La quota di lavoratori con cittadinanza extra-europea nella ristorazione sale costantemente da circa dieci anni. Se dal punto di vista contrattuale non sembrano esserci differenze importanti, i salari di ingresso indicano possibili discriminazioni.
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Entra in vigore il decreto flussi, che permette l’ingresso in Italia di più di 60mila lavoratori extra-Ue. La procedura, lunga e complicata, riguarda un numero di lavoratori superiore rispetto agli anni scorsi, ma in buona parte ancora stagionali.
Con informazioni statistiche su quasi tutto il sistema occupazionale italiano, l’Osservatorio Inps “Lavoratori dipendenti e indipendenti” consente di valutarne l’andamento per il periodo 2014-2020. Ne emerge un quadro di sostanziale stabilità.
Entro fine anno il “decreto flussi” 2021 dirà quanti lavoratori stranieri possono fare ingresso in Italia. Non è un’apertura incondizionata delle frontiere, ma il tentativo di rispondere a un bisogno dell’economia attraverso una pianificazione ragionata.
Il coronavirus ha accentuato la crescita delle diseguaglianze tra italiani e stranieri sul mercato del lavoro. Gli stranieri hanno più spesso perso il lavoro. E chi l’ha mantenuto, ha dovuto svolgerlo in condizioni più difficili, soprattutto se donna.
La regolarizzazione doveva servire principalmente a colpire il caporalato in agricoltura ma è nel lavoro domestico che si è registrato il maggior numero di domande. Il problema è che si continua a gestire l’immigrazione con strumenti emergenziali.
La regolarizzazione dei lavoratori stranieri può contribuire ad aumentare le entrate tributarie, Iva compresa. Ma i benefici maggiori si avrebbero se il provvedimento riguardasse tutti i settori e comprendesse anche gli italiani che lavorano in nero.
La “fase 2” potrebbe penalizzare parecchio i lavoratori migranti. Svolgono infatti mansioni che li espongono di più al rischio contagio. E contemporaneamente cresce per loro il rischio povertà e quello di perdere il diritto al permesso di soggiorno.
Un eventuale nuovo governo M5s-Pd ha due strade in fatto di immigrazione: può presentare in Parlamento un’ampia riforma su migranti economici e cittadinanza. O può limitarsi ad adottare misure amministrative. Con risultati positivi in entrambi i casi.
Durante la crisi economica, l’Italia ha ridotto nettamente le quote annuali di ingresso per lavoratori extra-UE. Ma di manodopera straniera abbiamo ancora bisogno. Serve una strategia che scoraggi il lavoro nero e favorisca canali di ingresso legali.