La sostituibilità tra uomo e macchine ha raggiunto livelli prima impensabili. È difficile dire quali saranno gli effetti complessivi. Ma per affrontare questi grandi cambiamenti è necessario creare un sistema diffuso di istruzione di qualità.
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L’analisi di due diversi corsi di formazione organizzati dalla provincia di Trento mostra che i costi superano, e non di poco, la somma dei benefici monetari che ne sono derivati. Per migliorarne l’efficacia, bisogna intervenire per ridurre le spese.
Sono tanti i fattori che determinano il salario, compresa la reputazione del lavoro svolto. Se l’opinione pubblica ha scarsa considerazione per una professione, la rivendicazione salariale si fa difficile. Emblematico il caso degli insegnanti.
L’Italia ha la metà dei laureati rispetto alla media degli altri paesi Ocse. E quei pochi hanno salari bassi. Un risultato dovuto alla preferenza per le facoltà umanistiche. Ma anche ai tagli a risorse e docenti registrati nell’università italiana.
Ridurre l’orario di lavoro per permettere a un più ampio numero di persone di trovare un’occupazione sembra un meccanismo immediato e semplice, da utilizzare oggi per combattere l’alta disoccupazione. Ma non è così. E i rischi possono superare i vantaggi.
La quarta rivoluzione industriale rischia di creare una netta divisione nel mercato del lavoro: i privilegiati e i precari. Fioccano perciò le proposte per attenuarne gli effetti. Ma conviene concentrarsi su misure attive di prevenzione o compensazione.
Dagli ultimi dati emerge un mercato del lavoro in continua e lenta ripresa. L’occupazione torna ai livelli pre-crisi, diminuiscono le persone inattive e ci sono prospettive di miglioramento anche per i più giovani. Aumenta però il tempo determinato.
I centri per l’impiego sono oggi strutture amministrative del tutto inadeguate a trovare lavoro ai disoccupati. Andrebbero perciò riformati. Sono quattro i punti chiave da seguire, puntando sulle tecnologie e sulla riqualificazione del personale.
Tra gli obiettivi del Jobs act c’era quello di ridurre la profonda segmentazione per tipologie contrattuali del mercato del lavoro, con i più giovani spesso assunti a tempo determinato. I dati sembrano indicare che i risultati non sono ancora arrivati.
Una nuova metodologia permette di misurare quale fattore abbia inciso di più sulla lunga crisi che ha caratterizzato l’Italia degli ultimi anni. La causa principale della mancata crescita è la produttività. E il 2007 è stato un vero e proprio spartiacque.