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FS: QUI L’INFORMAZIONE DERAGLIA

La campagna di comunicazione di Fs racconta che oggi le “Ferrovie dello Stato oggi non gravano più sulla collettività”. La verità è che Fs resta l’ultimo monopolista non regolato. Dal 2000 in media ha ricevuto in conto corrente circa 3 miliardi di euro all’anno da Stato e Regioni. Oltre naturalmente ai contributi in conto capitale per la realizzazione della rete ad alta velocità. Quanto ai biglietti low cost, si tratta di una vera presa in giro. L’aumento dei prezzi non serve a coprire costi che sono comunque dello Stato. Serve solo a far quadrare un bilancio.

UN ANNO DI GOVERNO: ENERGIA E AMBIENTE

 

I PROVVEDIMENTI

L’attività del governo in tema di energia e ambiente verrà anzitutto archiviata sotto la voce rifiuti. L’esecutivo guidato da Berlusconi ha avuto il merito di avere avviato a soluzione, nel bene o nel male, il problema dei rifiuti in Campania. Sono stati tolti i rifiuti dalle strade, riaprendo delle discariche, è stato inaugurato il nuovo e famoso termovalorizzatore di Acerra, sono state pianificate nuove discariche e nuovi impianti di incenerimento. Anche se la raccolta differenziata resta una nota dolente in quella regione, e più in generale in quelle del Mezzogiorno, rimane l’indubbio merito di avere tolto questo problema dalle emergenze del paese.

Il secondo grande tema per cui la fase iniziale della legislatura sarà ricordata è il nucleare. Guidato dalla convinzione che la riduzione dei costi dell’energia (elettrica), della dipendenza energetica dall’estero e delle emissioni trovino una soluzione chiave nella reintroduzione dell’energia nucleare nel nostro paese, l’esecutivo ha avviato un lungo iter legislativo, non ancora concluso, finalizzato a delineare il quadro normativo necessario in ordine a temi delicati come l’istituzione dell’autorità di controllo, il regime autorizzativo, l’individuazione dei siti, la gestione delle scorie, le misure di compensazione per le popolazioni locali.

Merita ricordare anche un paio di altri significativi provvedimenti, entrambi di natura fiscale. Con il primo, fortunatamente poi eliminato a fine anno dal Parlamento, il ministro Tremontiaveva modificato in senso retroattivo la procedura per la detrazione del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, riducendone così di molto la portata. Sempre lo stesso ministro, in piena bufera mediatica sulla speculazione e in pieno continuo rialzo del prezzo del petrolio aveva introdotto la famosa Robin Hood Tax, mirante a tassare i presunti extraprofitti da caro-barile dei petrolieri (oltre a quelli di banche e assicurazioni) trasformandoli in parte in benefici per i cittadini con carattere di intervento strutturale.

GLI EFFETTI

La sopraggiunta recessione economica ha alterato profondamente il quadro per cui è difficile fare valutazioni sugli effetti, per esempio, della Robin Tax. Il nucleare è a oggi ancora allo stadio di approvazione definitiva del quadro normativo e l’accordo Berlusconi-Sarkozy del febbraio scorso, con annesso protocollo Edf-Enel, non produrranno effetti concreti prima della fine del prossimo decennio, se davvero il nucleare italiano diventerà realtà. Quanto al discorso dei rifiuti, se limitato al caso campano, gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, anche se potrebbero verificarsi nuove situazioni di emergenza in particolare nel Sud d’Italia.

OCCASIONI MANCATE

Il governo italiano ha ottenuto un altro importante risultato sul finire d’anno votando a favore dell’adozione del pacchetto europeo energia-clima, noto anche come “20-20” (il terzo “20” è caduto). Se questo fatto è da ascrivere nella colonna dei risultati positivi conseguiti nel primo anno, pesa il modo in cui il gabinetto Berlusconi è arrivato a esprimere il proprio assenso: al termine di una battaglia tutta centrata sugli eccessivi costi per il nostro paese che ha avuto un seguito solo in un gruppo di paesi dell’Est europeo. Una battaglia fortemente supportata dalla Confindustria e che ha tratto alimento da quanti – numerosi almeno nel Senato della Repubblica – vorrebbero una revisione della nostra adesione all’accordo europeo, nel senso del dietro-front. Questo estenuante processo che è andato avanti da giugno a dicembre ha distolto l’esecutivo dalla necessità di prendere provvedimenti immediatamente operativi a riduzione delle nostre emissioni di gas-serra, il cui livello tendenziale è assai fuori linea rispetto agli obblighi di Kyoto. La scadenza del 31 dicembre 2012 si avvicina velocemente e restiamo in attesa di capire come si pensa di potere eludere l’esborso finanziario che le obbligazioni internazionali ed europee connesse al Protocollo di Kyoto comporterebbero. Anche in vista degli impegni vincolanti aggiuntivi legate al pacchetto europeo servono politiche e misure volte a massimizzare il risparmio e l’efficienza energetica e ad accrescere la diffusione delle fonti rinnovabili di energia. Se anche queste non sono “la” soluzione del problema, e nemmeno l’unica, certo è che su questo fronte si è perso un anno di tempo, il primo del nuovo governo Berlusconi.

UN ANNO DI GOVERNO: BANCHE

 

I PROVVEDIMENTI

Il primo atto del governo Berlusconi in materia di banche è rappresentato dalla convenzione fra il ministero dell’Economia e l’Associazione bancaria italiana del 27 maggio 2008, nella quale si consente agli intestatari di un mutuo prima casa, a tasso e rata variabile, una rinegoziazione con una posticipazione delle somme dovute alla scadenza del prestito. (1)

UN GRANDE SINDACATO PER UNA GRANDE FIAT

Nella nuova Fiat-Chrysler i lavoratori avranno la quota di maggioranza e un loro rappresentante nell’organo amministrativo. In questo clima di entusiasmo anche i sindacati vedono aprirsi nuove prospettive di partecipazione diretta al capitale e al governo delle imprese. Ma non mancano i rischi. Serve un grande sforzo di elaborazione e fantasia, affinché la partecipazione non si risolva in uno slogan buono per tutti gli usi, ma rappresenti invece una strada realistica per l’affermazione di una vera democrazia economica.

UN ANNO DI GOVERNO: POLITICHE PER LE FAMIGLIE

I PROVVEDIMENTI

Gli interventi a sostegno delle famiglie adottati nell’ultimo anno sono stati di carattere principalmente monetario, attraverso le leggi n. 133/08 e n. 2/09.
Il Bonus famiglia, di 200-1.000 euro per famiglia, è destinato a lavoratori dipendenti e pensionati che hanno un reddito compreso fra 15mila e 22mila.
I destinatari sono famiglie che possiedono esclusivamente redditi da lavoro dipendente e da pensione. Si tratta di uno strumento una tantum che include gli stranieri residenti, ma sembra escludere i single che non sono titolari di reddito da pensione. Gli importi del bonus variano fra le diverse tipologie familiari in modo coerente con la linea di povertà ufficiale per il 2007.
La Social card ha invece erogazione mensile, non una tantum. L’importo è circa tre volte il “bonus incapienti”’ del passato governo: circa un euro e 33 centesimi al giorno contro i circa 42 centesimi. I destinatari sono famiglie povere che hanno almeno un bambino con meno di tre anni, e in alcuni casi particolari anche individui poveri con almeno 65 anni. Ne sono esclusi gli stranieri anche se regolarmente iscritti all’anagrafe. Anche se gli importi sono modesti, non è chiara la discriminazione sull’età dei bambini. La soglia di reddito tiene correttamente conto della composizione del nucleo familiare, poiché è misurata in base al reddito equivalente Isee.
Il Fondo di credito per i nuovi nati ha l’obiettivo di concedere alle famiglie che abbiano un figlio (nato o adottato) nel 2009, 2010, 2011 un prestito di 5mila euro per far fronte alle spese per le “più tipiche esigenze del bambino nei suoi primi anni di vita”. Il debito potrà essere assolto a un tasso d’interesse di 4 per cento in cinque anni (articolo 4 del decreto legge n. 185 del 29/11/2008 e legge di conversione n.2 del 28/01/2009). Tuttavia, il Fondo manca ancora di decreto attuativo.

GLI EFFETTI

Per quanto riguarda il Bonus famiglia e Social card, il carattere una tantum del primo e l’esiguità degli importi (totali e per le singole famiglie destinatarie) della seconda fanno presupporre che gli effetti saranno modesti. Ma resta comunque necessario un attento monitoraggio delle due misure. Per quanto riguarda la Social card, poi, la sua efficacia andrà valutata anche in relazione ai possibili rapporti di integrazione o sostituzione con la carità privata, che rischia di contrarsi durante i periodi di recessione.
Nelle intenzioni del governo, i Fondi per i nuovi nati dovrebbero avere effetti sui livelli di fertilità. Tuttavia, la bassa fecondità in Italia è dovuta soprattutto al posticipo del primo figlio e alla riduzione dei figli di ordine successivo. Da numerosi studi di demografi ed economisti, emerge che i trasferimenti monetari dallo Stato non influenzano in modo sensibile le scelte relative alla fertilità: avere più soldi non spinge necessariamente le coppie a fare più figli, mentre può avere qualche effetto positivo disporre di un sistema di servizi migliore. (1)
Una di queste è la recente riforma della scuola con i tagli all’organico del corpo docente della scuola secondaria, prevalentemente femminile, e l’introduzione del maestro prevalente, che renderà difficile il mantenimento dell’orario a tempo pieno. Se il primo intervento riduce direttamente i livelli occupazionali femminili, il secondo può rappresentare un ostacolo all’occupazione delle mamme. Se consideriamo che molte donne in Italia lasciano il lavoro in seguito alla nascita dei figli, e se aggiungiamo che i servizi alla prima infanzia sono particolarmente carenti nel nostro paese, il tempo pieno nella scuola materna e primaria è uno dei pochi istituti a favore della conciliazione tra cura dei figli e lavoro. La divisione paritaria del lavoro familiare è inoltre più compatibile con un modello scolastico che vede i bambini impegnati a scuola a tempo pieno. Se questo tipo di orario scolastico si riduce, c’è bisogno di una persona che si occupi dei bambini e questo implica un ritorno al passato che non incentiva il trend attuale, seppur debole, verso una divisione dei ruoli più simmetrica.
Un altro intervento che ha influenze sul benessere della famiglia è la detassazione degli straordinari. Si tratta di una misura a favore dei lavoratori che fanno (e possono fare) gli straordinari. Avvantaggia quindi soprattutto gli uomini, mentre non favorisce donne con figli piccoli, giovani e anziani, proprio quando il grosso problema del mercato del lavoro italiano continua a essere costituito dai bassi tassi di occupazione. Anche questo intervento va nella direzione opposta a una riduzione delle disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro.

OCCASIONI MANCATE

Il 2010 è alle porte e nonostante le innumerevoli pagine scritte, i libri bianchi, i convegni e le dichiarazioni dÂ’impegno nulla è stato fatto per favorire una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia. Addirittura sono state varate politiche, poi in parte rientrate, che hanno reso più difficile la partecipazione del mercato del lavoro alle donne. Ci riferiamo ai tagli all’organico del corpo docente e anche alla detassazione degli straordinari. Tanto che il tasso di partecipazione femminile non è aumentato neanche di un punto percentuale, lasciando lÂ’Italia in fondo alle classifiche rispetto al resto dei paesi europei. La maggior parte dei paesi vicini allÂ’Italia, incluse Germania e Spagna, hanno attuato interessanti politiche della famiglia. Non averlo fatto anche nel nostro paese, mantenendo bassa la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, comporta maggiori rischi occupazionali e di povertà per le famiglie, specie in una situazione di crisi come quella attuale.

(1) Vedi Del Boca D. e Rosina A. Famiglie sole Il Mulino 2009.

UN ANNO DI GOVERNO: SANITÀ

 

I PROVVEDIMENTI

Le politiche sanitarie che hanno caratterizzato il primo anno di governo possono essere riassunte intorno a tre grandi temi: le risorse da destinare al sistema, la gestione delle situazioni di dissesto finanziario, la ri-definizione delle politiche per la salute allÂ’interno del sistema di welfare.
Per quanto riguarda il primo tema, quello delle risorse, la definizione del Patto per la salute con il precedente governo (e, soprattutto, la definizione di piani di rientro per le Regioni in difficoltà che attribuivano chiare responsabilità agli amministratori regionali) aveva contribuito a stabilizzare la spesa. Con il nuovo governo questa politica di “concertazione istituzionale” viene in qualche modo abbandonata, nel segno di un rigore forse più enunciato che perseguito. Il Dl 112/08 con il quale si è anticipata la Finanziaria chiede infatti al Servizio sanitario nazionale sforzi di razionalizzazione non indifferenti, soprattutto nel biennio 2010-2011. Per il 2009, con il Dl 154/08 si sono trovati un po’ di soldi in più rispetto alle prime proposte attraverso l’utilizzo del Fondo per le aree sottosviluppate, ma ciò non muta l’intonazione generale della politica del governo votata al contenimento della spesa. I suggerimenti alle Regioni, resi espliciti in occasione delle discussioni sul nuovo Patto, sono i soliti: riduzione degli standard di posti letto, riduzione delle spese per il personale, introduzione di forme di compartecipazione alla spesa. Anche le risorse in conto capitale, sia quelle per l’edilizia ospedaliera sia quelle riservate al Mezzogiorno nell’ambito del Quadro strategico nazionale, si azzerano o procedono con tempi molto lunghi.
Per quanto riguarda il secondo tema, la gestione dei dissesti finanziari, concentrati in poche realtà regionali, in particolare Lazio, Campania e Sicilia, le decisioni del governo rispetto alle ipotesi iniziali di commissariamento si sono rivelate molto più accomodanti: si è scelta la strada di affidare ai governatori la possibilità di essere “commissari” di se stessi. Si è anche agitato lo spettro del “fallimento politico”, cioè la possibilità di tornare alle urne in caso di dissesto; ma non si è mai passati dalle parole ai fatti.
Infine, per quanto riguarda il terzo tema, già a partire dalla scomparsa del ministero per la Salute, si è voluta tracciare una rotta di lungo periodo per ri-definire le politiche per la salute nell’ambito del Welfare. Il tema è stato affrontato attraverso il Libro verde prima e il recentissimo Libro bianco poi. La tendenza individuata è una ancora più marcata de-ospedalizzazione, un miglioramento dei servizi territoriali, una più forte integrazione con le politiche assistenziali, la massima attenzione all’efficienza nell’impiego delle risorse. Un concetto, questo, ribadito anche dal richiamo ai costi standard nel Dl sul federalismo appena approvato. Principi in gran parte condivisibili, ma rispetto ai quali il governo non ha ancora prodotto risultati apprezzabili.

GLI EFFETTI

Riusciranno le Regioni, in particolare quelle in grave disavanzo, a rispettare i vincoli finanziari imposti dal governo centrale? Le prospettive non sono confortanti. La storia insegna che il governo della spesa dipende sia dalla qualità delle amministrazioni regionali sia dalle aspettative delle stesse circa l’intervento ex-post dello Stato in caso di crisi finanziaria. Ma la qualità delle amministrazioni migliora troppo lentamente e le aspettative di ripiano a favore delle Regioni “canaglia” sono in qualche misura sostenute dallo stesso governo centrale. Da questo punto di vista, il commissariamento di se stessi, pur in presenza di un “affiancamento” da parte del governo centrale, non va nella direzione giusta: è lo spettro della perdita di sovranità la “punizione” che potrebbe fornire gli incentivi giusti per una buona gestione. E perdita di sovranità vuol dire “restituzione” della stessa al governo centrale, e adozione da parte di quest’ultimo di quei provvedimenti, impopolari, che le Regioni non sono in grado di adottare.
La ri-definizione delle politiche per la salute nell’ambito generale del Welfare appare una buona idea, che potenzialmente potrebbe portare a un ripensamento dell’intera struttura dell’intervento pubblico in campo sociale. Che non vuol dire però tagliare i posti letto, ma pensare a un nuovo Stato sociale che riesca finalmente a garantire a tutti i cittadini l’eguaglianza delle opportunità, la traduzione “tecnica” dei livelli essenziali delle prestazioni prevista dalla Costituzione.

OCCASIONI MANCATE

Da un governo che può contare su una larga maggioranza ci si sarebbe potuti aspettare meno incertezze, anche perché alcuni elementi di contesto richiedono e addirittura favoriscono azioni energiche.
L’accorpamento in un unico ministero di Sanità e Politiche sociali avrebbe (almeno) potuto favorire il rilancio delle politiche per la non autosufficienza, per le quali l’integrazione fra sociale e sanitario è fondamentale. Al contrario, l’Italia continua a restare agli ultimi posti in Europa per l’assistenza agli anziani, puntando esclusivamente sulle pensioni. L’impegno sulla non autosufficienza avrebbe potuto essere inserito in quel ridisegno delle politiche sociali di cui il Paese ha da tempo bisogno, a maggior ragione in tempo di crisi. E le esperienze delle Regioni più avanzate indicano ormai in modo chiaro come procedere.
Un altro aspetto completamente trascurato è quello dell’appropriatezza: esiste ormai ampia evidenza che una maggiore attenzione all’appropriatezza e alla sobrietà d’esercizio produce effetti positivi sulla qualità dei servizi e sulle dimensioni della spesa. Un governo che fa della lotta agli sprechi la propria bandiera deve promuovere il buon uso dei servizi sanitari (a partire dal pronto soccorso), dei farmaci (in particolare dei generici), degli esami di laboratorio (procedendo nelle politiche già avviate dal precedente governo di accentramento dei laboratori e nella diffusione dei punti prelievo), della diagnostica per immagini (razionalizzando l’offerta), nella revisione di alcune tariffe, e così via.
Sul fronte degli investimenti, il governo è ancora in tempo per non perdere l’occasione per metter mano al problema della sicurezza delle strutture sanitarie, soprattutto nelle Regioni più arretrate. I piani di rientro non possono limitarsi alla gestione corrente; investimenti sbagliati o fondi inutilizzati devono far scattare interventi sostitutivi, per evitare che l’incapacità delle amministrazioni regionali si scarichi sulla testa dei cittadini.

SE 50 ANNI DI COPYRIGHT VI SEMBRAN POCHI

La Commissione Europea dovrà presto esaminare un testo di direttiva che allunga da cinquanta a novantacinque anni i diritti d’autore di musicisti e case discografiche. Non è una buona idea. In primo luogo perché a beneficiarne sarebbero la majors della musica e non gli artisti. E non ha neanche giustificazioni economiche: in altri settori, come il farmaceutico, dove gli investimenti sono ben più rilevanti, il copyright è inferiore ai venti anni. Oltretutto, così facendo si rinuncia a esplorare le nuove opportunità e i nuovi modelli economici offerti dal digitale.

UN ANNO DI GOVERNO: FISCO

 

I PROVVEDIMENTI

Dal suo insediamento a oggi il governo è intervenuto massicciamente in campo fiscale; A questo attivisimo non si è accompagnata una diminuzione della pressione fiscale.
Dopo lÂ’abolizione dellÂ’Ici- prima casa e la detassazione di straordinari e premi di produzione, allo scopo di dare seguito alle promesse elettorali di riduzione delle imposte, il governo ha introdotto nuove forme di prelievo (la cosiddetta “Robin tax”) per esigenze di gettito – il finanziamento della “manovra triennale”.
È stata poi la volta delle misure “anticrisi”, del novembre 2008 e del gennaio 2009, con una molteplicità di interventi in campo fiscale, di vario segno: entrambi i decreti sono infatti a saldo pressoché nullo e le minori entrate e maggiori spese previste sono finanziate in larghissima parte con aumenti di imposte. E di varia natura: a volte nuovi, a volte riedizioni del passato, temporanei o permanenti, rivolti a diversi soggetti (famiglie o imprese) e con obiettivi diversi. Si possono citare, in un elenco certo non esaustivo:

  • la deduzione del 10 per cento dellÂ’Irap dallÂ’imponibile Ires e Irpef: uno sgravio fiscale, a carattere permanente, rivolto prevalentemente alle imprese, attuato allo scopo principale di prevenire o ritardare un intervento sanzionatorio da parte della Corte costituzionale in materia;
  • la detrazione del 20 per cento dallÂ’Irpef per lÂ’acquisto di alcuni beni durevoli, come frigoriferi, mobili e computer: un incentivo fiscale temporaneo, che ha affiancato i bonus per lÂ’acquisto di autovetture, allo scopo di aiutare i settori economici maggiormente in crisi;
  • il concordato preventivo per i distretti: una riedizione, con qualche modifica, di un incentivo già tentato, ma senza concreta attuazione, dal passato governo di centrodestra
  • gli incentivi fiscali alle riorganizzazioni aziendali, come le fusioni e scissioni: riedizione, con modifiche, di un incentivo di carattere temporaneo alle imprese;
  • le imposte sostitutive connesse a riallineamenti contabili da parte delle società e delle imprese: un aumento di prelievo di natura “volontaria”, che consentirà alle aziende, pagando di più oggi, di pagare meno in futuro, con simmetrici effetti sul bilancio dello Stato;
  • la “porno tax”: riedizione di un tentativo, in passato abortito, di prelevare imposte più elevate sui redditi generati da vendita di materiale pornografico, esteso ora anche a chi guadagna abusando della credulità popolare tramite trasmissioni televisive o numeri telefonici a pagamento.

Infine, alcuni provvedimenti si sono resi necessari per fronteggiare l’emergenza del terremoto in Abruzzo. Per non “mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, come hanno ripetutamente rassicurato Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, si è fatto ricorso, dal lato delle entrate, a imposte sui giochi, da cui ci si attende un ammontare complessivamente pari a 1,5 miliardi fra il 2009 e il 2011, in grado di fornire, da solo, quasi il 75 per cento della copertura delle spese previste per il medesimo triennio. Si tratta di imposte a carattere regressivo e “sugli stupidi”, come ebbe occasione di definirle Einuadi, proprio perché basate su aspettative irrazionali, dal punto di vista probabilistico, di vincita.
Tra gli interventi fiscali del governo andrebbero poi sottolineati i nuovi orientamenti nel campo delle azioni di contrasto allÂ’evasione: hanno smantellato un insieme di importanti provvedimenti di prevenzione messi a punto dal governo precedente a favore di riedizioni aggiornate del redditometro e di altre forme di accertamento sintetico. Hanno anche ampiamente rivisto, riducendole, le sanzioni in caso di mancato o ritardato pagamento delle imposte.

GLI EFFETTI

Èdifficile, se non impossibile, valutare gli effetti economici sui comportamenti dei contribuenti e  gli effetti distributivi di questa miriade di difformi interventi. Nell’insieme, l’impressione è negativa, non solo perché si aumenta la pressione fiscale complessiva nonostante la congiuntura economica sfavorevole, ma soprattutto perché gli interventi non sembrano “mirati” e adeguati neppure dal punto di vista micro o settoriale, né per affrontare la crisi, né per migliorare la struttura e razionalità del nostro sistema tributario.
LÂ’abolizione Ici prima casa, oltre ad avere effetti redistributivi negativi, pone problemi allÂ’attuazione di un federalismo responsabile, che come è noto dalla letteratura e dalle esperienze internazionali ha come cardine proprio lÂ’imposta immobiliare, anche sulla prima casa. La “Robin tax” non esprime un sistema organico e coerente di tassazione degli extraprofitti come era la Dit, con lo scopo di detassare il rendimento normale, in caso di finanziamento con capitale proprio, ma è una sorta di tassazione arbitraria di alcuni settori produttivi dove si “riteneva” più facile poter prelevare gettito: lÂ’imperfetto è doveroso, perché questi settori – petrolifero, bancario e assicurativo – hanno poi particolarmente sofferto la caduta del prezzo del petrolio e la crisi finanziaria e, nel caso delle banche, sono anche stati oggetto di successivi interventi di sostegno.
Col senno di poi, anche la detassazione degli straordinari, introdotta sullÂ’onda del successo elettorale, si è presto rivelata anacronistica. Detassazione degli straordinari e dei premi di produzione (questÂ’ultima ancora in vigore) aprono inoltre un vulnus nella struttura dellÂ’Irpef alterandone equità ed efficienza, in quanto tassano in modo agevolato un particolare segmento della sua base imponibile – il reddito complessivo del contribuente – e si prestano ad abusi. Il più recente intervento sullÂ’Irap, un intervento di struttura, è quantitativamente ben poco rilevante ed è impensabile attribuire a esso effetti economici di rilievo, ad esempio sulla riduzione del costo del lavoro. Gli incentivi allÂ’acquisto di beni durevoli presentano alcune complessità di attuazione e, se si esclude un qualche effetto sul mercato dellÂ’auto, è difficile ritenere che abbiano un impatto di rilevo sulla domanda.
Si potrebbe continuare, ma nel complesso si tratta comunque di interventi frammentari, mai ispirati a un disegno o a un percorso coerente di riforma, per lo più rivolti a rispondere a specifiche esigenze, a volte confidando sul solo effetto annuncio. Continuano poi a riemergere incentivi che da temporanei tendono nel tempo a diventare permanenti e a cui se ne affiancano di nuovi, che pur nascendo temporanei, rischieranno a loro volta, con modifiche e interruzioni, di divenire permanenti. Nonostante ciò, non ne vengono a posteriori mai monitorati o resi noti i relativi effetti, e la loro importanza, rispetto ai costi che comportano in termini di mancato gettito. Il fisco, intanto, si riempie di eccezioni, diventa meno comprensibile e certo per il contribuente e perde le sue caratteristiche originarie di equità ed efficienza. 
Non è questo il fisco che servirebbe in periodi di crisi.

UN ANNO DI GOVERNO: LAVORO

 

I PROVVEDIMENTI

In materia di lavoro, il provvedimento principale del governo è stata un’estensione del principio della deroga degli ammortizzatori sociali. Attraverso gli ammortizzatori in deroga, il governo individua di volta in volta i settori, i lavoratori e le imprese che possono accedere alle indennità. Le deroghe saranno finanziate per un ammontare stimato dal governo fino a 8 miliardi di euro in due anni, da recuperare da un accordo con le Regioni concluso nei primi mesi dell’anno.
È stata anche introdotta una forma di ammortizzatori sociali per i lavoratori a progetto mono-committenti, quei lavoratori che hanno un solo datore di lavoro. L’ammortizzatore corrisponde a non più del venti per cento della loro retribuzione con un massimale pari a 2.600 euro.
Il governo ha detassato gli straordinari nel maggio del 2008 (per poi cancellare la norma qualche mese dopo) e si è impegnato a detassare gli incrementi di salario legati a incrementi di produttività nellÂ’ambito dellÂ’accordo sulla riforma del modello contrattuale. L’accordo è opera delle parti sociali e non del governo. 

GLI EFFETTI

Èmolto difficile stimare gli effetti degli ammortizzatori sociali in deroga, anche perché sono uno strumento largamente discrezionale. In aggiunta, ciascuna Regione dovrà attuare gli accordi attraverso apposite leggi regionali. Si sente parlare spesso della possibilità di usare, da parte delle Regioni interessate, i fondi sociali europei per finanziare gli ammortizzatori in deroga, ma in molti casi i provvedimenti legislativi regionali non sono ancora stati definiti.  
La detassazione degli straordinari è una misura durata troppo poco per avere effetti significativi. Una indagine di Banca d’Italia segnalava il rischio di riduzioni nelle assunzioni proprio mentre esplodeva la crisi. Anche da qui la decisione di annullare il provvedimento. 
La detassazione dei premi di produttività, per diventare pienamente esecutiva, dovrà aspettare i rinnovi contrattuali, dove peraltro vi è il problema della mancata sottoscrizione del nuovo modello contrattuale da parte della Cgil.

OCCASIONI MANCATE

Il governo non ha introdotto un sussidio unico per tutti i lavoratori precari e non ha affrontato la questione del contratto unico di lavoro, nonostante le aperture della Confindustria e, ultimamente, anche di importanti esponenti della Cgil.

UN ANNO DI GOVERNO: INFORMAZIONE

 

I PROVVEDIMENTI

Il quadro delle misure varate dal governo nel suo primo anno di vita relative ai settori dell’informazione è estremamente scarno.

Televisione

  • AllÂ’interno del pacchetto anticrisi varato dal governo nel novembre 2008 è stato abolito il regime di Iva agevolata al 10 per cento stabilito dalla legge 507/95 per gli abbonamenti alle tv a pagamento su piattaforma satellitare e via cavo. Nel nuovo regime lÂ’Iva, che riguarda essenzialmente gli abbonati ai canali Sky, passa al 20 per cento.
  • È stata ventilata dal ministro Bondi lÂ’ipotesi di eliminare la raccolta pubblicitaria dalle reti del servizio pubblico. La proposta non ha a oggi conosciuto un seguito né è stata precisata maggiormente.
  • È in fase di completamento la nomina dei vertici delle reti Rai e delle principali testate giornalistiche del gruppo televisivo pubblico.

Stampa

  • Nella manovra finanziaria per il 2009 non è prevista alcuna misura di rilievo a sostegno del settore della carta stampata, mentre è previsto qualche taglio a misure di agevolazione alle spedizioni postali dei giornali.

GLI EFFETTI

L’azione del governo si è caratterizzata quindi per la totale assenza di interventi complessivi, a fronte di una crisi significativa dei settori dei media, colpiti dalla caduta degli investimenti pubblicitari e, per i giornali, delle vendite. Assenza che contrasta con l’attivismo ad esempio del governo francese, che ha varato un piano di sostegno a favore dei giornali per 600 milioni di euro nel triennio 2009-11 e che ha abolito la raccolta pubblicitaria sulle reti pubbliche. Non possiamo che notare come lo spoil system che da sempre caratterizza le reti pubbliche si stia ripetendo con particolare impudicizia, e non possiamo non ricordare con preoccupazione come un mondo della carta stampata in strutturale difficoltà economica ben difficilmente sia in grado di svolgere il suo ruolo istituzionale di watchdog verso i poteri pubblici.

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