Il premio Nobel per l’Economia 2024 è stato assegnato a Acemoglu, Johnson e Robinson per gli studi empirici sugli effetti di istituzioni giuridiche e politiche sulla prosperità economica e per quelli teorici su come le istituzioni possono evolvere nel tempo.
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L’intelligenza artificiale avrà certamente un impatto sulle nostre vite. Peggiorerà le condizioni dei lavoratori e avvantaggerà solo le grandi imprese tecnologiche? Comporterà rischi per la democrazia? Un libro cerca di rispondere a queste domande.
Come ha agito la cassa integrazione durante la crisi pandemica? A giudicare dai primi risultati, bene poiché ha arginato la caduta dei redditi e l’aumento delle disuguaglianze, soprattutto per donne e giovani. Solo il 21 per cento dei padri ha fatto richiesta per il congedo familiare previsto dal “Cura Italia”. La riconferma che, anche in tempo di pandemia, sono le madri a svolgere il ruolo di principale care-giver in famiglia. Nonostante l’incertezza normativa, l’incentivo all’assunzione di giovani introdotto nel 2018 sembra aver funzionato: il tasso di occupazione nella fascia under-35 è cresciuto. Ma con quali costi?
È una riforma radicale quella proposta da Boris Johnson per il sistema sanitario del Regno Unito. Con la spesa pubblica che sale a livelli record e molte promesse elettorali tradite. Quali lezioni per l’Italia? Come altre banche centrali, anche la Bce si muove nella direzione di un’uscita graduale e prudente dalla logica emergenziale iper-espansiva che ha caratterizzato gli ultimi due anni. Le ragioni della scelta.
Si stanno rivelando un flop i bandi indetti dal Gestore dei servizi energetici per gli incentivi alle centrali elettriche green. A scoraggiare gli investitori le lungaggini procedurali e gli ostacoli burocratici. In concomitanza con il Pnrr riprendono, dopo anni di stagnazione, i lavori pubblici nei comuni. Merito della semplificazione normativa delle procedure, che apre però a nuove criticità sulle stazioni appaltanti.
Il caso della sparatoria di Voghera di luglio solleva dubbi sulle strategie di gestione della marginalità sociale, non solo tra gli immigrati. E ci interroga su quale concezione abbiamo dei diritti umani.
Spesso un grafico vale più di tante parole: seguite la nostra rubrica “La parola ai grafici”.
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Le linee guida suggeriscono che il governo britannico sia ben consapevole del ruolo cruciale dell’immigrazione per l’economia del Regno Unito. Al nazionalismo provinciale e ottuso di Theresa May sostituisce così un atteggiamento più aperto e liberale.
La Brexit sarà presto realtà. La parte di classe dirigente favorevole all’uscita dalla Ue è riuscita a incanalare sotto un’unica bandiera i vari gruppi con una forte identità nazionale, avversi all’immigrazione e contrari a regole troppo intrusive.
Già aveva enormi responsabilità sul voto per l’uscita dalla Ue, ora Corbyn ha distrutto le prospettive di un’intera generazione. Perché con le sue proposte politiche ha consegnato il Regno Unito a un governo reazionario. Le prospettive del post-Brexit.
Si avvicinano le elezioni nel Regno Unito. Per una volta, parlare di scelta epocale non è un’iperbole. Una maggioranza per Boris Johnson significa l’approvazione dell’accordo raggiunto con la Ue. In caso contrario si andrà a un secondo referendum.
Dopo l’uscita del Regno Unito dalla Ue, si apre un periodo di grande incertezza, che coinvolge tutti i protagonisti del voto e tutti i paesi dell’Unione Europea. Su un solo punto sembra esserci quasi totale unanimità di vedute: i danni causati dal referendum saranno profondi e di lungo periodo.
Il voto pro Brexit ci consegna un Regno Unito molto diviso. È probabile che la Scozia torni a chiedere l’indipendenza. Anche le linee di reddito segnano una divisione: le aree ricche hanno scelto “remain”, quelle meno benestanti hanno optato per il “leave”. E si apre una questione generazionale.
Tra un mese, il 23 giugno, i cittadini britannici saranno chiamati a esprimersi su una questione amletica: to Brexit or not to Brexit? Con l’avvicinarsi del voto, in piena campagna referendaria, il dibattito pro e contro si fa sempre più serrato. Di fronte a tanta propaganda è interessante chiedersi come si posiziona l’opinione pubblica e, vista l’importanza del tema, i sondaggi di certo non mancano. L’ultimo disponibile, del 17 maggio a cura di YouGov, vedeva il remain in vantaggio con il 44 per cento contro il 40 per cento favorevole alla Brexit.