L’ex Commissario straordinario per la Torino-Lione e due suoi collaboratori riassumono punto per punto le loro critiche all’analisi costi benefici della commissione Ponti. La loro conclusione: è un’analisi sbagliata nei numeri e nel metodo.
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La ricerca economica ha messo a punto metodi che permettono di quantificare le conseguenze sul territorio dei cambiamenti nei costi di trasporto, accanto ai benefici apportati. Possono dunque offrire indicazioni sugli eventuali meccanismi compensativi.
Seguire la metodologia standard nelle analisi costi benefici consente di evitare le manipolazioni. Il “beneficio sociale” va dunque calcolato senza distinguere tra quello del consumatore e quello del produttore, analizzato nell’analisi finanziaria.
Le analisi costi benefici sono necessarie per misurare gli effetti economico-sociali dei progetti e la loro convenienza. Alla politica spetta però il compito di dare indicazioni chiare su regole di calcolo, parametri e assunzioni per ciascun settore.
L’analisi costi benefici rischia di rimanere vittima del dibattito sulla Tav. Invece è una tecnica da rafforzare perché cruciale nel valutare un progetto. Nel primo di due articoli alcune considerazioni di carattere generale sui fattori da considerare.
Le analisi costi-benifici danno importanti informazioni, ma non possono sostituirsi alle decisioni politiche. Anche perché sono tanti i parametri che ne influenzano i risultati. E a condurle dovrebbero essere gruppi di esperti con competenze diverse.
Crescono gli investimenti nelle energie rinnovabili, ma anche le emissioni globali di gas serra. È la prova che quanto fatto finora non basta. Serve un cambio di paradigma anche in settori come trasporti, industria e agricoltura. E occorre fare in fretta.
Il governo Conte si affida alle analisi costi-benefici per prendere decisioni su molte grandi opere pubbliche. Forse farebbe meglio a valutarle con analisi comparative di valore aggiunto. Perché non tutti gli investimenti pubblici aiutano la crescita.
Il crollo del ponte Morandi a Genova ha riaperto il dibattito su chi debba gestire le infrastrutture. Serve però una discussione trasparente e razionale su costi e benefici delle diverse opzioni, senza farsi condizionare dai pregiudizi ideologici.
La ripresa dell’economia italiana è trainata dall’export, ai massimi di sempre, e dalla domanda interna. Agli investimenti – sotto di un quarto rispetto al 2008 – manca il contributo dell’immobiliare, mentre incombe la fine degli incentivi di Industria 4.0. La crescita dell’import.