Mercoledi 15 aprile, In quasi 200 città degli Stati Uniti migliaia di lavoratori “a basso salario”, o low-wage workers, hanno scioperato, durante una giornata di protesta nazionale nell’ambito della campagna #fightfor15. “Fifteen” sta per i 15 dollari all’ora che i lavoratori chiedono come salario minimo, un aumento stellare rispetto all’attuale salario minimo federale di 7,25 dollari, in realtà superato, in genere di poco, in quasi tutti gli stati.
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Il Quantitative easing della Bce è ai blocchi di partenza. L’obiettivo finale è riaccendere il motore della crescita in Europa. Intanto, le borse festeggiano e gli spread calano. Eppure, ci sono anche rischi. Legati alla conclusione dell’operazione e alla bolla finanziaria che avrà generato.
L’Efsi diventerà operativo da giugno ed è il perno del piano Juncker. Ma è difficile che riesca a mobilitare i 305 miliardi di investimenti aggiuntivi. In più, c’è il rischio che a beneficiarne siano i paesi con i conti pubblici più in ordine.
Le recenti vicende greche e alcune decisioni della Bce hanno riacceso i dubbi sul futuro dell’euro, ma anche sull’esistenza di un’unica banca centrale in Europa. I governi europei sapranno arginare le spinte nazionalistiche e ridare vigore alla costruzione europea?
La vittoria della sinistra radicale alle elezioni porterà a una soluzione dei problemi della Grecia? Non è detto. Il successo di Syriza si fonda su una narrazione semplicistica della crisi. Che ora rischia di radicalizzare le posizioni di tutti, bloccando ogni possibile compromesso con la UE.
Una sorpresa positiva nel Quantitative easing europeo: non ha limiti temporali, ma è condizionato al raggiungimento di un obiettivo di inflazione. Occorreranno però più di 4 anni per attuare un programma simile a quello della Fed. Senza aspettarsi grandi benefici in termini di maggiore inflazione.
La Commissione europea ha messo nero su bianco le condizioni per utilizzare la “flessibilità” prevista dalle regole del Patto di stabilità e crescita. Già le molte clausole previste potrebbero annullarne l’efficacia. Ma soprattutto non è così che si risolvono i problemi dell’Italia e dell’Eurozona.
L’aumento della disoccupazione giovanile determinato dalla crisi negli Stati del Sud Europa è stato drammatico. Restare disoccupati a lungo può rendere difficile la ricollocazione, anche per i cambiamenti nella struttura produttiva dei paesi. La bolla immobiliare e i lavoratori a bassa istruzione.
Nel 2014 i sentimenti anti-euro si sono rafforzati in molti paesi. E il nuovo libro di Alberto Bagnai aggiunge nuovi argomenti a favore di un’uscita dell’Italia dalla moneta unica, in modo da riacquistare la sua sovranità monetaria e fiscale. Ma quale sarebbe la geografia dell’Europa post-euro?
Lo stress test condotto dall’Eba e dalla Bce è stato sufficientemente severo e utile per valutare il grado di fragilità delle banche europee? I risultati delle banche americane nello stesso esercizio proposto dalla Fed sono ben diversi. Chi in Europa non avrebbe superato il test.