Da ministero del Lavoro e Bankitalia arrivano dati incoraggianti. Alcuni settori continuano a soffrire ma il riassorbimento della cassa integrazione procede spedito. Ora è fondamentale evitare il riacutizzarsi dell’emergenza sanitaria.
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Lo sblocco dei licenziamenti è un passaggio difficile. Richiede un monitoraggio attento e politiche che modulino intensità e durata del sostegno al reddito rispetto ai tassi di ricollocazione e al ritorno della domanda di lavoro ai livelli pre-pandemia.
I dati sull’occupazione del secondo trimestre mostrano una discreta velocità di recupero, pur restando molto negativi. Ma sul futuro pesano due incertezze: il riacutizzarsi della pandemia e le conseguenze del fortissimo ricorso alla cassa integrazione.
Non sorprende che a maggio l’occupazione sia scesa di quasi il 3 per cento. Soprattutto per il crollo dei posti di lavoro a termine. Quelli a tempo indeterminato, infatti, sono stati “congelati”. Ma si intravedono segnali di ritorno alla normalità.
I dati delle comunicazioni obbligatorie del Veneto offrono prime indicazioni sugli effetti della crisi sanitaria sul mercato del lavoro. Rispetto al 2019, peggiorano tutte le componenti della domanda di lavoro. Fermi i licenziamenti, bloccati per decreto.
Il primo bilancio su occupazione e disoccupazione nel 2019 è positivo. Restano aperte però importanti questioni strutturali: dalla dinamica salariale stagnante, che riflette i mancati incrementi di produttività, all’incidenza del lavoro a termine.
Il “decreto dignità” è del 12 luglio 2018. Quali effetti generali ha prodotto? La struttura e la dinamica dei rapporti a termine riflettono l’evoluzione della struttura produttiva italiana. E la componente di lavoro stagionale è sempre più forte.
I dati di dicembre confermano lo stallo occupazionale. Dovrebbe proseguire nel 2019: un discreto risultato, visti i segnali dell’economia. Ma ciò non significa immobilismo. All’interno della struttura dell’occupazione si registrano mutamenti significativi.
La ripresa dell’occupazione avviata nel 2014 si è fermata a maggio 2018. Cala ancora il lavoro autonomo. Mentre fra i dipendenti si registra un buon andamento delle trasformazioni da tempo determinato a indeterminato. Ma il “decreto dignità” non c’entra.
Quanti lavoratori saranno interessati dalle novità previste per il tempo determinato nel decreto dignità? E con quali effetti possibili? E va anche compreso come la nuova normativa si inserisce nella storia lunga della regolazione del mercato del lavoro.