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MONDO NUOVO, FONDO NUOVO

Non c’è solo il G20. Altri eventi potenzialmente non meno rilevanti si verificano in questi giorni. Primo fra tutti l’annuncio dell’apertura di una nuova linea di credito di 47 miliardi di dollari da parte del Fondo monetario in favore del Messico. La novità è che sono soldi concessi dall’Fmi solo sulla fiducia, senza condizioni e senza basarsi sui giudizi delle società di rating, come avveniva in passato. Dopo la crisi, il mondo sarà davvero molto diverso.

MUSICAL CHAIRS NELL’INFORMAZIONE

Il valzer di nomine che ha portato De Bortoli al Corriere della Sera e Riotta al Sole-24ore trae anzitutto origine dagli scarsi risultati della carta stampata. L’esito del giro di poltrone appare politicamente equilibrato. Ma non è finito: è ora vuota la casella della direzione del TG1. Un incarico di grande peso se si considera che l’insieme dei principali giornali indipendenti raggiunge un pubblico comparabile con solo uno dei telegiornali principali. E che il capo del governo ha sempre fatto del controllo delle televisioni, un suo punto di forza.

APPUNTI PER IL G20*

La riunione del G20 non dovrebbe cercare di risolvere tutti i problemi, ma concentrarsi sulle decisioni più urgenti. Prima fra tutte, una nuova architettura della regolamentazione. Che dovrebbe fondarsi su una completa trasparenza del sistema finanziario e sul rafforzamento delle regole prudenziali per le banche ma in modo chiaro e semplice: “Keep it simple” come il titolo delle proposte di policy. Lo studio analizza le cause macroeconomiche della crisi e fornisce proposte per risolvere gli squilibri nei pagamenti internazionali, anche attraverso un ruolo rafforzato delle istituzioni internazionali. In materia di regolamentazione finanziaria, la vigilanza dovrebbe essere organizzata per obiettivi. E in Europa concepita come l’attuale sistema delle banche centrali.

MA CHI CI GUADAGNA DA UNA RAI SENZA SPOT?

Il ministro Bondi ha avanzato l’ipotesi di una Rai senza pubblicità, sull’onda di una recente riforma francese. Ma in Francia ci si proponeva almeno di redistribuire le risorse pubblicitarie tolte al servizio pubblico a canali privati, radio, stampa e nuovi media. Un progetto fallito per l’insorgere della crisi. E che ora si trasforma in un impoverimento di tutti i media, pubblici e privati. In Italia, le perdite per la tv pubblica sarebbero ben più consistenti e avrebbero conseguenze ancora più negative sull’intero sistema televisivo nazionale.

CASSA INTEGRAZIONE TRA POLITICA E LOBBY

L’Unione Europea è assolutamente contraria agli interventi volti al mantenimento dell’occupazione, equiparandoli sostanzialmente agli aiuti al funzionamento delle imprese. Ma non pone limitazioni di sorta agli aiuti economici e all’offerta di servizi per i lavoratori espulsi o temporaneamente sospesi dal lavoro, in quanto aiuti alla persona. L’ordinamento italiano dovrebbe quindi andare in questa direzione, per ragioni di equità sociale e di efficacia degli ammortizzatori sociali. Ma anche per conformarsi ai dettami del diritto comunitario.

E LA SICUREZZA CADE GIÙ

Il Governo si prepara a varare una revisione del Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro. Si interviene sull’assetto istituzionale del settore della sicurezza e sui compiti degli attori pubblici, con un rafforzamento del ruolo dell’Inail e degli organismi sindacali paritetici. Ma la principale novità riguarda la riforma dell’apparato sanzionatorio penale con un sostanziale alleggerimento delle pene. E’ un messaggio preoccupante che viene dato alle imprese prima dell’avvio di un piano edilizio straordinario.

A PICCOLI PASSI VERSO NUOVE REGOLE

La riunione del G20 punta a riscrivere le regole sulla finanza internazionale. Innumerevoli le proposte contenute nella mole di rapporti che l’accompagna. Ma sarebbe meglio partire dalle misure già da tutti condivise, dal loro stato di avanzamento per indicare i necessari, ulteriori, passi da fare. Il capitolo sul quale il vertice di Londra può incidere di più è quello del rischio. L’importante è ricordarsi che non esistono né i miracoli né le regole perfette, soprattutto quando la loro elaborazione coinvolge sistemi e culture giuridiche molto diversi.

UN’EUROPA POLITICA PER AIUTARE L’ECONOMIA

L’Europa si trova di fronte a un bivio: o arriva a una più stretta integrazione politica in grado di sostenere l’integrazione economica oppure vedrà disintegrarsi i mercati europei, e la conseguenza sarà la caduta degli standard di vita e il sorgere di tensioni politiche internazionali. Non sarebbe la prima volta che una crisi costringe l’Unione Europea a passi avanti sulla strada di una maggiore cooperazione. Anche di questi problemi si parlerà al Festival dell’Economia di Trento (29 maggio – 1° giugno) dedicato al tema “Identità e crisi globale”.

CORVI E SPAVENTAPASSERI

Un mese fa il Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, aveva dato dei corvi agli industriali per avere previsto un Pil in calo del 2,5 per cento nel 2009. Oggi le stime più aggiornate del Centro Studi Confindustria sono di un meno 3,5 per cento.Il Ministro del Welfare Sacconi le ha accolte con un “Qualcuno ama il peggio”. Poche ore dopo il Ministro dell’Economia Tremonti, dopo aver pronosticato che ormai “l’Armageddon finanziario è alle spalle”, dichiara “mi stupisce che qualcuno faccia ancora delle previsioni”. Passano due giorni e alla riunione del G8 lavoro, l’Ocse presenta le sue stime sulla disoccupazione, prevista a due cifre entro il 2010 per i paesi dell’organizzazione. Il commento di Sacconi è leggermente più cauto, ma ugualmente caustico: “Non aiuta il continuo prodursi di previsioni in sequenza l’una con l’altra…spesso le stesse organizzazioni che le fanno sono costrette a correggerle”.
È certamente vero che fare previsioni è difficile, e che ci sono stati e ci saranno errori. Ma qual è il punto che vogliono fare Sacconi, Scajola e Tremonti? Che è meglio non fornire informazioni “disfattiste” al pubblico? Oppure che loro hanno visto nel futuro che la crisi è finita, mentre tutti gli altri sono degli incapaci?
È vero che ci sono dei segnali che inducono a un cauto ottimismo, tra cui alcuni dati dal settore dell’edilizia statunitense. Ma altri dati, dall’andamento della produzione industriale in tutto il mondo ai sentimenti di imprese e consumatori in alcuni paesi non danno alcun segnale di ripresa. E molti dirigenti di impresa in vari settori (quindi non gli odiati economisti con la testa fra le nuvole) hanno detto chiaramente che non vedono spiragli a breve. Sul settore finanziario, infine, c’è un’enorme incertezza: gli stessi CEO di Citibank e Bank of America, dopo aver annunciato profitti record nei primi due mesi del 2009 (annunci che avevano dato il via al recente rally azionario), hanno dovuto correggere il tiro su marzo; ed il mercato sa benissimo che c’è ancora una concreta possibilità che qualche banca non possa sopravvivere senza una nazionalizzazione di fatto. La disoccupazione, infine, è chiaramente in aumento ovunque, e per molti il processo è solo iniziato.
Può darsi benissimo che Sacconi, Scajola e Tremonti abbiano ragione, e che OCSE, Fondo Monetario, e organizzazioni nazionali si sbaglino alla grande nel predire forti cali del Pil in tutto il mondo. Ma ci piacerebbe sapere perché. La strategia di comunicazione del governo sembra invece essere quella di stravolgere ogni teoria economica comunemente accettata, per cui un macchinoso sostegno temporaneo di 2 miliardi all’acquisto di elettrodomestici dovrebbe portare a un aumento dei consumi di 15 miliardi, o 1,3 miliardi per il fondo di garanzia delle piccole imprese potrebbero generare nuovi prestiti bancari per 70 miliardi. Con dei moltiplicatori così enormi, risolvere la crisi mondiale sarebbe uno scherzo da ragazzi.  E certo non aiuta che i media accettino queste cifre senza un minimo di vaglio critico.

OLTRE LA SOLUZIONE SVEDESE

La crisi attuale ha la stessa origine di quella che ha colpito la Svezia negli anni Novanta. In quel caso, il governo seppe reagire in modo veloce e appropriato, senza costi per il contribuente. Una ricetta valida anche oggi? Il modello svedese può offrire alcune linee guida, ma la politica dovrebbe avere il coraggio di esplorare nuove soluzioni. Servirebbe una risposta coordinata e cooperativa, che però impone necessariamente agli Stati di mettere a disposizione spazi di sovranità nella gestione della politica economica. E per questo appare, purtroppo, lontana.

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