Non servono nuovi controlli nel calcio, che sotto questo profilo rischia la saturazione. Si devono invece disinnescare i tanti incentivi alla collusione che restano anche dopo la sentenza della corte federale. Bene allora il ritorno alla contrattazione collettiva dei diritti televisivi e un ripensamento del settore dei procuratori sportivi. Ma si dovrà anche riformare la Lega e il meccanismo di designazione degli arbitri. Oltre a metter mano all’impianto della giustizia sportiva.
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Nuove regole per il calcio dovrebbero garantire una più corretta competizione sportiva. Perché a diversi incentivi corrispondono differenti livelli di impegno agonistico e con il “girone allitaliana” nelle ultime giornate chi “non ha più nulla da chiedere al campionato” non ha ragione di lottare per il risultato. Nascono anche da questo i comportamenti illeciti. La soluzione potrebbe essere in un meccanismo che lega la qualificazione alla Coppa Italia ai punti conquistati nel girone di ritorno. E apre alla vincitrice le porte della Champions League.
Due critiche principali hanno accompagnato il processo sugli scandali del calcio: colpe di pochi dirigenti ricadono su calciatori e tifosi incolpevoli e sommarietà procedurale. Ma il fatto che le società possano essere chiamate a rispondere degli illeciti commessi da propri esponenti è norma generale del nostro ordinamento dal 2001. Per impedire che gli stakeholder si avvantaggino di comportamenti scorretti dei manager a danno dei concorrenti. E forse, dovrebbe essere la giustizia ordinaria a imitare quella sportiva, almeno in tema di celerità.
La nazionale francese di calcio, che affronterà lItalia in finale, è la più “vecchia” dei mondiali. Il riflesso di un fenomeno più generalizzato nella società francese, e non solo. Dall’analisi statistica emerge che l’età media delle squadre che partecipano a Germania 2006 è tanto più elevata quanto più è difficile per i giovani del paese di provenienza ottenere il primo impiego. I “titolari” nel mercato del lavoro come nel calcio hanno approfittato della loro posizione di forza per proteggersi dalla concorrenza, erigendo barriere che rendono difficile l’accesso alle loro posizioni.
Scarso attaccamento alla maglia azzurra? Un errore. Perché la convocazione in Nazionale ha un effetto sulla remunerazione del calciatore superiore a quello del numero di stagioni giocate in serie A nel corso della carriera. Una possibile spiegazione è che rappresenti un segnale che contribuisce ad aumentare la reputazione del giocatore. Ed è coerente con ricerche condotte in altri contesti, che hanno dimostrato come la reputazione sia un asset intangibile molto importante, perché difficilmente replicabile e con un elevato potenziale di creazione di valore.
Con la Figc siamo di fronte a un caso da manuale di “cattura” del regolatore da parte dei regolati. Per il sistema calcio è necessaria una cornice istituzionale ad hoc, separando con nettezza gli organi di vertice dai regolati, al fine di accrescerne autorevolezza e imparzialità. Con un ristretto comitato di presidenza dalle competenze rafforzate, alla cui nomina concorrano enti esterni al settore del calcio, si acquisterebbe in incisività pur salvaguardando la rappresentatività. A questo “direttorio” dovrebbero rispondere direttamente Covisoc e Aia.
L’Italia ha vinto i campionati del mondo di calcio. La banca olandese Abn-Amro aveva accreditato l’Italia di uno 0,7 per cento in più di crescita in caso di vittoria ai mondiali. Ma lo scenario non ha nulla di reale. Infatti, lo studio non cerca di isolare l’effetto della vittoria sul Pil dopo aver tenuto in considerazione tutte le altre variabili che determinano la performance di uneconomia. Se poi si guardano i dati, si scopre che chi vince va peggio dal punto di vista economico rispetto all’anno immediatamente precedente e al successivo. E che il paese vincitore cresce meno in media dell’altro finalista.
“Calciopoli” ci ricorda che l’asset principale delle società sportive professionistiche non è allocato dal mercato, bensì dall’ordinamento sportivo, in base a regole e principi, sostanziali e procedurali, che poco hanno a che vedere con codice civile e codice di procedura civile. Non è dunque possibile sostenere la completa omologazione delle società sportive alle “altre” società. Ed è perciò tempo di metter mano alla normativa che le regola, ormai inadeguata, soprattutto perché frutto di riforme parziali e disorganiche.
Tutta colpa della pay-tv se il calcio italiano si trova in un circolo vizioso in cui i divari sportivi ed economici si alimentano a vicenda. Più le grandi squadre si rafforzano, più aumenta lo squilibrio, peggiore risulta l’equilibrio competitivo. A migliorare la situazione, poi, non ha certo contribuito la sospensione delle leggi ordinarie, come è accaduto al codice civile con il decreto salvacalcio. Intanto, lo Stato aspetta dalle società 650 milioni di imposte arretrate. Soluzioni? La supelega europea, terne arbitrali scelte a livello europeo, il salary cap per i calciatori. O lapplicazione di un sistema fortemente progressivo alle quote d’iscrizione a Lega e campionato, per rispttare le regole antitrust.
Per risolvere la crisi del calcio non serve una superlega europea. Meglio tornare a una superlega italiana, ovvero a una serie A a sedici squadre. Con meno gare, crescerebbe la qualità del campionato e la perequazione nella distribuzione delle risorse derivanti dai diritti televisivi lo renderebbe più serrato. Minore anche il rischio di combine. Soprattutto, i club potrebbero ridurre le “rose”, uno strumento più efficace dei salary cap per l’abbattimento dei monti-salari. Con i play off, poi, potrebbero esserci vantaggi anche nella cessione dei diritti tv.