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Quale ricerca economica in Europa

Quali sono le prospettive di finanziamento della ricerca economica in Europa? Non troppo rosee, soprattutto se confrontate con l’esperienza americana. Per migliorare la situazione, gli economisti europei dovrebbero diventare migliori “politici”. Dovrebbero imparare a suscitare interesse e apprezzamento da parte di un pubblico ampio e a utilizzare i mezzi di informazione e le tecniche di comunicazione. Soprattutto, dovrebbero riuscire a sollecitare quella amplissima domanda, pubblica e privata, di conoscenza dei fatti economici che è in gran parte ancora latente.

R&S motore dello sviluppo

Recenti studi confermano che la probabilità di introdurre un’innovazione di prodotto dipende in misura significativa dall’ammontare di ricerca realizzata all’interno dell’impresa. Si crea così un terreno fertile che facilita l’assorbimento di nuova tecnologia e rende più probabile anche l’introduzione di innovazioni di processo. Per questo gli incentivi statali devono essere certi e duraturi. Ed è un errore assimilare le spese in R&S a quelle per impianti e macchinari: tanto le prime sono volatili a livello aziendale, quanto le seconde sono durature.

Perdita di credibilità: ma quanto costi?

Nel vivo della vicenda Fazio-Fiorani, gli appelli di chi chiedeva le dimissioni del Governatore hanno spesso fatto leva sulla perdita di credibilità che il nostro sistema bancario e in generale il nostro paese stavano subendo, avvertendo che i costi di tale perdita di credibilità potessero essere sensibili. Ma sono davvero così rilevanti questi costi? La risposta è inequivocabilmente sì, e due studi recenti offrono stime che consentono di valutarne la probabile entità.

E’ l’economia, non la morale, stupido!

Molti commentatori ritengono che George Bush abbia vinto le elezioni presidenziali del 2004 sul campo dei valori morali e che i cittadini statunitensi siano sempre più polarizzati su argomenti come l’aborto e il matrimonio tra omosessuali. Le preferenze economiche, invece, conterebbero ormai poco nello spiegare le loro scelte di voto. Una teoria direttamente applicabile anche all’Italia e all’Europa, secondo alcuni politici. Ma un recente studio statistico mostra quanto l’analisi sia lontana dal vero.

I finanzieri ribaldi e il boccone troppo grosso di Unipol

La magistratura continua a svolgere un provvidenziale, ma improprio, ruolo di supplenza ad autorità regolative e amministratori che non vigilano sul rispetto delle regole.  La plausibile presenza di intrecci fra il progetto Unipol-Bnl e lo scandalo finanziario connesso alla Banca Popolare Italiana giustifica cautela nel concedere l’autorizzazione all’Opa su Bnl.  Che rimane un boccone troppo grosso per Bnl. L’impresentabilità dei “finanzieri ribaldi”  non deve nascondere le debolezze del “salotto buono” del capitalismo italiano.

Gli esotici frutti di Bruxelles

L’accordo sul bilancio 2007-2013 dell’Unione Europea dimostra che è possibile trovare un’intesa a 25 su questioni delicate come il finanziamento solidale. Ma gli Stati membri hanno drasticamente ridotto il totale del bilancio, portandolo all’1,045 per cento del reddito nazionale lordo. E cresce il peso relativo delle spese agricole a scapito di quelle destinate a competitività e alla crescita. Come sarà possibile ora rispettare l’Agenda di Lisbona?

Il caso Unipol-Bnl tra mercato e autoreferenzialità

La non contendibilità di Unipol non è una buona ragione per impedirle la scalata a Bnl, in un contesto italiano dove non esiste alcun mercato degli assetti proprietari delle imprese quotate. La questione vera è sapere se il nuovo agglomerato disporrà di un cash-flow sufficiente per pagare gli interessi passivi sui debiti contratti, se dovrà alienare asset per rimborsare il debito, se potrà remunerare adeguatamente gli azionisti di minoranza. Mentre l’autoreferenzialità del management delle grandi cooperative rischia di allentare i controlli interni ed esterni.

Declino e caduta di Fazio: il buio oltre la siepe

Fazio è stato il perfetto interprete di un’economia che privilegia il valore delle relazioni rispetto alle forze del mercato, la discrezionalità alla trasparenza delle regole, il dirigismo alla concorrenza, e che usa il pretesto della difesa dell’italianità per proteggere interessi costituiti. Il sistema bancario è stato gestito, con il consenso di molti, con le stesse logiche di molti altri segmenti del nostro sistema economico. Senza una precisa volontà politica, non basterà a mutare questo stato di cose una migliore governance della Banca d’Italia.

Per il falso in bilancio il tempo si è fermato al 2002

Dopo uno scandalo come Parmalat, è difficile presentarsi sui mercati finanziari internazionali senza una seria disciplina penale del falso in bilancio. E dunque bene ha fatto il Parlamento a rivedere il blando regime introdotto nel 2002. Ora però l’emendamento al testo di legge sul risparmio azzera la novità, salvo un inasprimento di pena nel caso di grave danno ai risparmiatori. Una scelta criticabile perché lancia il messaggio che la repressione delle frodi contabili non è una priorità in Italia. E perché accresce il costo del capitale per tutte le imprese italiane.

Un terzo trimestre triste per le forze lavoro

Il quadro che emerge dalle statistiche del mercato del lavoro non è roseo. Si torna alla “normalità”: a una crescita economica stagnante corrisponde una crescita dell’occupazione pressoché nulla. E non solo aumenta il divario Nord-Sud, ma addirittura il Sud arretra. Si è esaurito infatti il periodo di “luna di miele” delle riforme marginali del mercato del lavoro. Mentre le statistiche ufficiali hanno assorbito la regolarizzazione di lavoratori immigrati. Uniche buone notizie l’incremento dei lavoratori dipendenti e del part-time femminile nel Nord.

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