La campagna per il voto Ue poteva essere un’occasione per parlare di ambiente, una delle questioni su cui l’Europa conta di più. Invece no. Dopo le manifestazioni dietro a Greta, le piazze si sono vuotate, e così se n’è andata l’attenzione della politica e di chi potrebbe dare un contributo prezioso sul tema: imprese e sindacati.
Mentre infuriano le polemiche nella maggioranza, il governo Lega-M5s sta per compiere un anno. Come con gli altri esecutivi, analizziamo che cosa ha fatto, cosa no, cosa potrà o dovrà fare. Primo tema: il reddito di cittadinanza, che amplia molto le risorse per ridurre la povertà ma discrimina famiglie numerose e stranieri. C’è poi da accelerare la crescita che è scomparsa. E qui il decreto sbloccacantieri semplifica e sveltisce l’iter delle opere pubbliche. Con il rischio che la maggiore flessibilità nei sub appalti e l’affidamento diretto dei lavori fino a 200 mila euro (in qualche caso fino a 5 milioni) incoraggi la criminalità, attenui i controlli e peggiori le procedure di selezione.
Forse anche perché l’economia ristagna, nel Def si guarda oltre al Pil, agli indici di benessere equo e sostenibile (Bes) che rappresentano in modo più completo la salute della società. Alcuni sono strettamente correlati con il reddito, altri meno, come è naturale che sia.
Tra gli immigrati la quota di poveri è più alta in Italia che nella media Ue. Per questo beneficiano del 12 per cento degli aiuti sociali. Ma da noi c’è chi ritiene questo inaccettabile. Ma farli uscire dall’indigenza è eticamente giusto e anche economicamente conveniente.
Spargete lavoce: 5 per mille a lavoce.info
Destinate e fate destinare il 5 per mille dell’Irpef a questo sito in quanto “associazione di promozione sociale”: Associazione La Voce, Via Bellezza 15 – 20136 Milano, codice fiscale 97320670157. Grazie!
Perché non basta dire “e allora il Qe?”
Di Salvatore Nisticò
il 10/05/2019
in Commenti e repliche
L’importanza di capire cosa è moneta e cosa non lo è
Desidero ringraziare i lettori dell’articolo “Perché il QE non ha prodotto inflazione” per i commenti e le domande, molte delle quali sembrano attribuire al pezzo uno scopo più ambizioso di quello che in realtà non abbia.
L’articolo non intende, infatti, analizzare gli effetti che le misure di politica monetaria non convenzionale (di cui il Quantitative easing è l’esempio più noto) possono avere sull’economia reale, né valutarne l’efficacia nei sistemi che le hanno messe in campo (come l’Eurozona o gli Stati Uniti), né tantomeno analizzare le determinanti dell’inflazione. Sono interrogativi non solo legittimi, ma di primaria importanza, e l’analisi teorica ed empirica dei molteplici canali attraverso i quali la politica monetaria non convenzionale si trasmette all’economia reale è florida, nella letteratura economica, e ha già offerto diversi risultati (alcuni riferimenti, per l’Eurozona, sono qui e qui; per gli Stati Uniti qui e qui).
Ritengo quindi che sia improprio e impreciso trarre dalla lettura dell’articolo la conclusione che queste misure sono state inefficaci. Lo scopo, molto più modesto, dell’articolo è provare a chiarire che: i) la narrazione della banca centrale che “stampa moneta” è una sintesi tanto suadente quanto inaccurata; ii) la differenza logica tra base monetaria e moneta diventa plastica ed evidente in tempi di turbolenza finanziaria e interventi non convenzionali, ma esiste ed è importante in ogni condizione; iii) per sottoporre (legittimamente) a ulteriore scrutinio il legame di medio-lungo termine tra moneta e prezzi è necessario comprendere cosa sia esattamente “moneta” e cosa no (e quindi cosa guardare nei dati), e non è sufficiente un generico “e allora il Qe?”.