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Il peso della disoccupazione sul voto

Confronto tra 2016 e 2013

È opinione comune che il “no” al referendum costituzionale sia stato non tanto un voto sul merito della riforma costituzionale quanto un voto contro il governo in carica. Ciò che non viene sottolineato è che i motivi della protesta – elevata disoccupazione, paura dell’immigrazione, alto livello della tassazione – avevano già influito sui risultati elettorali delle politiche del 2013, che l’esito del referendum ha sostanzialmente confermato. Il grafico 1 evidenzia, a livello di regioni, la relazione fra la percentuale di voti per il “no” nel 2016 e la percentuale di voti presi nelle elezioni politiche del 2013 dalle forze che nel 2016 erano per il “no”.
Il “no” ha ottenuto meno consensi di quelli presi nel 2013 dai partiti che lo sostenevano nel Nord-Ovest (Piemonte, Liguria, Lombardia), in Emilia Romagna e nelle regioni dell’Italia centrale, con l’eccezione del Lazio. Tuttavia, solo in Emilia e Romagna e Toscana ha prevalso il “sì”. Invece nel Nord-Est il “no” ha ricevuto più voti di quelli presi nel 2013 dai partiti a suo favore. Il Mezzogiorno ha un andamento analogo a quello del Nord-Est. Il “no” ha avuto una percentuale di voti maggiore rispetto alla quella registrata nel 2013 dalle forze che lo sostenevano. Le uniche eccezioni sono gli Abruzzi e il Molise.
La difformità di voto tra 2016 e 2013 può essere stata determinata dalla variazione del tasso di disoccupazione (tabella 1). Infatti, la gran parte delle regioni dove il “no” ha preso meno voti di quelli conseguiti nel 2013 dai partiti che lo sostenevano hanno registrato un miglioramento del dato (tabella 1). Il contrario è avvenuto nelle regioni, come quelle meridionali, che hanno visto un peggioramento del tasso di disoccupazione.

Elettorato stabile

L’esito del voto referendario evidenzia una notevole stabilità dell’elettorato, anche se all’interno di ciascun partito vi sono state defezioni rispetto alla posizione ufficiale. Secondo il sondaggio di Demos apparso su La Repubblica del 22 dicembre 2016, l’84 per cento degli elettori del Pd, se si dovesse rivotare per il referendum, confermerebbe il “sì”; l’83 per cento di quelli del Movimento 5 Stelle confermerebbe il “no”, così come il 73 per cento di chi vota Lega Nord e il 68 per cento di chi sceglie Forza Italia. In base allo stesso sondaggio, le forze politiche a favore del “sì” avrebbero il 34,7 per cento dei voti e quelle per il “no” il 65,3 per cento.
Ora, tenendo conto dei voti dei partiti e di quanti in ciascun partito si sono espressi per il “no”, il “sì” avrebbe dovuto prendere l’8,25 per cento in più del voto a favore delle forze per il “sì” nel 2013, e cioè il 42,95 per cento, mentre il “no” avrebbe dovuto prendere il 57,05 per cento. I risultati effettivi – 40,89 per cento al “sì” e 59,11 per cento al “no” – sono del tutto coerenti con questi dati e mostrano che la sconfitta del “sì” è stata meno drammatica di quanto si sia detto. In ogni caso, era prevedibile in base ai risultati delle politiche del 2013.
Il disagio sociale, che in qualche modo è approssimato dal tasso di disoccupazione, era già stato allora l’elemento cruciale che aveva determinato l’esplosione di voti per il M5S e l’affermazione del tripolarismo. Il governo Renzi, utilizzando la strategia di un mix di riforme e di stile personalistico del presidente del Consiglio, ha tentato di contrastare questa tendenza. Il risultato delle Europee, con un forte ridimensionamento del M5S ha illuso Renzi e, se da un lato lo ha incoraggiato sulla via delle riforme, dall’altro lo ha spinto a ricercare un successo popolare personale con il referendum costituzionale. L’obiettivo è fallito perché, nonostante un lieve miglioramento nella situazione sociale, non si sono realizzate le aspettative create dal governo Renzi. Giacché è presumibile che le modifiche nei tassi di disoccupazione saranno minime nel breve termine, appare difficile che nelle prossime elezioni si registrino grandi cambiamenti nei rapporti di forza fra i vari schieramenti politici.

Tabella 1

Fonte: Elaborazioni Istituto Cattaneo su dati del ministero degli Interni per i dati elettorali; Istat per i tassi disoccupazione

Fonte: Elaborazioni Istituto Cattaneo su dati del ministero degli Interni per i dati elettorali; Istat per i tassi disoccupazione

Grafico 1

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I numeri del carovita

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Più soldi e meno potere d’acquisto a Natale. Nell’ultimo mese del 2016 le retribuzioni contrattuali sono cresciute meno dei prezzi: +0,4 per cento la crescita degli stipendi contro un +0,5 dei prezzi, rispetto a dicembre 2015. I lavoratori italiani hanno quindi guadagnato di più rispetto all’anno prima, ma hanno potuto acquistare meno beni. Per ora si tratta di una piccola differenza, ma si tratta di un avvenimento che non si verificava da 43 mesi.
Da marzo 2013 il potere d’acquisto degli stipendi era sempre aumentato rispetto all’anno precedente: +0,2 per cento la media del 2013, +1 per cento nel 2014 e nel 2015. Nel 2016 +0,6 contro un -0,1 per cento dei prezzi. Una dinamica importante, che nei bilanci familiari ha fatto da contrappeso al crollo dell’occupazione.
Preoccupante quindi che il 2016 si sia chiuso con una forbice prezzi-salari ribaltata. Per il 2017 è probabile che l’inflazione cresca verso l’uno per cento (spinta dal petrolio che è cresciuto del 20 per cento da novembre 2016 dopo l’accordo tra i paesi produttori), mentre non sono in vista ragioni di inversione della tendenza al ribasso nella dinamica dei salari.

Il Punto

Sarebbe un autogol l’abbandono del Nafta promesso da Trump. Dopo 22 anni di libero scambio, Usa, Messico e Canada sono diventati i migliori clienti l’uno dell’altro per export e import. E le aziende americane (incluse quelle che fanno autoveicoli) creano valore nei tre paesi senza riguardo ai confini.
Mario Draghi ha correttamente ricordato che un paese in uscita dall’euro dovrebbe regolare integralmente le attività e le passività della sua banca centrale verso la Bce. Bankitalia ha un saldo negativo per 355 miliardi, mentre la Bundesbank è a credito per 754. Sono i pagamenti tra banche che transitano – attraverso gli istituti centrali che formano l’Eurosistema – per circa 2 mila miliardi di euro ogni giorno sulla piattaforma Target 2. Un meccanismo tecnico che proviamo a spiegare. E che regge senza contraccolpi fintanto che esiste la moneta unica.
A dicembre si è invertita dopo 43 mesi la forbice salari-prezzi: +0,4 per cento la crescita degli stipendi, +0,5 quella dei prezzi (rispetto a dicembre 2015). Una piccola differenza destinata ad ampliarsi nel 2017, con il ritorno dell’inflazione all’1 per cento e l’ulteriore rallentamento delle retribuzioni.
Ha acceso un vivace confronto il punto di vista del presidente dell’Inps Tito Boeri secondo il quale la manovra pensionistica nella finanziaria 2017 fa aumentare il debito implicito e perciò scarica gli oneri sulle generazioni future. C’è chi concorda con questa tesi, con motivazioni anche di equità attuariale e redistributiva. E c’è chi – come la Ragioneria generale e la Commissione Ue – considera il concetto di debito implicito un criterio di valutazione astratto perché, mentre si alternano le generazioni, cambiano i governi e spesso le riforme. Mettiamo le opinioni a confronto.
Parlando di cooperazione allo sviluppo, meglio gli aiuti di programma (cioè al bilancio degli stati) o quelli a progetto? Più misurabile l’impatto dei secondi. Ma la prima modalità di intervento, se si riescono a evitare corruzione e sprechi, ha un maggiore potenziale di coinvolgimento del paese ricevente.

Un commento di Alfredo Del Monte  all’articolo di Piero David “Referendum: il ‘no’ cambia da Nord a Sud”.

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Il Punto

Il neo-presidente Trump accusa la Cina di manipolare il cambio delle valute. Sbaglia. Il relativo deprezzamento dello yuan rispetto al dollaro non è frutto delle politiche di Pechino. Deriva piuttosto dal ruolo di assicuratore dei portafogli mondiali svolto dalla moneta Usa.
Risorge la Sen, Strategia energetica nazionale, rimasta quasi lettera morta dal 2013 e adesso in parte superata. Giusto riproporla, tenendo conto di vari elementi di novità: il proliferare di imprese private nel settore, i vincoli europei, l’altalena dei prezzi, lo sviluppo tecnologico.
Con l’Italicum si può votare subito, dice la Consulta che boccia il ballottaggio e mantiene il premio di maggioranza per chi prende almeno il 40 per cento dei voti. Problemino: la coesistenza tra il Consultellum così disegnato per la Camera e il proporzionale senza premio di maggioranza vigente al Senato.
Le polemiche sui rifugiati offuscano i numeri veri dell’immigrazione in Italia. I profughi sono 175 mila mentre gli stranieri regolari sono 5 milioni. Il saldo tra quanto beneficiano dal welfare e quanto pagano di tasse è positivo, per le casse dello stato, tra 1,8 e 2,2 miliardi di euro. Ma in Tv si sente dire che approfittano di noi.
A lungo è prevalsa la convinzione che il made in Italy a basso contenuto tecnologico bastasse a garantire benessere. Così ci ritroviamo un’industria manifatturiera in affanno rispetto al resto dell’Europa. Diventa cruciale recuperare il divario tecnologico, specie per le Pmi. Il programma Industria 4.0 cerca di farlo.
La rigida applicazione del patto di stabilità interno ha portato gli enti locali a tagliare drasticamente gli investimenti (-17 miliardi rispetto al 2009). Ora le varie iniziative legislative del passato governo danno maggiori spazi di azione, ma finanziare il necessario rilancio delle spese in conto capitale rimane difficile.

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Rapporto sulle spese fiscali

Il Punto

Il mercato del lavoro nel 2016 – in 11 mesi su 12 – ha messo a segno un aumento di occupati. Tutti posti di lavoro dipendente il cui livello è ritornato ai massimi del fatidico 2008. La decontribuzione ha funzionato sul 2015, mentre per l’anno appena finito si è risolta in un regalo a chi avrebbe assunto comunque. I voucher hanno avuto una larga diffusione. Così larga da far pensare ad abusi. Ma hanno una loro funzione: è il caso di rivederne le regole piuttosto che abolirli come chiede la Cgil. Delimitarne l’uso senza incoraggiare il sommerso è difficile.
Arriva la pronuncia della Consulta sulla costituzionalità dell’Italicum. E apre nuovi scenari sul sistema elettorale con cui andremo a votare. Complicata la ricerca di un accordo dall’assetto tri-quadripolare del sistema politico e dalla presenza di piccole formazioni fortemente ostili alle soglie di sbarramento.
Il ricco contribuente estero che prende la residenza in Italia può versare 100 mila euro per estinguere ogni pretesa del fisco italiano sul suo tesoretto estero. Così per 15 anni. Lo stabilisce la legge di bilancio 2017 che introduce questa imposta sostitutiva e forfettaria. In forte odore di incostituzionalità e di dumping fiscale.
Nella nomina degli organi societari delle quotate da qualche tempo c’è la tendenza degli investitori istituzionali a votare le liste proposte dai soci di maggioranza. Un’astuzia per svolgere un ruolo di governo-ombra delle imprese? O un riconoscimento agli amministratori che si mostrano più trasparenti e aperti?
Confermati, nella legge di bilancio 2017, i tradizionali incentivi fiscali per la ristrutturazione di immobili.  Per favorire la sostenibilità ambientale e la sicurezza – anzitutto antisismica – delle case. Un’analisi fatta sul territorio toscano individua gli elementi che incoraggiano o meno a mettere in cantiere questi interventi.

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La Commissione antimafia e la criminalità al Nord

Le mafie oramai sono un problema di tutto il paese, non solo di una parte. In questi anni, grazie alle inchieste della magistratura e al lavoro della Commissione parlamentare antimafia, infatti, abbiamo capito un po’ meglio non solo che le mafie al Nord ci sono (in particolare la ‘ndrangheta) ma anche che sono molto aggressive e che fanno di tutto per non farsi vedere per non creare allarme sociale, favorendo così una forte sottovalutazione del fenomeno.
Gli studi mostrano una criminalità organizzata che è cambiata rispetto all’immagine che abbiamo in mente e molto diversa dagli stereotipi che spesso vengono diffusi anche dai mass media.
Le inchieste riguardanti i territori di Lombardia ed Emilia, fanno vedere che non c’è soltanto una mafia che dà l’assalto agli appalti pubblici e la criminalità è insediata al Nord non più solo per riciclare il denaro ma prevalentemente perché vuole penetrare nell’economia legale, vuole entrare nelle imprese e governarle, cercando così di condizionare il mercato. In questo, sempre più spesso, si trovano coinvolti anche il mondo dei professionisti e dei colletti bianchi, che arricchiscono le mafie intervenendo sulle fatturazioni.
La magistratura, in questi anni, ha dato colpi consistenti alle mafie al Nord ma la lotta alla mafia non può essere un compito delegato soltanto alla magistratura, alle forze dell’ordine o alla politica ma anche le imprese e il mondo delle professioni devono alzare il livello di attenzione e fornire il loro contributo su questo fronte, denunciando ogni anomalia che riscontrano.
La città di Milano, in questi anni, ha saputo distinguersi in positivo sul fronte della legalità.
Solo qualche anno fa, parlare di mafia a Milano era un elemento di contrasto con alcune istituzioni mentre da un po’ di tempo a questa parte si è smesso di dire che qui “la mafia non esiste”. A Milano e nella sua area metropolitana la mafia c’è e la stiamo affrontando.
È giusto anche sottolineare che a Milano si è costruito un modello di intervento con Expo, basato su una collaborazione inter-istituzionale, che è stato poi esportato per altre grandi opere.
Con Expo, infatti, si è creato un coordinamento tra tutte le forze dell’ordine, sono stati istituiti dei protocolli per gestire le modalità degli interventi e l’accesso ai cantieri per i controlli e, di fatto, si sono poi bloccate con una numerosa serie di interdittive i tentativi di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata.
A quel modello, che ha esordito per la prima volta a Milano e che, comunque, è sicuramente ancora migliorabile, oggi tutti fanno riferimento per fare da scudo contro le infiltrazioni della criminalità organizzata e garantire la trasparenza.
Nel Comune di Milano, inoltre, si sono sperimentati una serie di meccanismi e iniziative per mettere il Comune stesso e la sua struttura al riparo da quegli episodi corruttivi che, invece, purtroppo, hanno contraddistinto la vita di altri comuni del nostro paese.
Con la Commissione parlamentare antimafia siamo stati a Milano più volte per verificare la situazione delle inchieste in corso.
Nel corso dell’ultima recente visita, tra le tante problematiche affrontate, abbiamo portato all’attenzione delle forze dell’ordine e della prefettura le preoccupazioni riguardanti alcune vicende che hanno coinvolto le amministrazioni di alcuni comuni dell’hinterland.
Da tempo, infatti, in Commissione Antimafia si è fatto un ragionamento anche sul rapporto tra mafia e politica. Sicuramente ai partiti spetta il compito di alzare la soglia dell’attenzione rispetto a certi fenomeni ma c’è anche un ragionamento che devono fare i cittadini, decidendo di porre la questione della legalità al centro, quando scelgono i propri rappresentanti.
Sulla lotta alle mafie, quindi, c’è bisogno del contributo di tutti.
Nel corso degli anni, grazie al lavoro della Commissione antimafia, grazie a chi lavora sul campo, alle associazioni che si occupano di questo tema, alcuni provvedimenti efficaci sono stati presi.
L’Italia è lo stato che ha la miglior legislazione antimafia del mondo ma purtroppo ha anche delle mafie forti.
La criminalità organizzata, nel tempo, cambia strategie, si evolve e le leggi per contrastarla vanno aggiornate di conseguenza.
Per questo, il percorso di collaborazione che si sta facendo tra la Commissione antimafia e le università italiane è molto importante e ha l’intento di costruire un lavoro comune utile a fornire gli strumenti e le competenze per saper riconoscere il fenomeno mafioso e contrastarlo.
Recentemente, l’Università degli Studi di Milano ha presentato il primo dottorato di ricerca in studi sulla criminalità organizzata. Si tratta di un’importante iniziativa, concretizzatasi anche grazie a Nando Dalla Chiesa, fortemente voluta dalla Commissione parlamentare antimafia (che ha messo a disposizione dei ricercatori la propria documentazione, acquisita nel corso degli anni) e dalla Conferenza nazionale dei rettori. È la prima iniziativa in Italia di questo genere, che si avvale della collaborazione di più istituzioni e Università e che consentirà di formare i giovani per renderli consapevoli dei fenomeni mafiosi. Essi saranno risorse di cui abbiamo bisogno per contrastare più efficacemente le mafie e, spero, per il futuro – come diceva Falcone – anche di batterle.

Sen. Franco Mirabelli, Capogruppo Pd in Commissione Parlamentare Antimafia

Il Punto

Si arriverà a una commissione parlamentare d’inchiesta su Mps. La novantunesima della serie nella storia della Repubblica. Per qualcuno si tratta di produzione di carte a mezzo carte. Per altri sono importanti strumenti di monitoraggio della vita pubblica. La loro efficacia dipende molto da come sono composte.
Rompendo finalmente gli indugi, la signora May ha enunciato i suoi 12 punti fissi alla base del negoziato per la Brexit. Chiara a parole, nel dettare le condizioni alla Ue. Ma confusa nel rivendicare tutto e il contrario di tutto nei rapporti con la Scozia, con l’Irlanda, sul ripudio della giustizia europea e anche sull’immigrazione.
Trump si insedia alla Casa Bianca e passerà dagli annunci ai fatti con la sua proposta di budget per il 2018.   Sapremo dunque con precisione come si svilupperà il suo programma dai tagli delle tasse agli investimenti pubblici, alle misure protezionistiche. I mercati finanziari calcoleranno le ricadute sull’economia reale e mostreranno se la luna di miele col nuovo presidente continuerà o no. E vedremo con quali politiche, in concreto, il tycoon cercherà di mantenere il consenso di un elettorato che ha votato uno degli uomini più ricchi d’America come portavoce degli sconfitti.
Sulla scacchiera europea dei grandi gruppi di telecomunicazioni e media, l’assalto di Vivendi a Mediaset è in un momento di stallo. Nella nostra infografica è evidente la posizione dominante di Bolloré, grande azionista di Tim e della società del Biscione. Tocca all’Agcom indicare come sciogliere il legame perverso.
Continua a crescere da oltre 30 anni la disuguaglianza tra ricchi e poveri nei paesi industrializzati. Per l’Ocse non è solo questione di come la si divide ma anche di quanto grande diventa la torta. La mancanza di equità crea tensioni sociali, riduce le risorse delle famiglie a basso reddito e sfavorisce l’accumulazione di capitale umano. Della qual cosa poco si cura la politica italiana. Dei costi di benessere delle disuguaglianze si era occupato fin dai primi anni ‘70 Anthony Atkinson, il grande economista che ci ha lasciati in questo inizio d’anno e che ancora una volta ricordiamo sulle nostre pagine.

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Se Bolloré vuole pigliar tutto

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L’infografica mette in evidenza le partecipazioni di Vivendi in Mediaset e in Tim. Il gruppo di Bolloré ha rastrellato il 28,8 per cento nel capitale della società del Biscione (29,9 per cento dei diritti di voto per effetto delle azioni proprie della società) ed è dunque a un passo dalla soglia dell’Opa obbligatoria. Ma non si arriverà a questa operazione se l’Agcom – autorità per le telecomunicazioni – la riterrà giuridicamente impraticabile. Già ora, infatti, Vivendi sembra occupare una posizione dominante nel mercato delle telecomunicazioni e dei media in Italia secondo le regole del Sic, il Sistema integrato delle comunicazioni creato dalla legge Gasparri. L’Agcom ha tempo fino al 21 aprile per ufficializzare queste conclusioni e indicare le strade percorribili per sciogliere il nodo tra queste società se arriverà alla conclusione che non è ammesso dalla legge.

Il Punto

Mentre da Bruxelles arriva la richiesta di manovra correttiva e il rating del debito italiano torna ad abbassarsi, i mercati non reagiscono negativamente perché sanno che la Bce ci copre le spalle. Meglio rafforzare le aperture di credito aggiustando i conti con una vera spending review.
Troppo vaghe le nuove linee guida delle autorità finanziarie europee – in arrivo a breve – sui requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza dei vertici delle banche. Si rischiano interpretazioni molto varie perché il senso dell’etica è ben diverso tra Berlino, Stoccolma, Atene, Roma e Lussemburgo.
Trump abbandonerà Wto e Nafta, come promesso agli elettori americani? Per il diritto internazionale può farlo: i due trattati prevedono l’uscita con procedure più semplici che nel caso della Brexit. Il rischio è una guerra commerciale che lascerebbe sul terreno – è stato stimato – 4 milioni di posti di lavoro Usa. In buona parte proprio quei lavoratori che sono stati conquistati dal programma protezionistico del tycoon.
Ricercatori di un’università californiana hanno inviato un articolo palesemente artefatto a un gran numero di riviste che si dichiarano “scientifiche”. Il 16 per cento di queste l’ha rifiutato, mentre l’84 per cento l’ha accettato senza alcuna revisione. E una ricerca dice che queste pubblicazioni truffaldine sono diffuse anche in Italia.
Alla fine, le province sono vive o no? Domanda legittima. Con le modifiche apportate dalla legge Delrio e la loro mancata abrogazione via referendum, rimangono sulla carta (costituzionale). Prive di obiettivi di interesse generale e limitate a compiti di sportello come quelli delle Camere di Commercio.

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