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Categoria: Rubriche Pagina 127 di 255

Il Punto

Siamo quasi al giorno del referendum e continuiamo il confronto su uno dei temi utilizzati nella campagna: il taglio dei costi della politica. Un primo nostro calcolo indicava 161 milioni. Un altro autore ha contato 500 milioni. Vediamo le ragioni di tanta differenza e una nuova stima che abbassa i risparmi a 130 milioni. Una parte degli elettori può essere invece impressionata dagli scenari apocalittici in caso di vittoria del “no” prefigurati per l’Italia anche da autorevoli fonti internazionali. In ogni caso, il voto avviene in condizioni di sostenibilità del nostro debito molto diverse da quelle del 2012. Ad agitare la vigilia del referendum per i mercati cade anche il termine per i detentori di obbligazioni subordinate di Monte dei Paschi: devono decidere se aderire all’offerta di convertirle in azioni della banca. Un insuccesso dell’operazione affonderebbe Mps. Altro tema importante del voto popolare è la stabilità politica. Il passaggio al (quasi) monocameralismo su cui si vota domenica prossima potrebbe allungare la vita dei governi. Forse non è la soluzione definitiva né – tecnicamente – la migliore. Ma aiuta.
Indagine per falso in bilancio, buchi contabili, azione che vale un diciottesimo rispetto a nove anni fa: il momento inglorioso dell’editrice del Sole 24 Ore non è dovuto solo alla crisi del settore ma anche e soprattutto a gravi difetti di gestione, trasparenza e capacità imprenditoriale.
Candidato ufficiale della destra francese, François Fillon è ora il favorito nella corsa all’ Eliseo. Liberista in economia e poco liberale in altri campi, è amico di Putin, contrario all’adozione da parte delle coppie gay e favorevole al divieto del burkini. Può sottrarre voti alla Le Pen ma perderne tra la borghesia repubblicana.
Perché la Consulta ha “bocciato” la riforma Madia della Pa? In realtà di incostituzionale c’è solo un dettaglio: la legge è in contrasto con la Carta dove, sul solo piano procedurale, ha previsto il parere non vincolante (e non l’intesa) con le regioni. Qualcuno nel governo e tra i tecnici ha peccato di leggerezza.

Dopo il commento di Tommaso Nannicini e Stefano Gagliarducci all’articolo “Se la valutazione si fa con i fichi secchi”, una replica degli autori Alberto Martini, Barbara Romano e Ugo Trivellato.

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Il Punto

Quanto scendono i costi della politica a seguito della riforma costituzionale oggetto del referendum del 4 dicembre? In un articolo precedente abbiamo stimato un totale di 161 milioni. In quello che pubblichiamo oggi il calcolo salirebbe fino a circa 500 milioni. Una bella differenza, su cui continueremo a discutere.
Con la riforma i consiglieri regionali e i sindaci avranno il Senato tutto per loro ma vedranno insieme sancito il processo di ri-centralizzazione già in atto. Alle regioni finanziariamente virtuose, però, lo stato potrà dare più autonomia rispetto alle altre. Sfuggono a questo principio (almeno temporaneamente) le regioni a statuto speciale e le province di Trento e Bolzano. Lì la riforma si applicherà solo dopo la modifica dei loro statuti, “d’intesa” con lo stato. Di fatto è un potere di veto sulle materie di loro competenza. Ingiustificato.
Cosa farà dei conti pubblici Donald Trump? Pare che “per rendere l’America di nuovo grande” il futuro presidente ricorra al taglio delle tasse, anche se non sono certo esclusi aumenti di spesa. In ogni caso, l’espansione sarà finanziata a debito nella speranza – tutta da dimostrare – che ciò rinvigorisca la crescita di lungo periodo. Il possibile mutamento di rotta dell’amministrazione Trump sull’ambiente ha trasformato la conferenza di Marrakech – in teoria un nuovo passo verso la riduzione delle emissioni di CO2 – in uno sterile esercizio. A una settimana dalla conclusione nessuno ricorda più nulla dei suoi risultati.
È legge il decreto fiscale che dovrebbe rafforzare la lotta all’evasione. Per ora, malgrado i 14,9 miliardi di riscossione record vantati dal premier, ci sono segni di indebolimento dell’attività, sia dal lato dei controlli che di quello degli incassi. A meno che non si classifichino come un successo i ritardati versamenti indotti dalla crisi.
È insufficiente a una vera trasparenza la tracciabilità dei pagamenti nei subappalti. Per ripulire il sottobosco in cui vegetano corruzione ed evasione occorre che la fattura elettronica sia imposta anche per i rapporti fra privati che riguardano le opere pubbliche. A cominciare dalla ricostruzione post-terremoto.

Tommaso Nannicini, sottosegretario alla Presidenza del consiglio, e Stefano Gagliarducci, consigliere economico del Presidente del consiglio, entrambi nel Comitato strategico per il contrasto alla povertà educativa (il primo ne è presidente), commentano l’articolo di Martini, Romano e Trivellato “Se la valutazione si fa con i fichi secchi”.

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Palazzo Chigi sulla povertà educativa*

di Tommaso Nannicini e Stefano Gagliarducci

Ringraziamo gli autori dell’articolo sia per il supporto all’iniziativa sul contrasto alla povertà educativa sia per gli spunti critici, che sono senz’altro uno stimolo a migliorare un percorso di sperimentazione appena avviato. Ne approfittiamo per rispondere nel merito della principale questione sollevata, ossia la scarsità dei fondi allocati per la valutazione empirica degli interventi.
In verità, non sono del tutto assenti esempi internazionali, come ad esempio il J-Pal (The Abdul Latif Jameel Poverty Action Lab) dell’Mit (Massachusettes Institute of Techology), in cui i gruppi di ricerca si fanno carico dei costi di valutazione. Questo non solo perché animati da spirito solidaristico, ma soprattutto perché in cambio ricevono la possibilità di disegnare l’implementazione delle politiche (nel nostro caso, progetti fino a 3 milioni di euro) in maniera sperimentale o quasi-sperimentale, con evidenti ritorni in termini di qualità scientifica e pubblicazioni internazionali. Non solo, avere accesso a disegni sperimentali di questo tipo, come nel caso di randomized controlled trials, può aumentare le possibilità di accedere a finanziamenti internazionali alla ricerca, in un’ottica di matching funds che è anche uno dei cardini dell’iniziativa. In un mercato caratterizzato da forti asimmetrie informative, contenere le spese dirette ascrivibili alla valutazione empirica può essere un modo per selezionare questo tipo di ricercatori, interessati all’originalità della metodologia di valutazione prima di ogni altro fattore.
Detto questo, ci rendiamo conto che gli interventi finanziati dal Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile saranno su larga scala, e non tutti i gruppi di ricerca necessari a valutare l’elevato numero di progetti messi in campo potrebbero avere le risorse economiche di J-Pal, indipendentemente dalle proprie capacità scientifiche. Per questo motivo, sul sito conibambini.org, è stata pubblicata una nota interpretativa sul bando in cui si esplicita quanto forse prima era poco chiaro: in aggiunta al rimborso spese di missione nel limite del 2 per cento del budget, “la coerenza e la congruità di eventuali altre spese, relative a risorse umane e acquisto di beni e servizi funzionali alla valutazione di impatto, saranno esaminate in sede di istruttoria”. Questo proprio per dotare tutti i gruppi di ricerca delle risorse necessarie, ad esempio, alla somministrazione di questionari, al reclutamento di assistenti alla ricerca, o più in generale alla raccolta dei dati.
Speriamo che questa risposta abbia chiarito almeno parte dei dubbi degli autori.

*Tommaso Nannicini è Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Presidente del Comitato strategico per il contrasto alla povertà educativa.
Stefano Gagliarducci è Consigliere economico del Presidente del Consiglio e componente del Comitato strategico per il contrasto alla povertà educativa.

 

La replica degli autori
Restano i dubbi sulle risorse per la valutazione

di Alberto Martini, Barbara Romano e Ugo Trivellato

Ringraziamo Tommaso Nannicini e Stefano Gagliarducci per i commenti. Conosciamo abbastanza bene J-Pal: 143 professori affiliati a 49 università; 793 randomized control trial, completati o in corso, in 72 paesi; il sostegno di ingenti donazioni. Si colloca però su un’altra scala rispetto ai centri di ricerca che potranno essere coinvolti nel programma di contrasto della povertà educativa minorile.
Il nostro iniziale spunto critico ha riguardato l’immotivato vincolo a utilizzare i fondi destinati alla valutazione per rimborsi spese. La spiegazione di Nannicini e Gagliarducci non ci ha convinti del tutto. Abbiamo quindi letto con piacere la nota interpretativa pubblicata sul sito conibambini.org, che lo allenta.
Più in generale, quella del Fondo per la povertà educativa potrebbe essere un’esperienza importante per cambiare il rapporto tra politici e produttori di evidenza empirica, oggi largamente improntato ad altisonanti dichiarazioni dei primi seguite da piatte descrizioni da parte dei secondi. Appunto, potrebbe. Restano peraltro alcuni aspetti nebulosi e qualche perplessità.

  1. I due bandi richiedono che “ciascun ‘soggetto proponente’ si doti già in ‘prima fase’ di una strategia di valutazione, indicando nel partenariato un soggetto con comprovata esperienza nel settore. […] Nel caso in cui non riesca a identificare autonomamente soggetti con tali competenze, sarà predisposto un elenco di soggetti idonei”. Come avverrà l’accreditamento dei centri di ricerca non è però detto. Quali criteri saranno adottati? Saranno ammissibili centri di ricerca non italiani? Si tratta di informazioni essenziali, che è bene siano rese pubbliche tempestivamente.
  2. Vi sono parecchie differenze fra le iniziative che possono essere incluse nei progetti rispettivamente per i bandi 0-6 e 11-17 anni. Alcune sono comprensibili; altre meno. Un solo esempio: i conditional cash transfer (che sono stati uno dei cavalli di battaglia di J-Pal) sono previsti soltanto per i bandi 0-6 anni. Una banale svista o una scelta motivata?
  3. La nota interpretativa prevede che, al di fuori del tetto del 2 per cento, “la coerenza e la congruità di eventuali altre spese, relative a risorse umane e acquisto di beni e servizi funzionali alla valutazione di impatto, [sia] esaminata in sede di istruttoria”. Ci domandiamo: non sarebbe più saggio restare entro un tetto, forse elevato al 3-4 per cento, e richiedere un argomentato dimensionamento del finanziamento richiesto e un’argomentata ripartizione delle spese, in relazione al disegno dell’intervento e della sua valutazione?
  4. La nota conclude così: “Non potranno, comunque, essere previsti rimborsi o compensi per le attività di valutazione svolte successivamente alla conclusione del progetto”. Il progetto consta del solo intervento? Oppure comprende la valutazione d’impatto, che può svolgersi pienamente soltanto a intervento compiuto, quindi comporta costi anche dopo la sua conclusione? Sfortunatamente, i due bandi sono chiari: il centro di ricerca coinvolto “si [farà] carico di valutare l’andamento, i risultati conseguiti al termine delle attività e gli impatti raggiunti due anni [dopo]”. Quanto sia importante valutare l’impatto di un intervento anche diversi anni dopo la sua conclusione, lo mostra un esempio estremo: nel Perry Preschool Projectun randomized control trial su 123 bambini afro-americani di 3-4 anni a rischio di fallimento scolastico – gli effetti di essere stato assegnato a un programma di formazione pre-scolastica di elevata qualità, invece che esserne escluso, sono stati valutati seguendo quei 123 bambini oltre i 40 anni di età.

Perché salgono i tassi in Europa e in Italia

Mese dopo mese, la divergenza tra la politica monetaria americana e quella europea continua ad ampliarsi. Se da un lato la Bce prosegue nella sua azione di stimolo, senza annunciare nuove misure ma nemmeno ipotizzando un’inversione di marcia, dall’altro la Fed, con le parole della Yellen che hanno seguito a stretto giro l’elezione di Trump e con le ultime decisioni adottate, conferma che il progressivo rialzo dei tassi non è più un orizzonte così lontano. Non sorprende, quindi, che anche i mercati reagiscano a questa prospettiva.

Nel grafico sono rappresentati i rendimenti dei titoli del debito sovrano di Germania, Francia e Italia (scadenza a 10 anni).
È facile osservare come, approssimativamente da metà ottobre, tutti i rendimenti qui considerati siano aumentati, invertendo così un trend che, da stabile, si era addirittura fatto leggermente discendente durante l’estate.
Per quanto riguarda gli spread rispetto ai titoli tedeschi, e cioè la distanza tra le diverse serie e quella tedesca, si può notare come il differenziale dei titoli francesi si mantenga costantemente intorno ai 50 punti base. Lo spread italiano, invece, è aumentato nei mesi scorsi, forse anche per via dell’incertezza che avvolge il clima politico del paese. Tuttavia, il differenziale italiano si è leggermente riassorbito a partire dalla fine di novembre e non ha registrato nuovi picchi in seguito al risultato del referendum costituzionale.
Certo un rialzo dei rendimenti dei nostri titoli di stato potrebbe comportare qualche problema: se la già elevata spesa per il servizio del debito dovesse aumentare, infatti, si chiuderebbero ulteriormente i margini di manovra del governo e il consolidamento di bilancio si farebbe più doloroso.

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(A cura di Matteo Laffi)

Il Punto

Dalla consultazione del 4 dicembre ci si attende – lo dice il testo del quesito referendario – un risparmio di costi della politica. Stimiamo – con margini di incertezza – un risparmio massimo per il contribuente di 140 milioni due anni dopo l’entrata in vigore della riforma, e di 160 milioni a regime. Oltre all’articolo, la versione e-book di 12 pagine. Con la riforma costituzionale sottoposta al giudizio degli elettori sarebbero ammessi referendum consultivi e propositivi, una soglia più alta per le leggi d’iniziativa popolare e uno sconto sul quorum del referendum consultivo se le firme sono oltre 800 mila. Sempre su referendum e dintorni: un sistema (quasi) monocamerale genera maggiore stabilità del governo? In teoria sì. In pratica, il bicameralismo non è la sola causa dell’effimera durata media dei governi italiani, la più breve tra i sistemi parlamentari europei. Esecutivi a scadenza fanno riforme poco incisive, orientate solo agli obiettivi di breve.
Se i sondaggisti americani – che hanno sbagliato le previsioni sulle presidenziali – avessero tenuto d’occhio quello che i cittadini cercavano sui motori di ricerca, avrebbero capito meglio le tendenze dell’elettorato. Che sono sfuggite ai metodi tradizionali di indagine.
Parlando di ridurre le emissioni, bisogna partire dal fatto che i vari paesi del mondo producono CO2 in misura diseguale. C’è chi ne produce troppa rispetto alla sua popolazione (il Nord America) e chi – come l’India – ne produce meno di quanto potrebbe “permettersi”. In mezzo la Cina che inquina suppergiù in linea con la sua demografia. Il secondo di tre articoli.
Nel bilancio dell’ultimo periodo di programmazione dei fondi europei ancora una volta l’Italia si è mossa come un elefante tra i cristalli. Progetti e pagamenti in ritardo, rischio di perdere i finanziamenti e, dove ci sono stati risultati positivi, contributo modesto alla crescita. Per il futuro serve attenersi a regole più rigorose.

Marisa Civardi risponde ai commenti al suo articolo “Referendum costituzionale bocciato dal metodo statistico

Referendum e regole statistiche

Ringrazio i lettori che hanno commentato il mio articolo “Referendum costituzionale bocciato dal metodo statistico” e rispondo.
Mi spiace ma non sono stata in grado di capire il commento di Roberto, tranne ovviamente le ultime sei parole che sono chiarissime. Penso tuttavia che Roberto possa convenire che con la consultazione referendaria, anche se è “un procedimento stabilito per legge” di fatto viene condotta un’indagine per rilevare il giudizio (se gli dà fastidio parlare di atteggiamento) degli elettori sulla legge costituzionale. Sotto il profilo della metodologia statistica il tema che mi proponevo di affrontare era quello delle regole che dovrebbero essere rispettate da chi progetta un’indagine (il legislatore che decide, come lo chiama Guido). Non posso quindi essere d’accordo con Henri Schmit che, sostenendo che “è chi pone la domanda che decide su che cosa si decide” (il che è vero), afferma che “non si misura ma si decide”. Infatti con il referendum si misura quanti votanti approvano quello che è stato deciso e quanti lo rifiutano. Gli elettori cioè sono solo i soggetti sottoposti a osservazione ma ad essi deve essere comunque assicurato il diritto della libertà di voto, cioè il diritto di esprimere correttamente la loro accettazione o il loro rifiuto delle singole modifiche apportate alla costituzione vigente, ed è della verifica di come, e quando, questo diritto sia stato assicurato che l’articolo si occupa.
L’affermazione di Guido: ”è il legislatore che decide” è corretta ma troppo semplicistica. Infatti l’iter per arrivare ad indire il referendum è articolato e a ogni passo, al fine di assicurare il diritto di cui sopra, sarebbe stato possibile innescare un processo di modifica della decisione iniziale del Governo (il primo decisore) che ha proposto il titolo della legge costituzionale sapendo che, in base alla normativa, quello sarebbe stato il testo dell’eventuale referendum. In primo luogo lo avrebbe potuto fare il Parlamento che però non aveva la “forza” di modificarlo ma che, avendo votata la legge con una maggioranza inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, ha reso possibile la raccolta di firme perché si procedesse al referendum popolare. In secondo luogo l’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte suprema di Cassazione, che con le ordinanze (del 6 maggio e dell’8 agosto 2016) ha dichiarato legittime e ammesse le richieste di referendum popolare svolgendo unicamente un ruolo di tutela generale dell’ordinamento. In terzo luogo il Presidente della Repubblica che però, a quel punto non poteva far altro che emanare la legge. Da ultimo la giudice del tribunale di Milano che ha respinto il ricorso di impugnazione (con una motivazione in linea con quanto scritto da Enrico Rettore) guidata probabilmente anche da “motivi di convenienza politica-organizzativa”, come scrive Michele Lalla a proposito della scelta di proporre il quesito non “spacchettato”.

Il Punto

Ai detentori di obbligazioni subordinate del Monte dei Paschi la banca offre la conversione in nuove azioni. Sulla carta a condizioni vantaggiose che però valgono solo se ci sono abbastanza volontari. Altrimenti ci sarà la conversione forzata. Unici sicuri vincenti gli istituti del consorzio guidato da JP Morgan e Mediobanca.
Ha ragione il sindaco di Milano Sala a chiedere rinforzi per l’ordine pubblico? Guardando i dati sulle denunce si vede che la città è nelle prime posizioni per omicidi e rapine. E se la criminalità non è aumentata con l’arrivo di stranieri e profughi, il loro frequente coinvolgimento in furti e borseggi è un problema che la politica non può ignorare.
La legge di bilancio 2017 include 270 milioni annui aggiuntivi per i migliori dipartimenti universitari statali. Una commissione ne individuerà 180 sugli 814 esistenti nei nostri atenei. Due ostacoli a una selezione equa e corretta: i dipartimenti sono tutt’altro che omogenei, sia per temi di ricerca sia per dimensioni. In più, il criterio di valutazione è definito in modo fumoso. Si è però in tempo per correggere le regole di distribuzione di queste cospicue risorse e non creare due categorie arbitrarie di eccellenti e di bocciati.
Dall’Ape (anticipo pensionistico) alla possibilità di cumulo dei contributi versati a casse diverse, all’estensione di quattordicesima e “no-tax area” vediamo le misure sulla previdenza previste dalla legge di bilancio 2017 in discussione in Parlamento. E perché la loro copertura finanziaria non convince.
Inaspettatamente, nell’ultimo anno il numero dei matrimoni in Italia è cresciuto. Per la prima volta dall’inizio della Grande crisi, quando chi aveva in progetto di sposarsi tendeva a rimandare. Questo dato positivo può quindi essere letto come inizio dello scongelamento delle scelte? Sì, ma con cautela.

Il Punto

Se Trump presidente confermerà la sparata di Trump candidato “Il riscaldamento globale è una bufala”, il difficile cammino degli accordi per la riduzione del carbonio subirà un brusco stop.  Ripercorriamo i termini del problema partendo dalle responsabilità dei diversi paesi. Il primo di tre articoli.
Nel terzo trimestre il Pil è tornato a crescere: un buon +0,3 per cento sul secondo trimestre, con un +0,9 sull’anno precedente. Ma per centrare l’obiettivo prefissato del +0,8 sul 2016, sarà meglio farci in anticipo gli auguri di un buon Natale (di spesa).
La riforma costituzionale su cui si voterà in dicembre estende l’immunità parlamentare propria dei parlamentari a consiglieri regionali e sindaci che entreranno nel nuovo Senato. Nata come giusta garanzia per tutti i legislatori, nel tempo si è trasformata in privilegio. Un istituto da ripensare.
Il quesito referendario, quantunque confermato nella sua validità da sentenze della magistratura, risulta tuttora poco comprensibile ai più. Per il significato politico di cui è stato caricato (prima di tutti dal premier ma non solo lui) non sarà nemmeno utile come esperimento statistico per capire le preferenze degli elettori.
Per ottimizzare le consegne al consumatore (tipico il caso di Foodora) un algoritmo organizza il lavoro di fattorini con contratti precari e bassi compensi. È la gig economy, versione aggiornata della catena di montaggio tayloristica. Si diffonde sempre più ed è il momento di introdurre qualche regola.
Sono 300 milioni i contributi che lo stato deve alle persone disabili per la rimozione delle barriere architettoniche. Ma per il rifinanziamento dell’apposito fondo non c’è nemmeno un euro nella legge di bilancio 2017, dove pure i finanziamenti a pioggia (ad esempio ai diciottenni) non mancano.
Nei bandi del fondo per il contrasto alla povertà educativa viene data grande attenzione alla valutazione di impatto di progetti. Ma non è una cosa seria perché gli esperti valutatori verranno compensati con rimborsi spese documentati fino ad un massimo del 2 per cento del contributo assegnato al progetto.

Torna a crescere il Pil, come in Europa

Il Punto

Obama lascia a Donald Trump un’America che cresce del 2 per cento e una disoccupazione sotto il 5 per cento. Ai molti americani scontenti il neo-presidente Usa ha promesso più infrastrutture e forti tagli di tasse, che faranno salire la domanda interna ma anche il debito pubblico e il disavanzo commerciale.
Abolito (o quasi) in Italia il finanziamento pubblico ai partiti da oltre 20 anni, torna in auge in altri paesi. Dove si pensa invece di vietare le donazioni private sostituendole con finanziamenti statali. Qual è il modello più trasparente? Qualche indicazione utile dal caso della piccola Lituania.
Sempre più fumatori passano alla sigaretta elettronica. Uno studio mostra che a usare la “e-cig” sono soprattutto i consumatori più abbienti e più istruiti. In ogni caso, sarebbe bene che le autorità sanitarie ne chiarissero meglio gli effetti potenziali.
Le proteste dei fattorini Foodora riaccendono un faro sul lavoro falsamente autonomo e senza garanzie. Il Jobs act ha mandato in soffitta i contratti co.co.co. e torna alla grande una forma di rapporto ben nota: la finta partita Iva. Vediamo perché i tentativi di estendere qualche tutela a queste figure non sono riusciti.

 

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