Lavoce.info

Categoria: Argomenti Pagina 919 di 1091

Sedici anni, l’età per votare*

Se ci sono buoni motivi per ringiovanire l’elettorato nel mondo occidentale, questi sono ancor più accentuati nel nostro paese. Alla maggiore età media delle più importanti cariche di governo e istituzionali si associa anche una più scarsa attenzione politica verso i giovani. Per esempio, la spesa sociale italiana è tra le più sbilanciate in Europa a favore delle generazioni più anziane. Abbassare lÂ’età del diritto di voto a sedici anni servirebbe a riequilibrare il peso elettorale e presumibilmente politico dei giovani. Le deboli ragioni di chi si oppone.

Banca e industria, fine di una separazione

L’analisi comparata mostra che in Europa l’Italia ha la regolamentazione più severa sia nei controlli sugli assetti proprietari degli istituti bancari sia sugli acquisti di partecipazioni da parte di banche. Dovuta alle peculiarità degli assetti dell’intero nostro sistema economico. Oggi lo scenario è però diverso. E regole speciali sulla proprietà delle banche non sono più necessarie. Per conservarle poi bisognerebbe contrastare gli indirizzi europei che non lasciano spazio a valutazioni sulla natura finanziaria o industriale dell’acquirente.

L’Opa e la direttiva da buttare

Il mercato unico degli strumenti finanziari in Europa è in grave pericolo e solo un’iniziativa politica di alto livello lo può salvare. Le minacce alla concorrenza arrivano dalla direttiva sull’Opa del 2004, che l’Italia si accinge a recepire. Preoccupano in particolare le norme sull’applicazione della regola di passività e sulla caduta, a certe condizioni, delle difese preventive anti-Opa. Ma soprattutto la possibilità di invocare la reciprocità. Il nostro paese deve farsi promotore di una immediata revisione, che porti a un compromesso ragionevole.

Gli italiani e le pensioni

Il “dibattito” in corso sulla riforma delle pensioni sembra preludere a esiti che accresceranno il disordine già imperante. I temi che si affastellano meriterebbero, ciascuno, un’accurata analisi per poi trovare collocazione in un disegno organico di riordino che tenga conto delle interazioni fra i singoli interventi. E quelli riguardanti la fase transitoria andrebbero coordinati con gli altri, di più lungo periodo, inerenti il perfezionamento del sistema contributivo. Invece, la scena è irrimediabilmente dominata dagli interessi immediati.

Sistemi elettorali alla scelta finale

In un quadro pienamente federalista è preferibile il sistema proporzionale con premio di maggiorana, soglia di sbarramento e voto di preferenza. Ma anche il maggioritario a doppio turno sarebbe comunque migliore della legge elettorale in vigore. In ogni caso, infatti, scomparirebbe la spinta alla frammentazione da cui nasce il ricatto continuo dei piccoli partiti. Che oggi lo esercitano proprio per impedire l’adozione di nuove norme che li priverebbero del potere di veto. Una situazione che si può risolvere solo attraverso il referendum.

Una firma necessaria

La raccolta di firme per il referendum sulla legge elettorale si avvia alla conclusione con il serio rischio che non si arrivi al numero prescritto. Eppure, solo il pungolo della consultazione referendaria può convincere i partiti a rimetter mano a una legge dai più giudicata pessima, ma che non si riesce a modificare per il veto delle piccole formazioni. E se una riforma non fosse comunque possibile, dal successo dei quesiti referendari si otterrebbe almeno l’innalzamento della soglia di sbarramento e la cancellazione delle candidature in più collegi.

Aumento delle pensioni: perché darlo anche ai ricchi?

L’accordo sull’incremento delle pensioni basse non va soltanto a favore dei più poveri. Avendo scelto, come criterio per la determinazione del beneficio, il reddito individuale e non quello familiare, una parte del trasferimento totale finisce in famiglie dai redditi complessivi anche molto elevati. Circa il 25% dell’incremento complessivo delle pensioni andrà a favore di famiglie appartenenti alle fasce di reddito più alte.

E’ una questione di metodo. Contributivo

Il presidente del Consiglio presenta la “sua” proposta sulla riforma delle pensioni. Sarebbe un vero peccato se vertesse soltanto sullo scalone, che pure si può ammorbidire. A patto di saper progettare il futuro e di riaffermare il metodo contributivo, il punto forte della riforma del 1995. E l’unico in grado di garantire al tempo stesso sostenibilità finanziaria ed equità tra le generazioni. Essenziale perciò approvare subito i nuovi coefficienti di trasformazione. Altrimenti si torna a un sistema pensionistico governato dalla discrezionalità politica.

Il Dpef 2008-2011: un aiuto alla lettura

Il Dpef 2008-2011 presenta alcune novità. In primo luogo, la costruzione dell’elenco di “spese eventuali” è un passo avanti in trasparenza e leggibilità. In particolare, gli impegni elencati danno una idea della dimensione del tendenziale a “politiche invariate” invece che a “legislazione vigente”. In secondo luogo, dall’elenco emerge come la Finanziaria 2008 debba reperire risorse per almeno 11 miliardi, solo per fare fronte a impegni già sottoscritti o prassi consolidate. Con l’impegno a trovarle sul versante della riduzione della spesa primaria.

Un Dpef poco energetico

Il periodo di competenza del Dpef appena varato si sovrappone quasi completamente alla prima fase degli impegni sulla riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti che l’Italia deve rispettare in base al Protocollo di Kyoto. Eppure, il documento non indica alcun intervento specifico in materia e si limita a generiche enunciazioni di principio. Mentre il ripetuto riferimento alle disponibilità di bilancio fa pensare che ancora una volta la lotta ai cambiamenti del clima sia una priorità subalterna. Un atteggiamento che potrebbe costarci molto caro.

Pagina 919 di 1091

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén