a cura di Luca Riva (gruppo Checkmate) e in collaborazione con Link Tank
Abbiamo analizzato alcune affermazioni su spread, debito pubblico e dintorni utilizzando i dati Banca d’Italia sui risultati dei collocamenti dal 2008 a oggi.
Mario Monti, Lo Spoglio (SkyTg24), mercoledì 16 gennaio:
“Con 100 punti di spread in meno si avrà un risparmio di 20 miliardi a regime”
VERO
L’affermazione è difficile da verificare, perché di per sé lo “spread” – per esempio tra BTP italiani a 10 anni e Bund tedeschi di egual scadenza – non ha un costo definito: dato che lo spread è la differenza tra i rendimenti dei due titoli, il suo valore può aumentare sia che il rendimento sul Bund tedesco scenda più rapidamente di quello sul BTP italiano sia che quest’ultimo aumenti più velocemente.
Di conseguenza basta sostituire la parola “spread” con “rendimento” e ri-analizzare l’affermazione di Monti: il debito pubblico italiano in circolazione ammonta a 2.020,67 miliardi di euro (1), quindi se ipoteticamente potesse essere tutto rifinanziato con un rendimento dell’1% inferiore a quello effettivo si avrebbe un risparmio di 20,20 miliardi di euro. Chiaramente questa semplice previsione suppone che il livello del debito “a regime” si mantenga sui livelli attuali, mentre gli impegni europei – Fiscal Compact in primis – prevedono una riduzione significativa nell’arco dei prossimi decenni. Infine, ulteriori risparmi o aggravi di spesa possono essere causati da una modificazione della composizione del debito (durata dei titoli, emissioni a tasso fisso o variabile), parametri che sono significativamente cambiati negli ultimi vent’anni come si può vedere dal grafico (2).

Puntualizzazione: abbiamo tralasciato, per semplicità, il fatto che non tutto il debito pubblico italiano è finanziato tramite titoli emessi nelle aste competitive (i noti BOT, CTZ, BTP, CCT, indicizzati e non). Ad essere precisi, una parte non trascurabile (circa 434 miliardi di euro, pari a circa un quinto del totale) è finanziata con altri strumenti, tra cui prestiti, depositi, monete circolanti e obbligazioni di enti controllati dall’Amministrazione centrale che le regole europee fanno ricadere nel computo del debito pubblico. Alla luce di questo scarto, il beneficio del rifinanziamento complessivo del debito pubblico esistente con un rendimento di 100 punti base inferiore a quello effettivo diventa di 15,85 miliardi, inferiore di un quarto rispetto a quanto dichiarato dal Sen. Monti. In ogni caso, ci preme ribadire come un simile conteggio sia poco significativo, in quanto è difficile credere che il livello del debito pubblico si mantenga sui livelli attuali per un tempo sufficiente al suo completo rinnovo.
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Alcune precisazioni sullo spread
Di punto
il 04/02/2013
in Commenti e repliche
La febbre dello spread ha abbandonato i mercati (per il momento), ma non la politica. Non è un caso quindi che il nostro esercizio di fact-checking abbia suscitato polemiche e sia stato criticato, soprattutto su Twitter.
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