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Fallimenti, riforma a metà del guado

Dopo un difficile travaglio, questa settimana il Governo potrebbe varare lo schema di decreto legislativo di riforma del diritto fallimentare. Acquisito il parere delle Camere, la bozza potrebbe quindi diventare legge e, all’inizio del prossimo anno, entrare in vigore, svecchiando la nostra decrepita legge fallimentare. Anche se la riforma deve essere giudicata positivamente, è bene sottolineare che costituisce solo una tappa intermedia verso una vera modernizzazione del sistema, ormai impossibile in questa legislatura.

La via inglese all’immigrazione

L’ingresso di lavoratori extracomunitari nel mercato del lavoro italiano è guidato dal criterio della priorità cronologica delle domande presentate dai potenziali datori di lavoro. La legge è sostanzialmente indifferente alle competenze degli immigrati. Non richiede requisiti di alfabetizzazione né riconosce priorità legate al possesso di specifici titoli di studio o professionali. Nel Regno Unito, invece, la legge prevede un sistema di valutazione a punti delle competenze e introduce un meccanismo privilegiato di ingresso per gli “highly skilled migrant”.

Più burocrazia nella vita dell’immigrato

In vigore da febbraio 2005, il regolamento di attuazione del Testo unico sull’immigrazione ha inciso profondamente sulle procedure per il rilascio di visti d’ingresso, permesso e carta di soggiorno, esercizio del diritto all’unità familiare, lavoro. Suscitando alcune perplessità. Gli ulteriori adempimenti non hanno giustificazione per il ricongiungimento familiare, riconosciuto dalla Consulta come un diritto fondamentale. Né consentono un collegamento più funzionale tra domanda e offerta di lavoro. Mentre lo Sportello unico parte in tono minore rispetto alle attese.

Poca allegria nella finanza comunale

L’allargamento delle competenze e la crescita dei bisogni hanno aumentato il fabbisogno dei comuni senza un corrispondente aumento di entrate tributarie. Si cerca di farvi fronte alzando gli oneri di urbanizzazione e concessione e le tariffe dei servizi pubblici. Che divengono così motivo sufficiente per opporsi alla privatizzazione anche quando la concessione mediante gara prometterebbe forti riduzioni dei costi reali. E’ un fenomeno molto preoccupante per gli effetti che minaccia di produrre sul piano dell’efficienza e dell’equità.

Vogliamo anche noi una politica selettiva dell’immigrazione?

Le politiche dell’immigrazione degli stati dell’Unione Europea stanno diventando sempre più restrittive per i lavoratori poco qualificati, mentre i diversi paesi competono tra di loro nel cercare di attrarre dall’estero lavoratori più istruiti. Da noi, invece, prevale un atteggiamento restrittivo su tutti i fronti. E nel dibattito pre-elettorale si continua a pensare che si possa gestire la politica dell’immigrazione a livello nazionale, ignorando ciò che avviene altrove.

Un indice di rigidità delle politiche di immigrazione

Un indice di rigidità delle politiche dell’immigrazione permette di determinare il grado di chiusura di ciascuna legislazione e la sua evoluzione nel tempo. La tendenza prevalente nei paesi europei è quella di irrigidire le restrizioni verso la manodopera poco qualificata, favorendo l’immigrazione di persone con più alto livello di istruzione. Fa eccezione l’Italia.

La Banca d’Italia e il miracolo di San Silvio

La riforma della Banca d’Italia presentata dal Governo compie il solo “miracolo” di lasciare tutto come prima, aggravando la situazione. Si definisce il mandato a termine, ma manca la disciplina transitoria per garantire un rapido ricambio. Molta incoerenza anche sulla questione della collegialità nell’esercizio dei poteri di vigilanza. L’intervento sull’assetto proprietario della Banca previene un conflitto di interessi che non c’è. Per infilarsi in un labirinto: come valutare le quote di partecipazione che le banche dovranno cedere allo Stato.

Gli emendamenti che vorremmo

Il “problema Fazio” va risolto cambiando le regole che hanno portato alla crisi di Banca d’Italia e applicando le nuove norme fin da subito. Senza fare leggi ad-personam. Ma gli emendamenti approvati dal Consiglio dei ministri di venerdì lasciano tutto come prima perché i mutamenti apportati alla governance della nostra banca centrale sono per lo più cosmetici. Niente impedisce al Governatore attuale o a chi lo sostituirà di continuare nella gestione monocratica dell’istituzione. Per ridare credibilità alla Banca d’Italia non basta che l’attuale Governatore se ne vada: è necessario avere subito nuove norme che pongano fine alla gestione monocratica.  Eccole.

Un clima da accordi paralleli

Arrivano nuove certezze sul fenomeno del riscaldamento globale. Nel frattempo, a luglio, c’è stato il vertice dei G8 e la presa di posizione ufficiale sul problema dei cambiamenti climatici. Ma, a sorpresa, anche il “contro-accordo” di alcuni paesi sviluppati, tra cui gli Usa. Secondo tale patto la riduzione delle emissioni si ottiene attraverso lo sviluppo di tecnologie pulite. Non vi è bisogno di impegni vincolanti di riduzione delle emissioni, come vuole il protocollo di Kyoto. In Italia, invece, il dibattito sul clima vola molto più in basso.

Via col vento

Rappresenta solo lo 0,1 per cento della produzione mondiale di elettricità, eppure l’energia eolica continua a far parlare di sé, con una crescita del 32 per cento annuo dal 1997 al 2002. Quale sarà il suo ruolo nel soddisfare la domanda crescente di energia e allo stesso tempo limitare le emissioni di gas serra? Il vento promette molto, ma il successo dell’eolico dipende da diversi fattori: politiche dei cambiamenti climatici, sviluppo di reti e connessioni elettriche, mercati dell’elettricità e sistemi di previsione e gestione delle intermittenze.

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