Le differenze normative e fiscali tra stati e la frammentazione industriale sono le cause principali del declino dell’Europa. Per facilitare la creazione di massa critica si dovrebbero sviluppare due programmi d’intervento da condurre simultaneamente.
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Negli ultimi venticinque anni le economie del Centro-Est Europa hanno fatto grandi progressi. Alcuni segnali suggeriscono però che il loro modello di crescita ha necessità di un rinnovamento, puntando su investimenti in ricerca e capitale umano.
Il rapporto Draghi offre una profonda analisi delle ragioni per la scarsa crescita Ue e dei rischi per il futuro. Le soluzioni proposte richiederebbero che l’Europa diventasse una vera federazione. Ma qualcosa si può iniziare a fare, almeno tra paesi volenterosi.
Scongiurato il pericolo razionamento, resta il problema del costo del gas. Va salvaguardata la competitività della nostra economia, perché fra sacrosante politiche ambientali e costi energetici, il rischio della deindustrializzazione definitiva è reale.
In quasi tutti i processi inflazionistici i prezzi dei singoli prodotti variano a ritmi molto differenti tra loro, con effetti sull’economia reale. Non è possibile agire utilizzando un unico strumento di politica economica, come i tassi di interesse.
Un portale, un investimento apparentemente massiccio sulla competitività, un “programma speciale” ritagliato su Roma capitale: sono gli investimenti del Pnrr per il capitolo turismo. Ma i benefici veri arriveranno da altri provvedimenti più generali.
Il trasporto pubblico locale costituisce un importante fattore di crescita e competitività dei territori. La ripresa dalla crisi avrà bisogno di un sistema efficiente, più sostenibile dal punto di vista ambientale, più flessibile e più integrato.
Dalla metà degli anni Novanta, la crescita della produttività nel Sud Europa è stata molto inferiore rispetto a quella di altri paesi sviluppati. Perché non hanno saputo approfittare della rivoluzione informatica. E la causa è un management inadeguato.
Dal punto di vista industriale, il matrimonio tra Pirelli e ChemChina ha una logica chiara. E l’obbligo di Opa è una buona notizia per il funzionamento del mercato azionario e per i piccoli azionisti. “Italianità” garantita nel breve periodo, ma poi tutto dipende dalla competitività del paese.