Nell’Unione Europea le donne hanno salari orari medi del 16 per cento inferiori a quelli degli uomini. E negli stipendi più alti il divario è ancora più marcato. Per superare la disparità di trattamento serve una presa di coscienza delle stesse imprese.
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Lo stereotipo che le ragazze siano meno brave dei maschi in matematica ha profonde conseguenze sui percorsi di studio e di lavoro delle donne. Non è la sola causa delle differenze di genere nel mercato del lavoro, ma è un atteggiamento da contrastare.
Nella giornata delle donne ricordiamo senza compiacimento i progressi graduali nella parità di genere. In Italia la differenza media nelle retribuzioni rimane superiore al 20 per cento, anche se i dati mostrano finalmente qualche crepa nel “soffitto di cristallo”, il tetto che frena l’ascesa femminile alle posizioni di vertice. Le cose da fare per ridurre i divari in famiglia, sul lavoro e nella società sono tante. La prima è quella di richiedere alle aziende di raccogliere i dati sulle differenze di genere al loro interno. Mentre sono duri a morire – specie in Italia – gli stereotipi su maschi e femmine che condizionano l’apprendimento in età scolare, tanto che a 15 anni il divario di genere in matematica è di 20 punti (contro 9 della media Ocse). All’università le differenze si confermano e si traducono nella vita professionale con retribuzioni, posizioni e mansioni lavorative meno dinamiche. Il peggio è che i luoghi comuni che permangono a scuola sono ancora più radicati in famiglia. Dove – lo dicono i dati – i genitori non fanno svolgere a bambini e bambine le stesse attività extrascolastiche.
Anche il pendolarismo casa-lavoro-casa può diventare un campo di disuguaglianza di genere in famiglia. Una ricerca documenta che un aumento del tempo di spostamento del marito (per esempio per un cambio di sede aziendale) aumenta le sue ore lavorate mentre riduce l’occupazione della moglie. Nelle imprese quotate a seguito della legge Golfo-Mosca è salita la componente femminile nei cda ed emergono effetti positivi sulla redditività quando nel Consiglio ci sono almeno due amministratrici. Sarà un caso?
Mentre il presidente della Bce Mario Draghi descrive efficacemente la situazione dell’economia europea come “una stanza buia in cui ci si muove a piccoli passi” e promette di rispolverare nuovi finanziamenti Bce alle banche che prestano, il nostro governo si arrovella fino alla crisi sulla Tav Torino-Lione. L’esigenza rimane quella di non buttare via la nostra credibilità internazionale e di non sprecare miliardi di euro in improbabili piani alternativi (senza contributi europei), penali e indennizzi.
I tempi di viaggio per raggiungere il posto di lavoro aumentano e possono scoraggiare la partecipazione al mercato del lavoro. Una ricerca mostra che particolarmente penalizzate sono le donne, anche quando gli spostamenti più lunghi riguardano gli uomini.
Cosa pensano i parlamentari di tre paesi della Ue dei grandi temi europei, dal completamento dell’Unione monetaria all’immigrazione? Un sondaggio mostra che i rappresentanti francesi e i nostri, nonostante le recenti frizioni tra governi, sono d’accordo su molte scelte, al contrario di populisti italiani e tedeschi. Aspettando l’8 marzo, guardiamo alla composizione per genere nei parlamenti nazionali e a Strasburgo. E perché c’è varietà di opinioni sulle quote rosa. Che da noi hanno funzionato nell’inserire una significativa componente femminile nei cda delle società quotate. Ora si può fare di più e meglio per aumentare la presenza di donne nel top management delle stesse aziende.
Una Brexit senza accordo tra Regno Unito e Ue a 27 sarà un lose-lose: perderanno tutti. Di più i britannici, perché sotto le regole del Wto sul loro import peseranno dazi fino al 17,5 per cento. Mentre le imprese continentali subiranno piccoli aggravi per le produzioni frammentate tra le due coste della Manica. Più seria per l’Europa, invece, la minaccia di barriere commerciali Usa sulle importazioni di auto e componenti provenienti dalla Germania. A pagare pegno non sarebbero solo i tedeschi ma tutta la filiera internazionale automobilistica, a cominciare dalle aziende italiane. Estendendo la guerra (commerciale) anche all’Europa Trump va oltre il suo obiettivo di mettere in riga la Cina per la sua concorrenza sleale e rischia di scardinare il sistema di scambi globali. Tra le due potenze, la frontiera di scontro più aspro è quella delle tecnologie, in particolare dell’intelligenza artificiale. Il cui impatto dirompente in tutti i settori riveste un’importanza geopolitica strategica. Dentro a questo quadro la Ue cerca con difficoltà di ritagliarsi uno spazio.
Ci sono più donne nel Parlamento europeo rispetto ai parlamenti dei singoli stati. Tuttavia, la partecipazione resta bassa e alcune misure, come le quote di genere, possono essere utili se coerenti col sistema elettorale di riferimento.
Sono sempre poche le donne al Forum di Davos: quest’anno solo il 22 per cento. Un riflesso della loro assenza dalle stanze dei bottoni. In Italia i progressi garantiti dalle quote di genere nei Cda si vedono. Ma non sembrano estendersi al potere negoziale delle donne in azienda. Almeno per il momento.
Sono sempre poche le donne al World economic forum (Wef) di Davos: quest’anno solo il 22 per cento dei partecipanti. Un riflesso della loro assenza dalle stanze dei bottoni del mondo. Vale anche in Italia, dove aumenta la percentuale di donne nei Cda delle quotate ma meno gli amministratori delegati. Al Wef si è parlato anche di disuguaglianza economica: 3,8 miliardi dei più poveri al mondo hanno tutti insieme un patrimonio pari alle 26 persone più ricche. Si può discutere dei numeri precisi ma il quadro è quello.
Tim soffre di una governance instabile, incapace di esprimere una visione. In realtà la società è paralizzata da poco trasparenti lotte tra azionisti sul tema dello scorporo della rete. E così il titolo soffre in borsa mentre si ricomincia a sentire odore di intervento statale.
Il suo presidente Mario Draghi – ammettendo il rallentamento dell’economia Ue – ha confermato che la Bce non toccherà i tassi fino a dopo l’estate e che continuerà a reinvestire i titoli pubblici in scadenza. Da Francoforte una politica “accomodante” ma anche un atteggiamento severo verso le banche che dovrebbero disfarsi dei loro crediti in sofferenza. Lo stesso rigore, accompagnato da richieste di trasparenza, andrebbe applicato agli strumenti finanziari illiquidi che riempiono i conti delle banche, specie francesi e tedesche.
Arriva la stagione delle analisi costi-benefici delle grandi opere pubbliche. Vediamo come è stata fatta quella del Terzo valico ferroviario (verso la Liguria), risultata negativa. Con valutazioni discutibili, a partire dalla riduzione delle accise sul carburante (meno trasporto su gomma) considerata stranamente un costo.
Le rotte migratorie si aprono e si chiudono secondo le politiche dei paesi di transito e di arrivo. Come mostra la storia dei nostri rapporti con la Libia. Ci sarà sempre qualche percorso verso l’Europa e nessun paese può illudersi di contrastare da solo gli ingressi irregolari. Serve istituire vie legali e corridoi umanitari.
Accanto ai numeri rilevati dalle indagini, c’è un altro indicatore che misura la portata della violenza di genere nel nostro paese: è il numero verde 1522. L’analisi su chi e perché telefona può aiutare a definire gli interventi più idonei per le vittime.
Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. I dati mostrano segnali di miglioramento in Italia, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Soprattutto servirebbero politiche specifiche di ampio respiro.