra i due. Confrontando questo modello con best practice e teorie di governance emergono 4 ordini di problemi:

1)     mancata separazione fra gestore e controllore: il rettore è presidente e AD, diventa cioè amministratore unico (sconsigliato in dottrina per dimensioni d’un ateneo) senza averne l’autorità (elettività della carica).
2)     Mancata unione delle 3 funzioni di governo (strategico, ambientale, controllo) in un organo esecutivo: la strategia è definita dal senato (piano di sviluppo triennale), il CdA assume responsabilità economica su decisioni altrui.
3)     Organi di governo pletorici tendenti al conflitto fra interessi contrapposti: i membri rappresentano categorie, non funzioni, e quindi interessi particolari
4)     Mancato controllo sulle risorse umane, poiché condizioni contrattuali dei docenti sono determinate a livello centrale

ERRORI ED ESPERIENZE POSITIVE

Agli errori del legislatore si sono sommati quelli degli atenei, ma esistono esperienze positive. Con l’autonomia statutaria si sono configurati 3 diversi modelli di governance nelle università italiane: il sistema bicamerale perfetto, il modello a senato preminente e quello a CdA preminente.
La maggioranza degli atenei ha scelto modelli aderenti alla riforma, modificando però la composizione degli organi. Molti atenei l’hanno ampliata tanto da uniformare i due organi eoptato per la doppia competenza: ad ogni decisione un organo ha potere deliberativo e l’altro consultivo. Si è instaurata così una sorta di bicameralismo perfetto che rallenta i processi decisionali e ne rende incerti gli esiti.
Alcuni atenei statali (Venezia, Tor Vergata, Torino) hanno invece configurato il CdA in modo atipico ammettendo solo specialisti esterni per meglio governare gli aspetti economici. Il contributo di un CdA simile è qualitativamente migliore, ma si consuma così la cesura definitiva fra CdA e senato, a netto favore di quest’ultimo che ha potere strategico.
Il terzo modello emergente è quello di Trento e degli atenei non statali, dove il CdA è univoco organo di governo con potere d’indirizzo e di controllo. Il rettore è nominato dal CdA, nel quale però sono spesso previsti docenti. Fra i modelli italiani questo è l’unico dotato delle caratteristiche irrinunciabili per un governo efficace: chiarezza nei ruoli fra organi, univocità nell’attribuzione delle responsabilità, unità di comando in un organo esecutivo.

COINVOLGIMENTO AMPIO

È restrittivo affrontare il tema della governance d’ateneo nei termini della giusta alchimia fra organi. Il problema si estende a tutti gli attori che contribuiscono all’ateneo e da esso ottengono ricompense, poiché l’obiettivo è il contemperamento degli interessi. Stabiliti organi e meccanismi di governo bisogna dunque definire i soggetti con diritto a partecipare alla governance.
Classificando la governance degli atenei rispetto alla tipologia (interni o esterni) ed alla varietà (monopolio o pluralità) dei soggetti con potere sostanziale, si possono individuare 4 modelli. Nel caso di sistema bicamerale o senato preminente, la governance è di tipo accademico, poiché solo i docenti determinano le decisioni. Con CdA prevalente la governance è fiduciaria, perché coinvolge altri soggetti interni (studenti, PTA) ed esterni. Nella maggioranza degli atenei il governo è accademico, per via del contributo critico apportato dai docenti. Ma non va sottovalutato l’apporto degli studenti (finanziario), del PTA (conoscenza specifica) e della comunità locale (appoggio logistico). A fronte del loro contributo, andrebbero coinvolti fattivamente nelle decisioni.
Chiarezza di ruoli, responsabilità univoche, unità di comando, contemperamento degli interessi, coinvolgimento ampio. Queste le poche regole che possono garantire una governance d‘ateneo efficace. Le intenzioni del governo e le attese della CRUI, tuttavia, non mettono mano all’ambiguità del sistema bicamerale che regge i nostri atenei.

LO STRAPPO DI FLOPENAGHEN

Più che per un fallimento, il vertice sul clima di Copenaghen verrà ricordato come un passo decisivo nella diplomazia del G2. Ma si tratta di un accordo discusso, scritto e infine condiviso da solo cinque paesi e poi sottoposto agli altri, che ne hanno preso atto. Apre perciò scenari del tutto nuovi. Quale sarà a questo punto il ruolo delle Nazioni Unite? E quanto tempo sarà necessario all’Europa per reagire con coesione?

TROPPA NEBBIA SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Un libro con un capitolo negazionista sul riscaldamento globale scatena negli Stati Uniti un acceso dibattito. E pone qualche interrogativo, in una battaglia che contrappone voce autorevole a voce autorevole, sul ruolo delle strategie di comunicazione. Quanto agli scienziati, al di là del potere di amplificazione dei media, sembra quanto mai attuale il richiamo all’onestà intellettuale e al rigore.

MANAGER ACCADEMICO CERCASI

L’assetto della governance delle università è la vera chiave di volta per qualsiasi riforma complessiva ed efficace del sistema. Il disegno di legge Gelmini fa importanti passi avanti verso la modernizzazione. Ma non risolve la questione delle nomine del consiglio di amministrazione e dell’elezione di rettore, presidi e direttori di dipartimento. Mantenendo sostanzialmente intatti i conflitti d’interesse, individuali o di gruppo, che oggi distorcono molti dei processi decisionali. E continua a mancare la figura essenziale del manager accademico.

LE POLITICHE INDUSTRIALI MIGLIORI? QUELLE CHE FUNZIONANO *

La Finanziaria ha disposto l’aumento di 400 milioni di euro per il prossimo biennio delle risorse destinate a finanziare il credito d’imposta per gli investimenti in ricerca. Si tratta di un segnale di attenzione verso una problematica importante. Tuttavia è essenziale che ogni misura di incentivazione si basi su una rigorosa valutazione dell’impatto di analoghi interventi precedenti. Per questo è necessario che si diffonda anche nel nostro paese una nozione standard del concetto di valutazione. E divenga più facile l’accesso ai dati.

IL NUMERO PERFETTO DEI POLITICI LOCALI

La Finanziaria 2010 taglia del 20 per cento i consiglieri comunali ed elimina i consigli di quartiere. Una larga rappresentanza locale è espressione e strumento di partecipazione alla vita comunitaria, soprattutto se è a basso costo. Altrettanto evidenti sono però gli svantaggi e le degenerazioni. E allora può essere giustificato anche lo sfoltimento forzato. Ma una soluzione uniforme e imposta dal centro è contraria allo spirito federalista. Tanto più che la legge sul federalismo fiscale già prevede un costo standard della rappresentanza politica. Basterebbe evidenziarlo.

MA LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE NON È UN OPTIONAL

Il proliferare su Facebook di gruppi inneggianti all’aggressore del Premier ha indotto il ministro Maroni a proporre il varo di norme per limitare la libertà di espressione sul web. Ma le leggi per combattere queste odiose manifestazioni esistono già e non è necessario creare nuove restrizioni, che sarebbero comunque difficilmente applicabili. Il tema è molto delicato perché imboccare una china repressiva della libertà di pensiero e di espressione può facilmente portare a derive illiberali. Lo aveva riconosciuto anche l’ex-ministro della Giustizia Castelli pochi anni fa.

2010: LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO

Il 2009 si chiuderà come l’anno economicamente peggiore del secondo dopoguerra. Ma per il 2010 si può provare ad essere più ottimisti. I dati del terzo trimestre mostrano infatti che l’economia italiana è ripartita. Grazie alle esportazioni, che in tutta l’area euro sono la voce più nettamente positiva. Segno che il mondo inizia a mettere dietro le spalle la crisi. Ma è soprattutto all’economia tedesca che dobbiamo guardare. Se la Germania andrà bene, come sembra, le cose andranno bene anche per il nostro paese.

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