Lascerà senz’altro molti strascichi l’emergenza coronavirus. Ma ci fa scoprire una volta di più che i nostri destini di abitanti del pianeta sono strettamente intrecciati. La solidarietà dimostrata da altri paesi è forse il seme di un mondo migliore.
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Il capitalismo di stato può davvero rappresentare un modello di crescita sostenibile? Uno studio sulle imprese vietnamite mostra che i vantaggi politici garantiti a quelle di proprietà statale hanno ostacolato i benefici generati dalla globalizzazione.
Mentre Lega, M5s e i Ponzio Pilato che siedono in Parlamento decidono di congelare la Tav Torino-Lione, l’ex Commissario straordinario per l’opera e due esperti suoi collaboratori riassumono le loro obiezioni all’analisi costi-benefici della commissione Ponti, utilizzata dall’esecutivo per motivare la ridiscussione del progetto. Tra gli aspetti controversi dell’analisi effettuata c’è il tema – solo sfiorato – del migliore “accesso al mercato” che può derivare dall’opera per manager, lavoratori, imprenditori, consumatori che si spostano alla ricerca di nuove opportunità o di prezzi più convenienti.
Intanto, mentre noi ci guardiamo l’ombelico, il governo tedesco lancia una strategia industriale di qui al 2030 per far fronte, in particolare, alla sfida cinese nelle tecnologie del futuro. Proponendola polemicamente anche all’intera Ue il cui Antitrust ha da poco bocciato per rischio di posizione dominante la fusione Alstom-Siemens. Forse la concorrenza di Pechino, da Bruxelles, non si vede. In realtà viviamo in un mondo sempre più interconnesso da flussi di beni, servizi e capitali ma assoggettato dalla politica a sempre nuovi dazi e barriere. È la nuova globalizzazione lenta, si chiama “slowbalisation”.
È normale il perenne divario tra Nord e Sud d’Italia? No. Un confronto europeo mostra che, stando a Pil, disoccupazione e presenza di Neet (giovani che né lavorano né studiano), la nostra disuguaglianza territoriale purtroppo batte tutti. E ora arriva l’annunciato federalismo differenziato.
La riduzione del carico fiscale e la lotta all’evasione possono contribuire a diminuire l’attrattività del settore informale e, di conseguenza, l’afflusso di immigrati irregolari. Politiche protezionistiche potrebbero invece avere l’effetto opposto.
La globalizzazione genera perdenti e il welfare state non è capace di rispondere alla loro domanda di protezione. A fornire ricette semplici sono i movimenti populisti, di destra e di sinistra. L’Italia sembra terreno fertile per vederne l’affermazione.
Il salvataggio delle banche italiane ha messo in luce problemi europei. Troppa confusione tra le procedure Ue di risoluzione e la liquidazione nazionale degli istituti in crisi. Troppe istituzioni dicono la loro sulle potenziali insolvenze e su quanto “sistemici” siano i problemi. I risparmiatori (alcuni più di altri) pagano.
Di destra o di sinistra, i populismi sono frutti della globalizzazione. Nascono dal rancore di categorie sociali penalizzate dalla liberalizzazione degli scambi, che gli stati dovrebbero cercare di indennizzare redistribuendo i benefici. Ma non ci sono paesi che ci riescano davvero. Meno che mai l’Italia, dove la scure retorica del leghista Matteo Salvini ha già cominciato ad abbattersi sul Ceta (il trattato di libero scambio Ue-Canada). Il fact-checking de lavoce.info evidenzia le sue false affermazioni sugli effetti negativi dell’accordo.
In Svezia hanno proibito di vendere armi a paesi che violano i diritti umani. Si può fare anche da noi, grazie a una legge del 1990 e a un trattato Onu. Ma chi dovrebbe controllare (lo stato) è anche primo azionista della maggiore società che produce armamenti. Ci vorrebbe un’agenzia indipendente, meglio se Ue.
Mentre i Grandi parlano al G20, l’Italia resta la peggiore per crescita della produttività. Anche l’Europa non brilla. Bruxelles raccomanda che ogni paese abbia una struttura dedicata. Noi ce l’avremmo già: il Cnel – restaurato e con nuove competenze – di cui gli italiani hanno bocciato l’abolizione nel referendum di dicembre. Chi indubbiamente frena la crescita sono i burocrati, grandi sacerdoti del cavillo e depositari di uno spropositato potere d’interdizione sulle scelte della politica. Come sa bene Matteo Renzi, uscito perdente dal confronto con loro. Un libro suggerisce alcune ricette per ridimensionarne la forza.
Molti insegnanti abusano della legge 104 che permette il trasferimento vicino a un familiare disabile con precedenza sulle altre richieste. L’incidenza è del 53 per cento nei trasferimenti verso il Sud, mentre al Nord è nell’ordine dell’1 per cento. Servirebbero dati più completi ma già così viene da pensar male.
Convegno de lavoce.info
Il convegno annuale riservato agli amici/donatori de lavoce si terrà la mattina di lunedì 18 settembre a Milano. Parleremo di Brexit e banche italiane. Presto, su questo sito, il programma dell’incontro. Intanto SAVE THE DATE, vi aspettiamo!
Nel mondo tira un’aria preoccupante di rifiuto del libero scambio. Brexit e Trump sono i sintomi di una nuova forma di nazionalismo. Che respinge gli accordi di libero scambio e promuove l’innalzamento di barriere. Un paradosso, dato che la globalizzazione ha abbattuto la povertà estrema.
Rivoluzione informatica e globalizzazione hanno determinato l’aumento della diseguaglianza all’interno degli Stati occidentali, quelli dove la classe media era più sviluppata. Ma nello stesso tempo si è ridotta la disuguaglianza globale, con una progressiva convergenza nei redditi pro-capite.
Il rallentamento della Cina mette a rischio sia l’armonia all’interno del paese asiatico sia il benessere del resto del mondo. Condividere le responsabilità globali è la maniera migliore per traghettare la seconda economia mondiale verso un sentiero di crescita più modesto, ma anche meno fragile.
Le parole d’ordine del programma economico del Front National sono reindustrializzazione, protezionismo, uscita dall’euro e dalla Pac. Previsti tetti agli ingressi di immigrati e politiche sociali riservate ai francesi. Difficile che tutto ciò possa creare ricchezza e benessere.