Per i centri per l’impiego sono stati assunti più di 11 mila nuovi operatori. Peccato che abbiano competenze del tutto inadatte alle sfide del mercato del lavoro. Si amplia così il divario tra pubblico e privato nell’erogazione delle politiche attive.
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Se le aziende non trovano personale tecnico, non è colpa del reddito di cittadinanza, ma di un sistema che punta su bassi salari e contratti di breve durata. Si deve investire in servizi alle imprese e politiche attive del lavoro di medio-lungo termine.
Per funzionare bene, i Cpi dovrebbero avere un mandato chiaro, che li metta in grado di fornire servizi integrati capaci di rispondere alle molteplici sfaccettature della discontinuità lavorativa. Oggi invece svolgono spesso solo un ruolo di vigilanza.
L’attività di profilazione di Anpal permette di tracciare un identikit dei titolari del reddito di cittadinanza presi in carico dai centri per l’impiego. Sono disoccupati demotivati e con percezioni errate sulla loro situazione. Come affrontare il problema?
Il governo sembra avere una lettura semplicistica del problema povertà. Il lavoro è senza dubbio la via d’uscita principale, ma i dati ci dicono che per un numero significativo di famiglie aumentare il numero di occupati potrebbe non essere così facile.
Il reddito di cittadinanza può funzionare solo se funzionano i centri per l’impiego. E infatti il M5s pensa di dedicare più di 2 miliardi alla loro riorganizzazione. Ma non è solo un problema di risorse, vanno affrontate le questioni strutturali.
Il premier Giuseppe Conte ha – per poco – cantato vittoria. Ma in verità il vertice dei primi ministri Ue non ha risolto niente sul tema migranti. Il potenziamento di Frontex e della guardia costiera libica lascia irrisolti i grandi problemi: gestione delle frontiere, campi profughi in Africa e revisione del regolamento di Dublino. È anche proseguito il braccio di ferro sulla governance dell’Eurozona. I “nordici” vogliono ridurre i rischi prima di condividerli; i “mediterranei” esattamente il contrario. Ognuno per il proprio tornaconto. Il che limita i passi avanti su assicurazione europea dei depositi e fondo salva-stati.
Sempre sull’immigrazione, l’attivo ministro Di Maio punta il dito sull’assenza di un obbligo di rendicontazione per cooperative e società che gestiscono il nostro sistema di accoglienza. Non è così, come chiarisce il fact-checking de lavoce.info.
Molte e confuse le idee dell’esecutivo di oggi su una riforma delle pensioni che mandi in soffitta “la Fornero”. Sarebbe il venticinquesimo provvedimento dal 1995. Ennesima giravolta per accontentare tutti, cercando di cancellare il (plausibile) principio che lega l’età della pensione all’aspettativa di vita.
I dati del mercato del lavoro consegnano un finale positivo del governo Gentiloni (+114 mila occupati in maggio rispetto ad aprile e -84 mila disoccupati). Sulle politiche per ricollocare chi perde il lavoro constatiamo però che Francia e Germania spendono cinque volte più di noi. Ci vogliono più soldi. Ma c’è anche da centralizzare i centri per l’impiego, oggi sparpagliati a livello regionale.
Ha fatto notizia il premio in denaro che un imprenditore veneto ha stanziato per i dipendenti che fanno figli. È solo una delle varie forme di welfare aziendale che si sono diffuse. Grazie ad agevolazioni fiscali che saranno eliminate per finanziare flat tax e reddito di cittadinanza?
Da gennaio 2019 a Milano fuorilegge i diesel Euro 0, 1, 2 e 3. A rigore il provvedimento non è strettamente giustificato dai dati sull’inquinamento prodotto da questi motori. Avrebbe forse più senso la regola “chi congestiona paga”.
Convegno annuale de lavoce.info il 17 settembre a Milano. Save the date!
“I primi 100 giorni di populismo“ è il titolo del convegno annuale de lavoce,info. Si svolgerà la mattina di lunedì 17 settembre a Milano. È un’occasione per vederci di persona, dopo tante interazioni digitali! Presto comunicheremo luogo e programma. La prima parte dell’incontro è riservata ai nostri collaboratori e sostenitori più affezionati (quelli che ci hanno finanziato con almeno 100 euro nell’ultimo anno o cumulativamente negli ultimi tre anni. Chi vuole è ancora in tempo per fare la donazione.
Per funzionare, il reddito di cittadinanza ha bisogno di centri per l’impiego efficienti, in grado di proporre seri percorsi di inserimento al lavoro. Le risorse necessarie potrebbero essere inferiori al previsto, purché siano costanti nel tempo.
La proprietà e il controllo di Tim sono oggi contesi tra privati come Vivendi di Bolloré e il fondo Elliot e un operatore pubblico come Cassa depositi e prestiti. L’importante per i servizi tlc sarà che si realizzi la rete a banda ultralarga, integrandola con le altre infrastrutture per le telecomunicazioni.
Giorgia Meloni vorrebbe risparmi per 3 miliardi allineando la spesa per gli “immigrati clandestini” a quella per le pensioni sociali. Ma, come risulta dal fact-checking de lavoce.info, la leader di Fratelli d’Italia confonde immigrati in regola e non, pensionati sociali, asili nido e altri conti che non darebbero comunque un risparmio di quell’importo.
Due miliardi di euro è la cifra che il M5s vuole investire per rinnovare i Centri per l’impiego, un complemento del reddito “di cittadinanza” che vogliono introdurre. Facendo un po’ di conti, viene fuori che per migliorarne l’efficienza ogni anno potrebbe bastare meno della metà di tale importo.
L’accordo per l’Alcoa prevede che il 5 per cento della società vada ad un’associazione di lavoratori. Si rilancia così il confronto sulla loro partecipazione alla gestione delle imprese. Un po’ ovunque nella Ue ci sono forme di intervento dei lavoratori nelle aziende ma non esiste un modello unico. Da noi il riferimento è l’articolo 46 della Costituzione. Sempre a proposito di lavoro, la legge di bilancio 2018 prevede nuovi incentivi alle imprese per la formazione. Ma – lo svela uno studio – spesso le aziende preferiscono una forte flessibilità basata su contratti a termine con lavoratori che certo non vengono “formati”.
Sui quasi mille chilometri di ferrovia ad alta velocità nella nostra penisola il business si sviluppa a ritmi maggiori che sugli 8 mila chilometri degli altri grandi paesi europei. Probabilmente perché l’Italia è l’unico che ha aperto questo mercato alla concorrenza. E i consumatori ne apprezzano i frutti.