Il governo ha chiesto all’Europa di attivare la clausola di flessibilità sugli investimenti. Ma le cifre indicate nei documenti per il cofinanziamento nazionale sono ottimistiche. Risorse effettivamente spese nel ciclo precedente e misure inadeguate a risolvere i problemi che ne ritardano l’impiego.
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I paesi emergenti rallentano. E anche l’Fmi certifica il ritorno al passato, con la crescita economica mondiale trainata dagli Stati Uniti. Per evitare i rischi di stagnazione, allora, i paesi che possono dovrebbero investire in infrastrutture. Un ruolo che in Europa dovrebbe assumere la Germania.
Molto si è discusso dei ritardi nella spesa dei fondi europei. Poco invece della capacità di questi finanziamenti di incidere sulle prospettive economiche dei territori interessati. Uno studio suggerisce che negli ultimi anni il loro effetto è stato scarso.
Lentamente, il settore idrico si rimette in moto. C’è una moderata ripresa degli investimenti, anche se le differenze tra aree del paese sono ancora forti, specie nella quota di investimenti pubblici e privati. L’esperienza di Napoli, quella del veneto e i buoni propositi dell’Autorità di settore.
Molti risparmiatori investono sui mercati azionari basando le proprie scelte sui risultati passati. Ma chi adotta strategie che inseguono l’andamento delle azioni, ottiene rendimenti inferiori rispetto a chi ne segue altre altrettanto semplici. I ritardi italiani nell’educazione finanziaria.
Approvati i decreti attuativi che garantiscono più certezze nei rapporti tra fisco e imprese. Migliora l’accesso al ruling internazionale. Ma la vera novità è la possibilità di accordi preventivi sui nuovi investimenti. Creazione e salvaguardia di posti di lavoro sono messe sullo stesso piano.
Quanto incide il sindacato su investimenti e produttività del lavoro? Quando è forte, modifica gli incentivi delle imprese all’investimento e sembrerebbe ridurre l’accumulazione di capitale fisico. Ma ci sono differenze importanti a seconda del sistema di relazioni industriali.
L’Efsi diventerà operativo da giugno ed è il perno del piano Juncker. Ma è difficile che riesca a mobilitare i 305 miliardi di investimenti aggiuntivi. In più, c’è il rischio che a beneficiarne siano i paesi con i conti pubblici più in ordine.
In tutti i paesi sviluppati il ruolo economico delle Pmi è indiscutibilmente importante. Ancor di più in Italia. Ma ovunque sono le imprese relativamente giovani che creano nuovi occupati e generano maggior valore aggiunto. Purtroppo, da noi la percentuale di queste aziende è più bassa che altrove.
Sempre più imprese dei paesi emergenti investono in Europa. Si diffonde così il timore di un comportamento predatorio delle multinazionali, con trasferimento di conoscenze verso la case madre senza alcun beneficio per l’economia locale. Ma uno studio mostra che i vantaggi possono essere reciproci.