Il grafico mostra il crescente divario tra numero di occupati in Italia e nel Mezzogiorno. Dal 2007 la differenza è cresciuta costantemente. Ma non tutte le regioni del sud sono uguali. Lo dimostra il caso della Campania dove, a seguito di un più marcato calo degli occupati, è seguita prima una leggera ripresa e nell’ultimo anno una stabilizzazione.
Categoria: La parola ai numeri Pagina 18 di 30
Fonte: UNWTO, World Tourism Barometer – December 2014. Anno di riferimento 2013
Al convegno L’Expo delle Idee il presidente del Consiglio ha usato parole di ottimismo “Il 2015 sarà un anno felix” e ha poi aggiunto “Con Expo torniamo a correre”. Di correre il settore turistico dell’Italia ha un gran bisogno. Abbiamo 50 luoghi che l’Unesco ha dichiarato Patrimonio Generale dell’Umanità – ben più di Francia e Spagna – ma le visite e gli introiti turistici dell’Italia sono al livello di Turchia e Tailandia, ben al di sotto di Francia e Spagna.
L’inflazione di gennaio è scesa a -0,6 per cento su base annua. Si parla dunque di deflazione.
Il dato è determinato dal crollo dei prezzi dei beni energetici (-9,1 per cento) che contano per il 9 per cento del paniere dei prezzi al consumo. I prezzi dei beni non energetici sono invece saliti dello 0,1 per cento, quelli dei servizi dello 0,5 per cento.
Per ora la discesa progressiva dell’inflazione verso (o sotto) lo zero si è tradotta in un aumento del potere d’acquisto dei salari, cresciuti dell’1,1 per cento nel 2014 (il netto tra +1,3 dei salari nominali e del +0,2 per cento dell’inflazione). L’aumento del potere d’acquisto dei salari del 2014 è una novità: il dato era stato di +0,2 nel 2013, -1,5 nel 2012 e -1,1 nel 2011. Per chi ha un lavoro l’inflazione zero non e’ poi tanto male.
Nelle stime diffuse nell’Interim Report di settembre del suo Economic Outlook, l’Ocse vede il Pil dell’Italia in calo dello 0,4 per cento per il 2014 e quasi piatto per il 2015. E’ un netto calo rispetto alle stime diffuse in precedenza. Solo 9 mesi fa nel dicembre 2013 si stimava una crescita 2014 pari allo 0,5 per cento e un robusto +1,4 per cento per il 2015. La revisione al ribasso ha i suoi motivi: in sostanza, tiene conto dell’andamento dei primi due trimestri del 2014. Alla luce di quanto già avvenuto, se ci fosse crescita zero negli ultimi trimestri del 2014, la variazione del Pil sarebbe del -0.3 per cento. In più il terzo trimestre potrebbe avere anch’esso il segno negativo a seguito della crisi in Ucraina.
L’Ocse non è nuovo a revisioni al ribasso nelle sue previsioni nel corso dell’anno. Come si vede dalla tabella e dal grafico qui sotto, ciò era già avvenuto nel 2012 e nel 2013. Sulla base dell’esperienza passata e dei dati attuali, gli economisti dell’Ocse più che gufi appaiono inguaribili ottimisti.
Qualche settimana fa il premier Matteo Renzi diceva che il Pil non è poi così importante e l’Istat ne certifica un nuovo calo dello 0,2 per cento su base trimestrale.