La misurazione dell’impatto sociale è un tema sempre più attuale. Ma non è un’impresa facile, come dimostrano alcune esperienze internazionali. In Italia, a indicare un percorso di studio e condivisione potrebbero essere le fondazioni erogative, grazie alle loro particolari caratteristiche.
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Torna il prestito vitalizio ipotecario. Permette a proprietari anziani di ricevere un finanziamento garantito da un’ipoteca di primo grado sulla loro abitazione. Lo strumento dovrebbe rilanciare la domanda interna. Ma il prestito ha condizioni onerose ed è conveniente solo per pochi.
Il bonus Irpef degli 80 euro, che a regime costa 9,5 miliardi, potrebbe avere effetti molto contenuti sui consumi. Con gli stessi soldi si sarebbe potuto introdurre uno strumento universale di contrasto alla povertà. E probabilmente, anche a livello aggregato, gli effetti sarebbero stati migliori.
Come è cambiata la distribuzione del reddito negli anni della crisi? Un’analisi su dati amministrativi per la provincia di Trento ci dice che la quota di reddito totale del gruppo più povero è scesa, così come quella dei più ricchi. Ma tra questi ultimi sono aumentati i pensionati.
Il lavoro è essenziale per ridurre il rischio di povertà, ma non sempre è sufficiente, perché in molte famiglie povere non vi sono disoccupati o persone facilmente “attivabili”. In questi casi, servono trasferimenti in denaro o servizi che sostituiscano la spesa privata. Il patto di reinserimento.
L’introduzione di un reddito minimo per gli ultra-cinquantacinquenni in condizioni di povertà, suggerita dal presidente dell’Inps, rischia di frammentare ulteriormente il welfare italiano. Servirebbe esattamente il contrario: una misura universalistica di sostegno al reddito dei poveri assoluti.
Si torna a parlare di reddito minimo. Con una maggiore consapevolezza rispetto al passato, anche perché il problema della povertà si è drammaticamente aggravato. Un reddito di inclusione sociale, da introdurre gradualmente, costerebbe poco più di 7 miliardi l’anno.
Uno studio dell’Ocse certifica un divario crescente tra ricchi e poveri nei paesi avanzati e mette in guardia sulle sue conseguenze nel lungo periodo. Alcuni effetti sono già visibili. A cominciare da quelli sulla crescita. Latitano, almeno in Italia, politiche utili a invertire la tendenza.
Il decreto di riforma degli ammortizzatori sociali fa un nuovo passo verso l’introduzione di una misura unica di sostegno per chi perde il lavoro. Ma smentisce subito la logica universalistica riservando l’assegno di disoccupazione solo ad alcune categorie di poveri.
Pur senza avere miniere aurifere, l’Italia è diventata un paese esportatore d’oro. Succede grazie al boom dei negozi che acquistano oro dai privati cittadini. E non è una buona notizia. Perché fotografa come la crisi abbia ormai colpito molte famiglie, che guardano al futuro con preoccupazione.