Dopo la “crocifissione” di Tsipras parte il nuovo programma di aiuti alla Grecia per oltre 80 miliardi di euro. Di questi, pare di capire, 23,5 miliardi andranno in rimborsi a Fmi e Bce, 25 alla ricapitalizzazione delle banche elleniche e circa 35 all’economia reale. Intanto si continua a discutere sulla vera destinazione dei soldi nei due precedenti salvataggi. Abbiamo aperto un confronto su questo tema. Dopo un primo articolo sul tema, un calcolo più dettagliato indica che gli aiuti del passato sono andati soprattutto alle banche del cui salvataggio l’Europa avrebbe dovuto – ma non ha voluto – farsi carico.
Mentre tutti pensavamo alla Grecia, è andato in porto l’accordo stato-regioni per tagliare 2,3 miliardi di spesa sanitaria. Ai tagli però nessuno crede, tanto che già nell’accordo si prevede una spesa 2016 in salita da 110 a 113 miliardi. Un bel ripiano preventivo. Sarebbe ora di cominciare a distinguere, tra le regioni e dentro le regioni, chi ha già fatto i compiti e chi non ha nemmeno aperto i libri (contabili).
Se le banche italiane negano finanziamenti a imprese e famiglie è anche perché i loro bilanci sono zavorrati da 200 miliardi di crediti in sofferenza. Un recente decreto legge ne agevola la cessione e il trattamento fiscale. Ma per gli istituti con minori coperture la soluzione più conveniente rimane una bad bank pubblica.
Sono stati 64 mila gli stranieri che hanno chiesto asilo all’Italia nel 2014, su 626 mila dell’intera Ue. Per ognuno di essi spendiamo meno di altri paesi e offriamo un’accoglienza caratterizzata da frammentarietà delle strutture, sovraffollamento, incertezza nei tempi di permanenza e distribuzione territoriale disomogenea.
Daniele Fano commenta l’intervento di Angelo Baglioni e Andrea Boitani “Adesso rottamiamo la Troika”
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Categoria: Il Punto Pagina 91 di 150
La riforma della scuola approvata dal Parlamento contiene tre importanti novità: un aumento delle risorse dopo anni di tagli, il rafforzamento del ruolo manageriale dei presidi, uno sforzo di progettazione in un sistema che oggi sopravvive alla giornata. È una scommessa aperta per un possibile salto di qualità.
Davvero, come dice Tsipras, i prestiti alla Grecia sono subito tornati alle banche tedesche e francesi e non sono arrivati al popolo? A conti fatti, non è andata proprio così. Se ai cittadini ellenici è arrivato poco, le responsabilità sono anche di chi li ha governati. Rimane che negli ultimi cinque anni il peso dei singoli creditori nei confronti di Atene è molto cambiato. La Francia si è quasi defilata. Italia e Spagna, invece, in prima fila con la Germania per esposizione.
La partnership pubblico-privato prefigurata dal piano Juncker rischia di non decollare mai. Per le Pmi le garanzie europee messe a disposizione per accedere a finanziamenti bancari abbattono poco il costo del credito. E l’esperienza insegna che, nella realizzazione di infrastrutture, servono soldi pubblici (più di quelli previsti dal piano) per coinvolgere le imprese.
Gli europei viaggiano sempre più – sulle lunghe distanze – in pullman. Anche in Italia, soprattutto nel Centro-Sud. Un fenomeno che assomiglia al boom delle compagnie aeree low cost. Bene qualche regola per evitare il far west.
La globalizzazione in tre decenni ha cambiato radicalmente la mappa sia dell’offerta sia della domanda di vino. L’Europa non ha più il quasi-monopolio dei vigneti e gli europei mediterranei apprezzano sempre più birra e altri alcolici. Lo spazio per difendere le posizioni è sullo stretto crinale qualità/prezzo.
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Il popolo greco ha detto no a un nuovo programma di aiuti con condizioni troppo vessatorie. Ma così Atene è in default e la Bce non potrà più offrire liquidità di emergenza alle sue banche. Per uscire dalla trappola l’Europa potrebbe farsi carico dei debiti greci con Fmi e Bce con il fondo salva-stati (Esm). L’allungamento a dieci anni della scadenza minima del debito consentirebbe di impostare le vere riforme di cui ha bisogno la Grecia. Serve una svolta che trasformi un paese abituato a vivere al di sopra dei propri mezzi in un sistema economico-sociale capace di usare al meglio le sue opportunità.
Sotto le macerie del referendum e della crisi rimane in ogni caso l’inadeguatezza della politica europea dei parametri. Aiuterebbe un colpo d’ala di politica fiscale federale che aumenti gli investimenti pubblici o tagli le tasse in tutta Europa archiviando i deliri algebrici degli ultimi anni. Oggi le scelte dell’Europa e della Grecia non sono tra euro e dracma, tra democrazia e autocrazia, ma tra – tutto sommato – limitati sacrifici distribuiti fra tutti i paesi e grandi sacrifici per i greci oggi e – chissà – per noi domani.
Nella sua seconda relazione annuale, l’autorità di vigilanza sulle assicurazioni – Ivass, ora sotto il cappello Banca d’Italia – menziona i problemi spinosi del settore (a partire dalla scarsa concorrenza nella Rc-auto) ma non propone come aggredirli. Almeno la bassa penetrazione delle polizze contro i disastri naturali potrebbe essere affrontata con la partnership tra pubblico e privato: in Francia ha funzionato.
Nonostante le quote rosa, sono solo due su dieci le donne nei cda delle società quotate italiane. Va meglio nel resto d’Europa e peggio negli Usa. Dove, però, da un commissario dell’autorità di vigilanza sui mercati parte una battaglia per una distribuzione più equa dei ruoli dirigenziali nelle imprese tra generi e tra gruppi etnici.
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Alle prese con il devastante tira-e-molla con la Grecia, i politici europei e il Fmi dimenticano la lezione del decennio perduto dell’America Latina negli anni ’80. A paesi in default fu inizialmente imposta un’austerità troppo dura. Ma poi arrivò il Piano Brady con il quale banche creditrici e stati sovrani si accordarono sulla riduzione del debito richiesta per ripartire. Impossibile però – come ci racconta una lettera da Atene – una svolta prima dello svolgimento del referendum indetto da Tsipras con una mossa spregiudicata e avventata. Rimane un cruciale problema di democrazia in Europa, dove i ministri delle finanze dell’area euro decidono la sorte di un intero popolo con una legittimità molto dubbia. Che ci voglia una riforma della governance della Ue lo dice anche il rapporto dei “cinque presidenti”. Ma – irrisolto il problema greco – non si può riformare un bel niente, a partire dall’Unione monetaria.
Con l’annunciata fusione tra Linate-Malpensa (controllati dalla Sea) e Orio al Serio nascerà una posizione dominante negli aeroporti lombardi. Con benefici per la redditività degli enti pubblici azionisti di maggioranza e forse a discapito dei cittadini. Per privatizzare i quattro aeroporti di Londra si scelse una strada diversa. Da cui si potrebbe imparare.
È alle battute finali la riforma del catasto. Con una grossa contraddizione: vuole ristabilire l’equità del prelievo fiscale sugli immobili e allo stesso tempo impone l’invarianza di gettito a livello locale. Creando iniquità tra comuni. Ci sarebbe più redistribuzione se l’invarianza di gettito fosse stabilita a livello nazionale.
Al via una nuova architettura delle politiche attive per il lavoro, che finora non hanno dato prova di grande efficienza. Sarà la volta buona con l’Agenzia che accentra competenze prima disperse sul territorio? Potremo misurarne il successo guardando a come funzionerà l’assegno di ricollocazione per la categoria di disoccupati che cercano lavoro da sei mesi.
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Mentre il governo greco continua a pretendere dai partner europei la firma su un assegno in bianco con nuovi aiuti, l’Europa si ostina su stupidi dettagli di un programma che richiederà anni per essere attuato. Intanto la Grecia è vicina al default e, forse, all’uscita dall’euro. Nella dannosa confusione di ruoli nell’Eurozona di questi mesi l’unica istituzione che ha fatto politica (cioè compromessi) è stata quella che dovrebbe essere solo un organismo tecnico: la Bce guidata da Mario Draghi. Forse le si può chiedere di più: riammettere Atene tra i beneficiari del Quantitative easing di 60 miliardi al mese e scongelare l’attuale soglia di 89 miliardi di liquidità di emergenza. Se torna la liquidità, il rischio insolvenza si allontana.
Riconoscendo il matrimonio delle coppie omosessuali, la Corte suprema degli Stati Uniti ha affermato che sposarsi è un diritto fondamentale che nemmeno necessita di una legge per regolare unioni dello stesso sesso. Una lezione di libertà su cui è bene riflettere in Italia.
Un po’ di diseguaglianza nella distribuzione dei redditi e della ricchezza serve a creare incentivi a far meglio. Ma se gli squilibri distributivi sono troppi si blocca l’ascensore sociale. Anche negli Usa, la “terra delle opportunità”, dove il 93 per cento dei guadagni della ripresa del 2009-2010 è andato all’1 per cento delle persone più ricche.
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Difficile da capire l’irrigidimento del Fondo monetario sul salvataggio greco. Dai dati viene fuori che Atene ha fatto molti tagli e alcune riforme anche in campo pensionistico. Con risparmi di spesa solo graduali nel tempo. È ora che i creditori ammettano che servono dieci anni, non tre, per aggiustare la Grecia.
Come sono cambiati i servizi idrici a quattro anni dal referendum sull’acqua? Non c’è più l’obbligo di mettere in gara o privatizzare, ma nemmeno di lasciare per forza alla gestione pubblica. Basta che l’attività sia in equilibrio economico. Insomma, si è cristallizzato lo status quo.
Il malaffare di Mafia capitale si è tanto diffuso anche perché nei comuni sono inefficienti i controlli su appalti, sovvenzioni, concessioni, concorsi. A vegliare sulla legalità di questi atti il segretario comunale, figura né indipendente né autonoma. Ma indipendenza e autonomia sono requisiti minimi per esercitare i controlli.
Gioco d’azzardo e investimenti finanziari hanno in comune l’inconsapevolezza dei consumatori che coinvolgono. Per tutelarli davvero non basta la foglia di fico degli avvertimenti sui rischi della dipendenza, per i primi, o sui rischi di mercato per i secondi. Meglio partire dal basso con l’educazione finanziaria.
Entrano in circolazione sempre più farmaci nuovi e molto efficaci, ma anche molto costosi. Si aprono così una serie di problemi su cui si interroga anche l’Organizzazione mondiale della sanità: da come garantirne l’universalità di accesso al ripensamento del sistema dei brevetti in modo da incentivare l’innovazione.
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La crisi ha mandato in frantumi il modello di sviluppo europeo, basato su crescita e welfare per tutti con alta tassazione e alta redistribuzione. I paesi Ue sono oggi incapaci di scongiurare il rischio povertà di una grossa parte della loro popolazione. E ciò vale per chi non è cresciuto (Italia e Spagna) ma anche per chi è riuscito a crescere (Regno Unito, Germania e Svezia). Con la punta più drammatica in Grecia. Che, anche questa settimana, è sull’orlo del default. Nel frattempo a Bruxelles l’inevitabile salvataggio viene rinviato mentre i mercati per ora credono che – grazie alla Bce – tutto vada a posto con limitati costi di aggiustamento.
Ha senso – seppure con alcuni limiti – la proposta della Commissione europea di ripartire il numero dei richiedenti asilo tra i vari paesi dell’Unione in base a dimensione e forza economica. Ma, contrariamente alla disinformazione seminata dai politici italiani, non dobbiamo pensare che dovremo ospitarne meno. Anzi, saranno di più.
Appena reintrodotto, va in soffitta il reato di falso in bilancio. La nuova formulazione della norma ammette di riportare cifre sballate se soggette a valutazione degli amministratori. Tana libera tutti. Eppure tra lasciare impunita una frode e mandare in galera chi fa un errore ci sarebbe una ragionevole via di mezzo.
Tra il 2012 e il 2013 il traffico sulle autostrade è diminuito oltre il 10 per cento. Non così i profitti delle società concessionarie al riparo dal rischio operativo grazie alle revisioni tariffarie da parte dello stato. Ora questo Bengodi dei concessionari rischia di essere esteso alle infrastrutture ferroviarie. Per una direttiva europea.
Emanuele Ranci Ortigosa commenta l’intervento di Massimo Bordignon e Francesco Daveri “Consulta: i custodi del diritto. E del rovescio”
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Da qui a dicembre, quando si terrà a Parigi la conferenza sul clima, ci aspettano mesi di negoziati bilaterali per stabilire quali paesi dovranno fare più sforzi nella riduzione del riscaldamento globale. Un buon esempio è il recente accordo Cina-Usa che, se attuato, potrebbe portare a ridurre i gas serra di almeno un quarto.
C’è disorganizzazione ma anche un segreto di Pulcinella nel lasciare che i profughi arrivati sulle coste italiane non vengano identificati in tempi rapidi. In realtà si spera che per le leggi vigenti in Europa sul diritto di asilo sia un altro paese Ue a prenderli in carico. Va bene sfruttare le pieghe delle norme europee. Però non sulla pelle dei rifugiati.
Difficile individuare qual è l’interesse del consumatore di servizi telefonici mobili. Sullo “zero rating” – l’accesso illimitato ad applicazioni e siti web senza il limite di traffico normalmente imposto – l’Europa è oggi divisa. La pragmatica soluzione americana che porta il regolatore a decidere caso per caso eviterebbe di soffocare l’innovazione sul nascere.
Nel sistema pensionistico, il metodo contributivo dovrebbe garantire la parità di trattamento rivalutando i contributi di tutti in base alla media quinquennale di crescita del Pil. Ma la lunga crisi post 2007 e le scelte conseguenti del governo hanno portato rendimenti negativi. Per ristabilire l’equità del calcolo meglio allungarne a dieci anni il periodo di computo.
È all’esame delle Camere il decreto delegato che riordina i servizi per il lavoro. Si riporta dalle regioni al centro il coordinamento degli strumenti che dovrebbero consentire ai disoccupati di reinserirsi nel mercato del lavoro. Il rischio è di non utilizzare l’assegno di ricollocazione come politica attiva.
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Se entro il 30 giugno la Grecia non restituisce 1,6 miliardi al Fondo monetario – creditore con prelazione nei confronti di tutti – è come se facesse default. L’Europa può metterci una pezza e rinviare una resa dei conti che comunque prevede scenari da incubo: la Grexit invisa ai politici greci o la chiusura delle banche in stile cipriota. A meno di sorprese dell’ultim’ora.
Ancora una volta viene fuori che l’università discrimina le donne docenti. La sostanziale parità di genere uscita dai concorsi per l’Abilitazione nazionale è stata messa da parte quando gli atenei hanno scelto tra gli idonei. La piccola parte degli abilitati diventati professori associati o ordinari è fatta soprattutto da uomini.
Norme scritte male si prestano ad abusi, spesso perpetrati proprio dalla pubblica amministrazione. Vale anche per la voluntary disclosure: gli uffici delle Entrate hanno dato un’interpretazione estensiva ai termini di accertamento che rischia di togliere anche la minima convenienza all’evasore che si vuole ravvedere. A peggiorare la situazione si aggiungono troppe leggi e regolamenti – un cappio soffocante di costi amministrativi per le Pmi e per i cittadini. Tanto che la stessa Ue – gran produttrice di regole, peraltro – ci chiede di semplificare il quadro normativo.
Si fa presto a dire “investiamo sui porti”. Poi bisogna scegliere su quali traffici marittimi puntare. In Italia si sono privilegiate le infrastrutture per container con la convinzione di favorire l’export. A conti fatti, però, abbiamo facilitato soprattutto l’ingresso di merci estere sul mercato nazionale.
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Le nuove regole del Jobs act sul congedo post-maternità introducono più flessibilità a vantaggio dei lavoratori. Dovrebbero disincentivare l’abbandono del lavoro delle donne dopo la nascita dei figli (oggi succede in un caso su quattro). È però necessario – ma non c’è nel provvedimento – anche un potenziamento dei nidi, insufficienti e distribuiti in modo eterogeneo sul territorio.
Prima della crisi 70 europei su cento dichiaravano la loro fiducia nella Ue. Ora siamo sotto a 50, con picchi negativi a 30 dove la recessione è stata più dura. L’Europa non vuol più dire prosperità economica e democrazia; semmai, disoccupazione. Tocca alle istituzioni comunitarie e ai governi nazionali re-innescare un circolo virtuoso che ridia senso e dignità all’ideale europeo.
Oggetto di una diffusa campagna ostile priva di base scientifica, l’uso universale dei vaccini ha debellato il vaiolo, la polio e ridotto del 75 per cento le morti per morbillo. Per i molti altri in arrivo nel prossimo decennio una duplice sfida: sostenere i costi di quelli davvero utili e organizzare il Servizio sanitario per garantire la loro diffusione.
Nelle province con maggiore immigrazione> si è mantenuto il vantaggio competitivo ed è così aumentato il valore aggiunto dei settori manifatturieri che impiegano lavoro con mansioni semplici e routinarie. Con un rovescio della medaglia: il rinvio del cambio di pelle dell’industria verso produzioni più avanzate.
Una legge recente stabilisce l’obbligo per i piccoli comuni – fino a 5 mila abitanti – di associarsi tra loro per cogestire tante funzioni importanti, dalla polizia municipale ai servizi sociali. Per ora i pochi che si sono mossi sono molto indietro. Anche perché il governo né premia i virtuosi né punisce gli inadempienti.
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