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Categoria: Pensioni Pagina 28 di 39

Quel vantaggio molto fiscale

I lavoratori italiani non sembrano percepire il trattamento fiscale particolarmente favorevole attribuito alla previdenza complementare. I calcoli mostrano che già dopo dieci anni di contribuzione al fondo pensione il valore dell’investimento supera del 14,2 per cento quello ottenibile con una pensione “fai da te” conseguita acquistando titoli. Dopo trenta anni lo scarto è del 23,8 per cento. Il risparmio d’imposta è tanto più alto quanto più elevata è l’aliquota marginale Irpef. L’unico rischio è che in futuro questo regime venga rivisto.

Come aprire i fondi chiusi

Molti contratti collettivi prevedono che la contribuzione del datore di lavoro sia vincolata all’adesione del lavoratore ad un fondo chiuso. E che sia interrotta se il lavoratore decide di trasferire i capitali accumulati o il Tfr a un fondo diverso. E’ auspicabile che il legislatore intervenga per vietare clausole simili. Si dovrebbe anche imporre ai gestori dei fondi chiusi di accettare adesioni dalla generalità dei lavoratori e non solo dagli appartenenti alla categoria. Crescerebbe la possibilità di scelta e la concorrenzialità del sistema.

Tanto rumore per nulla?

La reazione italiana al rapporto Ocse sulle pensioni ha sollevato un vespaio che ha tolto credibilità al nostro governo, rendendo ancora più difficile il negoziato in corso sulla riforma. Non si voleva far apparire il nostro sistema come troppo generoso. Ma se i “tecnici” del ministero della Solidarietà sociale avessero letto con cura le tabelle, avrebbero potuto notare che non lo è affatto. E magari anche che le stime dell’Ocse ipotizzano che vi sia nel frattempo una revisione dei coefficienti di trasformazione.

Pensioni alla Bismarck

Il sistema pensionistico tedesco è stato il primo al mondo a essere istituito. Il calcolo della pensione si basa su quattro elementi, che riflettono la posizione pensionistica individuale e la distribuzione del reddito tra lavoratori e pensionati. Ha garantito un livello di reddito adeguato e sicuro anche dopo la fine della vita lavorativa. L’invecchiamento della popolazione ha però minacciato le fondamenta stesse del sistema e ha imposto le riforme di primi anni Duemila.

Una pensione da non anticipare

La normativa sui fondi pensione prevede che gli iscritti possano richiedere anticipazioni della posizione individuale maturata, fino al 75 per cento del totale dei versamenti effettuati. E’ un regime molto liberale, giustificato dalla necessità di mantenere le stesse regole che vigono per il Tfr. Ma comporta il rischio di compromettere la possibilità di garantirsi una rendita pensionistica complementare per l’età anziana. I lavoratori vanno sensibilizzati sulle gravi ripercussioni di un ricorso anticipato al risparmio previdenziale.

Come evitare lo “scalone”

Una proposta per correggere le pensioni retributive, legandole a soglie qualificanti di età anagrafica e anzianità. Si accelera così la fase di transizione, lasciando però flessibilità nel pensionamento dopo i cinquantasette anni. Incentiva il prolungamento volontario delle carriere e si presta a essere estesa al settore pubblico. Ma l’accordo sulle soluzioni tecniche si troverebbe più facilmente se la riforma previdenziale fosse inserita nella prospettiva più ampia di un rinnovamento della rete di sicurezza sociale.

Informare per riformare

Offrire più informazioni sui costi e sulle caratteristiche del sistema pensionistico, in modo neutrale, aumenta significativamente la disponibilità ad accettare riforme. Lo dimostra un “esperimento controllato”. E allora invece di sedersi in riunioni semi-segrete con chi rappresenta i pensionati, il governo dovrebbe impegnarsi in una massiccia campagna per informare tutti i cittadini dei dettagli dell’ordinamento attuale, delle iniquità perpetrate a danno delle generazioni future, degli oneri sui contribuenti di oggi e di domani, e dei possibili rimedi. In seconda pagina le principali soluzioni proposte dai cittadini ed emerse dall’indagine condotta dalla CE&Co.

Pensioni: per i giovani il futuro è adesso

Quando i giovani dÂ’oggi si avvicineranno alla pensione scopriranno di essere più poveri in termini di ricchezza previdenziale dei loro padri. Carriere contributive molto più discontinue e un sistema contributivo meno generoso li porteranno a lavorare fino a quasi 70 anni. Aumentare l’età di pensionamento, rivedere i coefficienti di trasformazione e investire nella previdenza complementare già oggi sarebbe un esercizio di equità intergenerazionale. Ma i giovani non sembrano né invitati né interessati al dibattito dove si decide soprattutto del loro futuro.

TFR: Purché sia consapevole

Moltissimi lavoratori non hanno ancora scelto cosa fare dei loro accantonamenti per il Tfr. Alcune simulazioni e informazioni per aiutarli a
farsi un’opinione. Perchè chi non sceglie si troverà in posizione svantaggiata rispetto agli altri.”

Tfr o fondi pensione: alcuni esempi

LÂ’attuale governo ha disposto con Decreto Legge (13 Novembre 2006 n. 279) lÂ’anticipo al 1 gennaio 2007 degli effetti previsti (a partire dal 2008) dal Decreto Legislativo n. 252/2005 in materia di previdenza complementare per i lavoratori dipendenti privati. I lavoratori dovranno fare una scelta sulla destinazione del proprio Tfr. Le storie contributive dei lavoratori sono molto diverse tra loro, come sono diversi i profili salariali, e difficilmente si possono fornire degli esempi utili alla platea degli undici milioni di lavoratori coinvolti.
Sembra tuttavia utile basarsi su dati concreti per capire i motivi (o meno) della convenienza.
I percorsi a disposizione dei lavoratori vedono nella data del 29 aprile 1993 un importante spartiacque:

  1. coloro che già erano iscritti alla previdenza obbligatoria a quella data e non partecipavano a forme pensionistiche complementari possono ora scegliere di mantenere il TFR maturando presso il datore di lavoro che provvederà a versarlo in un fondo costituito presso l’Inps, oppure possono conferirlo ad un fondo pensione nella misura prevista dagli accordi o contratti collettivi, o in mancanza di questi in misura non inferiore al 50%. Nel caso in cui tale lavoratore avesse già contribuito a forme pensionistiche complementari, la sua scelta è ancora tra il mantenimento del TFR presso il datore di lavoro o il conferimento ad un fondo, ma in questo caso il TFR maturando andrà alla forma pensionistica a cui già aderisce. Se il lavoratore non si esprime entro il 30 giugno 2007 (o entro 6 mesi dalla data di assunzione), il datore di lavoro provvederà a trasferire il TFR maturando alla forma pensionistica complementare prevista dagli accordi o contratti collettivi (o aziendali) se non aderiva già ad un fondo pensione, o viceversa al fondo pensione già prescelto dal lavoratore (forma di adesione tacita);
  2. per i lavoratori assunti dopo il 29 aprile 1993, la scelta esplicita è di nuovo tra conferimento a forma pensionistica complementare o mantenimento presso il datore di lavoro (fondo Inps). La scelta tacita prevede che il datore di lavoro trasferisca il futuro TFR alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi (salvo diverso accordo aziendale), e nel caso di più forme, presso quella con il maggior numero di iscritti. Qualora le due alternative descritte non fossero applicabili, il TFR verrà indirizzato presso il fondo Inps.

Oltre a questo elemento discriminante occorre tenere presente che lÂ’età anagrafica e lÂ’anzianità contributiva (numero di anni di contributi) del lavoratore sono variabili rilevanti nella determinazione della prestazione pensionistica di base – cioè quella erogata dallÂ’Inps.
Il lavoratore "tipo" prescelto è un lavoratore rappresentativo dei dipendenti privati: il suo profilo salariale è la mediana dei redditi dei lavoratori maschi. I suoi salariali sono stati agganciati alla dinamica salariale aggregata pur tenendo conto delle differenze di livello salariale esistente, a tutte le età, per generazioni di lavoratori più giovani. I salari tipici di questi lavoratori variano – nellÂ’arco della vita lavorativa – da un minimo di circa 20000 euro allÂ’anno a un massimo di 45000 euro.
E’ utile distinguere tre casi, che sono soggetti a trattamenti diversi a causa delle riforme pensionistiche degli anni ’90: un lavoratore con almeno 18 anni di contributi nel 1995 che va in pensione con regime retributivo puro, uno con meno di 18 anni di contribuzione al tempo della riforma Dini e quindi sottoposto ad un regime misto (quello retributivo per la parte di contributi precedente il 1996 e il contributivo per quella successiva e sino alla pensione), e infine un lavoratore assunto dopo il 1995 con una pensione interamente contributiva. Le età di pensionamento sono quelle calcolate applicando tutte le principali regole del sistema pensionistico italiano fino alla riforma del 2004 (riforma Maroni).

Ipotesi di base sulle tipologie dei lavoratori

Coorte di nascita Età di ingresso nel mondo del lavoro Anni di contributi Età di pensionamento
       
1953 19 40 59
1956 21 40 61
1967 22 39 61
1976 23 38 61

LÂ’esercizio consiste in una simulazione – basata sulle regole vigenti e sulle ipotesi discusse – che permetta un confronto tra Tfr e Fondo Pensione. Dalla simulazione si ottengono i montanti sia nel caso TFR che nel caso Fondo Pensione (FP) derivanti dalla medesima contribuzione (6.91% annuo del salario lordo). Il montante rappresenta la cifra accumulata nel tempo dal lavoratore, che si rende disponibile al momento del pensionamento (e quindi è una ricchezza), mentre la rendita rappresenta il reddito, cioè il flusso che si può ottenere periodicamente (la pensione o il vitalizio) negli anni successivi al pensionamento(1).
Nella prima colonna della successiva tabella, si legge lÂ’ammontare di TFR maturato dal 2007 alla data di pensionamento e rivalutato seconda i criteri di legge al netto della tassazione dellÂ’11% (tassa sulla rivalutazione del tfr applicata solo dal 1/01/2001), nelle colonne dalla seconda alla quarta il montante derivante dal trasferimento del TFR maturando dal 2007 ad un fondo chiuso (ipotesi sui rendimenti basati su valori medi COVIP, 2005), e nelle successive colonne quello derivante dal conferimento del futuro TFR ad un fondo aperto. Le altre colonne presentano il montante derivante da un investimenti in fondo chiuso o aperto con rendimenti massimi tenendo conto di commissioni – cioè costi di gestione ecc… – differenti (pari a 0.19% per fondo negoziale, 1.7% per fondo aperto).

Tabella 1. TFR e Fondo Pensione Accumulati da un lavoratore "a reddito medio" (rendimenti tassati allÂ’11%)

Coorte

Nati nel

Età di pensionamento

TFR dal 2007 in azienda (o presso INPS)

Rendimento 2,4%

Fondo chiuso min

(rendimento 2,8%)

Fondo chiuso

(5,4%)

Fondo chiuso max

(11,7%)

Fondo Aperto

Min

(3,6%)

Fondo aperto

(6,10%)

Fondo aperto Max

(12,6%)

                 
1953 59 6.045 6.332 6770 7946 6461 6888 8116
1956 61 15.897 17.113 19.370 26.275 17.762 20.005 27.379
1967 61 46.722 53.296 68.440 131.200 57.396 73.151 143.710
1976 61 88.052 104.466 146.984 372.080 115.458 161.244 425.116

La Tabella 1 mostra che il montante derivante da un fondo chiuso (a parità di contribuzione) è sempre preferibile al TFR, particolarmente per orizzonti temporali più lunghi (coorti nate nel 1976). Questo risultato è dovuto in parte ai rendimenti ipotizzati – sulla base delle informazioni desumibili – che sono più vantaggiosi del rendimento offerto dal TFR, in parte alla caratteristica che il TFR, avendo un rendimento pari allÂ’1.5% più il 75% del tasso dÂ’inflazione, recupera solo parte dellÂ’inflazione. Per i lavoratori "tipo" nati nel 1953 si osservano differenze minime nel risultato da Tfr o da FP chiuso.
E’ ovvio che nelle previsioni per il futuro occorre tenere conto dei rischi. Il rendimento del Tfr (qui ipotizzato al 2,4%), è un rendimento certo, mentre per i fondi pensione esiste il rischio di rendimento legato all’andamento dei mercati, che da un lato giustifica un rendimento medio dei FP più elevato (proprio come premio al rischio) e dall’altro espone la ricchezza finale da FP a fluttuazioni. Il risultato finale del FP dipende quindi dalla capacità del gestore di investire il patrimonio in maniera redditizia – nei limiti della legge- e di applicare la giusta regola di diversificazione. Per illustrare gli effetti del rischio di rendimento vengono presentati anche una caso Minimo e un caso Massimo – sempre basati sull’esperienza storica.
Per i fondi aperti i risultati sono di più difficile lettura, proprio perché se da un lato si possono raggiungere rendimenti elevati (vedi valori massimi), dall’altro si ha maggiore volatilità (vedi differenze tra valori massimi e minimi) e maggiori costi di gestione.
Un nota finale sui rischi impliciti nella scelta tra Tfr e FP non deve trascurare il fatto che – qualora il Tfr fosse lasciato in azienda – sarebbe soggetto ai rischi tipici fronteggiati dalle imprese (pur in presenza di un fondo di garanzia), mentre il FP è ben isolato dalle vicende dellÂ’impresa di riferimento.

La caratteristica specifica dei fondi pensione è quella di offrire una rendita vitalizia (cioè un reddito negli anni della pensione). I fondi pensione offrono già nel loro "pacchetto" un contratto di rendita vitalizia che è molto diverso da quello che il singolo individuo può ottenere da un assicuratore per via della ripartizione dei rischi che si può operare su gruppi di lavoratori.
Per offrire un confronto più completo è utile ipotizzare che il lavoratore decida che metà del suo FP venga liquidato in capitale e metà in rendita (il minimo previsto dalle regole). La parte "soluzione capitale" è confrontabile con la metà del TFR, entrambi lordi in questo esempio. In più il lavoratore otterrà una rendita dal FP che è certamente superiore a una rendita ottenibile, per eguale premio, dall’acquisto di un vitalizio individuale. Cioè se il lavoratore decidesse di utilizzare metà del suo Tfr per l’acquisto di un vitalizio, al momento del pensionamento, sarebbe svantaggiato rispetto al contratto ottenibile dal FP.
La tabella intende mostrare come in alcuni casi (specialmente per i lavoratori più giovani) la rendita ottenibile dal FP costituisca un complemento importante della pensione pubblica. Questo è semplicemente dovuto al fatto che il FP è stato accumulato per più anni (e quindi il montante è più alto), ma anche al fatto che le pensioni pubbliche offriranno tassi di rimpiazzo più bassi (rapporto tra prima pensione e ultimo salario).
La rendita può variare molto sia per la variabilità dei rendimenti del FP (abbiamo ipotizzato i rendimenti "medi" della Tabella 1), sia per le condizioni con cui è stato stipulato il contratto tra FP e compagnia di assicurazione nell’erogazione della rendita stessa.
E’ evidente che se i lavoratori si preoccupano di proteggere il loro reddito nelle età anziane dovrebbero valutare la gamma delle opzioni che si offrono.

Tabella 2. Pensione pubblica e Rendita.
(prima rata di pensione e di una rendita annuale acquistata pagando come premio unico il 50% del montante derivante da fondo pensione chiuso)
(2)
Profili salariali "medi"

Coorte

Pensione Pubblica

annuale

Tasso di rimpiazzo: prima pensione su ultimo salario (%) Metà Montante lordo da TFR Metà Montante lordo del FP (fondo chiuso al 5,4%)

Rendita annua vitalizia da fondo chiuso

(al 2%)

Pensione più rendita Metà Montante lordo del FP (fondo aperto al 6,10%) Rendita annua Vitalizia da fondo aperto (2%) Pensione più rendita
                   
1953 13.831 78,92 3.022 3.385 201 14.032 3.444 205 14.036
1956 17.872 75,53 7.948 9.685 615 18.487 10.002 635 18.507
1967 22.304 63,18 23.361 34.220 2.173 24.477 36.575 2.322 24.627
1976 26.081 49,96 44.026 73.492 4.667 30.749 80.622 5.120 31.202

1) In dettaglio le ipotesi sui rendimenti e commissioni fondi pensione sono le seguenti. Il montante derivante dallÂ’investimento dellÂ’intero TFR futuro in fondo pensione negoziale: commissioni: 0.19%; rendimento: 2.8%, 5,4% e 11,7%.
2) Per poter proporre un esempio si considera una rendita vitalizia immediata, (certa per 10 anni e poi vitalizia significa che per i primi 10 anni è percepita dall’assicurato a vita e in caso di decesso dalla persona designata sino al termine del periodo di 10 anni). Il calcolo della rendita dipende fortemente dalle ipotesi sulla sopravvivenza, che qui è ipotizzata seguite le tavole di mortalità ISTAT pubblicate.

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