Proteste in Francia contro la riforma delle pensioni, che punta ad assicurare la tenuta dei conti pensionistici da qui al 2030. Sono molti i punti di contatto con quanto previsto in Italia, ma sul riordino degli schemi speciali siamo in vantaggio.
Categoria: Pensioni Pagina 3 di 38
L’inflazione avrà un impatto significativo sulle uscite per pensioni delle casse di previdenza dei professionisti. Per ora, non si intravedono situazioni di squilibrio. Ma se il fenomeno si protrarrà, potrebbe essere necessario un aumento dei contributi.
Proteste in Francia contro la riforma delle pensioni, che punta ad assicurare la tenuta dei conti pensionistici da qui al 2030. Sono molti i punti di contatto con quanto previsto in Italia, ma sul riordino degli schemi speciali siamo in vantaggio.
Il meccanismo di indicizzazione per fasce delle pensioni, previsto dalla legge di bilancio, dovrebbe proteggere quelle più basse dall’inflazione, senza pesare troppo sulle casse dello stato. Ma il fiscal drag porta a risultati poco equi e trasparenti.
È stata pubblicata la tabella con i nuovi coefficienti di trasformazione per il biennio 2023‑2024. Grava su di loro la mancanza di trasparenza che li caratterizza fin dai primi passi della riforma Dini. La via maestra è l’aumento dell’età pensionabile.
Sotto il profilo della logica attuariale e dell’equità, il sistema retributivo non dovrebbe più esistere. Bisognerebbe disegnare regole previdenziali più omogenee e semplici, capaci di tutelare il patto generazionale alla base del sistema a ripartizione.
I pensionati sono particolarmente esposti agli effetti dell’inflazione. Ma per contenere il peso della spesa pensionistica sui conti pubblici si ricorre a un adeguamento parziale dei trattamenti, specie se alti. Va trovato un equilibrio tra due esigenze.
Se si vuole lasciare agli individui la libertà delle scelte finanziarie, per esempio in tema di pensioni, è fondamentale aumentare l’istruzione finanziaria. Altrimenti c’è il rischio che crescano le disuguaglianze. Cosa insegna l’esperienza cilena.
Mentre annuncia un prossimo riordino complessivo del sistema previdenziale, il governo interviene nella legge di bilancio per il 2023 su indicizzazione e perequazione delle pensioni. Le nuove misure rischiano però di contraddire l’impostazione contributiva.
La proposta di deindicizzazione delle pensioni non tiene conto del reddito complessivo, ma solo di quello pensionistico. È una scelta che produce disparità ed è sempre meno giustificata col crescere del numero di pensioni calcolate col metodo contributivo.