Sono sempre poche le donne al Forum di Davos: quest’anno solo il 22 per cento. Un riflesso della loro assenza dalle stanze dei bottoni. In Italia i progressi garantiti dalle quote di genere nei Cda si vedono. Ma non sembrano estendersi al potere negoziale delle donne in azienda. Almeno per il momento.
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L’Eu Equal pay day ci ricorda che dal 3 novembre e fino al 31 dicembre è come se le donne europee lavorassero gratis, rispetto ai colleghi maschi. In Italia si aggiunge il problema della scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro.
Le donne continuano a guadagnare meno degli uomini e a rimanere segregate nelle posizioni più basse della scala gerarchica. Secondo alcuni studi, ciò può dipendere anche da norme sociali che “sconsigliano” di impegnarsi pienamente nel mercato del lavoro.
“Non è utile mettere in discussione l’esistenza di qualcosa che è irreversibile”. Così Mario Draghi ha spazzato via i dubbi sul radicamento della moneta unica in Europa. E sulla possibilità che l’acquisto e la detenzione di titoli pubblici rimarranno nella cassetta degli attrezzi della Bce anche in futuro.
La nave Aquarius, con 629 persone a bordo, doveva essere accolta in un porto italiano in base al diritto internazionale, come sostiene l’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini? Nel labirinto di trattati e convenzioni internazionali il fact-checking de lavoce.info arriva alla conclusione che ha torto.
Una donna famosa che ostenta di stirare una camicia non fa niente di speciale ma conferma un cliché della cultura dominante che ha conseguenze economiche. Una minor presenza femminile nell’attività produttiva riduce il reddito complessivo e si traduce in uno spreco di capitale umano. Poi non sorprendiamoci se in Italia rimane bassa la partecipazione delle donne all’innovazione. Solo nel 17 per cento dei brevetti è presente almeno una donna. Contro il 50 per cento teorico e il 30 effettivo nel mondo.
Strano ma vero. Chi manda un ordine di e-commerce da un computer (meglio se Apple) è più solvibile di chi lo invia da smartphone. Contano anche l’orario d’invio dell’ordine e il tipo di indirizzo e-mail. Tutte conclusioni consentite dall’uso dei big data per profilare i creditori in base alla loro affidabilità.
La bassa produttività delle imprese italiane trova la principale spiegazione nella loro dimensione limitata. Piccolo è brutto quando c’è da investire in innovazione ma aiuta anche a sfuggire il fisco. L’eliminazione di questo incentivo perverso farebbe salire la dimensione media del 25 per cento e la spesa in ricerca del 35.
Un sistema di selezione dei docenti universitari basato su concorsi locali preceduti da una abilitazione nazionale dovrebbe dare maggiori garanzie di scelta dei migliori candidati. Eppure può dare risultati opposti quando le singole commissioni perseguono obiettivi ben diversi dal merito.
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Sale l’occupazione femminile e diminuisce il divario salariale fra uomini e donne. Ma per arrivare a una maggiore parità di genere nel mondo del lavoro bisogna comprendere il legame tra comportamento delle imprese, dei lavoratori e dei loro colleghi.
La Corte costituzionale dice di aver ridotto il proprio costo a carico dei contribuenti di 9 milioni. Al netto di riclassificazione di voci, i milioni tagliati sono però solo due. Gocce nel mare della spesa pubblica. Ma i giochetti contabili da parte di uno dei massimi organi della Repubblica sconcertano.
Il sospetto di manipolazione dei dati sorge anche quando grandi imprese britanniche – sotto l’impulso di una nuova legge – si trovano a dichiarare che il differenziale di stipendi tra uomini e donne è zero. Una prima analisi dei dati italiani indica che da noi il divario è più alto per le grandi che per le piccole imprese.
Volge alla fine la breve guerra tra Berlusconi e Bolloré, il patron di Vivendi che ha tentato di scalare Mediaset e controlla Tim con il 24 per cento delle azioni. Proprio quest’ultima pagherebbe il prezzo della pace tra i due litiganti. Ma è ora che di tutto ciò il mercato venga informato chiaramente.
Sognano di metter su famiglia con un paio di figli i giovani italiani e francesi. Ma i primi rinviano le loro scelte, mentre i secondi – dicono i numeri – realizzano i progetti. Merito di scelte coerenti nelle politiche per la famiglia, qui carenti e occasionali. Le troveremo (ed espresse come) in qualche programma elettorale?
Il flusso di immigrati regolari, in maggioranza con competenze limitate, sembra aumentare la già elevata polarizzazione del mercato del lavoro e nei livelli di istruzione in Italia. Chi percepisce bassi salari non trova conveniente studiare di più, mentre chi fa lavori ben pagati beneficia di servizi meno cari – dice uno studio recente.
Diventano più stringenti le regole europee sui crediti inesigibili (Npl) che richiedono alle banche di farli emergere e disfarsene in tempi rapidi. In Italia, però, c’è un macigno che blocca il cammino: la lentezza della giustizia civile. Un ostacolo che le lobby degli avvocati e dei magistrati non vogliono rimuovere.
La legge di bilancio arrivata in Parlamento aumenta le risorse destinate a progetti di equità. Nell’articolo 25 si rafforza il Reddito di inclusione (Rei), una misura di carattere universale che da gennaio 2018 sostituirà le forme di assistenza precedenti, estendendo la platea dei suoi beneficiari. Tra i nuovi poveri ci sono a volte anche i lavoratori coinvolti in ristrutturazioni aziendali o ricollocati in altre aziende e settori. E così sempre nella legge di bilancio trovano posto misure di sostegno ai salari per accompagnare la soluzione di crisi aziendali e l’introduzione delle nuove tecnologie di cui l’economia ha bisogno per crescere. All’articolo 30 della manovra ci sono poi 100 milioni per le politiche familiari ma c’è poco o nulla invece per le donne lavoratrici. Peccato perché l’Italia rimane oltre il centesimo posto nella classifica sulla partecipazione delle donne al lavoro e vicina al cinquantesimo per la rappresentanza politica femminile. Peggio che in passato.
È la strada il futuro dei trasporti. Molto più smart di come la percorriamo oggi: prima motori ibridi poi soltanto elettrici, camion più grandi incolonnati in convogli, guida automatica. Per tutti e dappertutto. Con abbattimento di inquinamento e incidenti. Vale la pena, allora, continuare a investire nelle ferrovie?
Con la crescita dei partiti anti-euro, è sempre utile ricordare gli effetti che deriverebbero da un’uscita unilaterale dell’Italia dalla moneta unica. Cosa faremmo del debito pubblico? Lo terremmo in euro? O in lire? Con quale tasso di cambio? In ogni caso, scenari horror con alti rischi per alcune categorie e per il paese.
L’uguaglianza di genere è la pietra angolare di una società prospera e moderna. In Italia però le differenze sono ancora ampie, in alcuni casi più che in passato. Per questo dobbiamo favorire l’occupazione e la partecipazione delle donne alla politica.
Un altro 8 marzo che registra il solito dato: le donne guadagnano meno degli uomini. In Italia, da 20 anni, le differenze salariali di genere sono rimaste praticamente le stesse e sono più marcate nei lavori meno qualificati e nelle posizioni aziendali di vertice. Molto dipende dalle politiche salariali e organizzative delle imprese. E un abisso si osserva anche tra le star di Hollywood dove i compensi milionari degli attori hanno un altro ordine di grandezza rispetto a quelli delle attrici. Sempre negli Usa ma a Washington (e in altri 40 paesi del mondo) uno sciopero al femminile serve a ricordare cosa succede se per un giorno le donne “non ci sono”. E focalizza l’attenzione sui rischi della misoginia muscolare dell’era Trump.
È accettabile che a una donna, nel civilissimo Nord-Est, venga rifiutata in 23 ospedali l’interruzione della maternità? Il diritto di scelta sancito dalle legge 194 continua a scontrarsi con il diritto all’obiezione di coscienza. Ma le strutture pubbliche devono garantire il primo. Anche con assunzioni mirate come in Lazio.
Foto che si autodistruggono e alto gradimento dei teenager. Quanto basta perché il debutto in borsa di Snapchat sia stato bruciante: +44 per cento. In barba a bilanci in rosso, alto rischio dell’investimento e governance accentrata nei fondatori. Ma il vero pericolo arriva dalla Cina e si chiama WeChat.
Con la nuova presidenza Usa la spesa militare – diminuita progressivamente dal 2011 – tornerà a crescere massicciamente, per 41 miliardi di dollari. Ma una corsa al riarmo, anziché rilanciare la crescita, farebbe danni sia al capitale umano che al quadro economico generale.