Le statistiche dicono che il recupero dell’occupazione è dovuto agli inattivi e non ai disoccupati. Colpa di un sistema che si affida alle relazioni personali più che ai centri per l’impiego. E così il mercato del lavoro resta ben poco meritocratico.
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Si continua a discutere di come ridurre i contratti a termine. Ma eventuali nuove norme restrittive non riuscirebbero comunque a eliminarli del tutto. Perché la parte maggioritaria del fenomeno si spiega con posti di lavoro effettivamente temporanei.
Con la campagna elettorale si torna a parlare di salario minimo. Vale la pena allora discutere alcune obiezioni che vengono spesso sollevate contro la misura. Dal rischio di cancellare la contrattazione collettiva al livello ideale al quale fissarlo.
Dopo le misure del 2015, dal gennaio di quest’anno è in vigore una nuova forma di sgravio contributivo per favorire l’assunzione stabile dei giovani lavoratori. Ma a quanto ammonta in Italia la spesa per incentivi al lavoro? Come valutarne l’efficacia?
Si possono ridurre i contratti a termine? Prima di rispondere bisogna analizzare le ragioni che spiegano il loro peso attuale e le variazioni che sono in corso. Il ruolo della ripresa economica oggi e dell’aumento eccezionale dell’indeterminato nel 2015.
Gli scenari al 2021 per il mercato del lavoro italiano indicano un rischio: l’aumento dei lavoratori in età matura può rallentare l’ingresso dei più giovani. Dannoso però pensare a una riforma delle pensioni. La soluzione è nella crescita del paese.
Per limitare gli effetti negativi della quarta rivoluzione industriale bisogna avviare misure attive di compensazione del reddito per chi perde il lavoro. Negli Usa l’hanno già fatto. Ma anche in Italia, si intravedono i primi passi nella giusta direzione.
I dati occupazionali di settembre mostrano un netto cambio di rotta: al contrario di quanto accaduto nei mesi precedenti, a crescere sono gli occupati maschi e con più di 35 anni. Si interrompe bruscamente il calo degli inattivi e il lavoro è più precario.
La sostituibilità tra uomo e macchine ha raggiunto livelli prima impensabili. È difficile dire quali saranno gli effetti complessivi. Ma per affrontare questi grandi cambiamenti è necessario creare un sistema diffuso di istruzione di qualità.
L’analisi di due diversi corsi di formazione organizzati dalla provincia di Trento mostra che i costi superano, e non di poco, la somma dei benefici monetari che ne sono derivati. Per migliorarne l’efficacia, bisogna intervenire per ridurre le spese.