Approvato il decreto che istituisce il reddito di cittadinanza. Bene la priorità data ai più deboli e il recupero della dimensione sociale della povertà. Tra gli aspetti negativi, c’è l’insistenza sul simbolo dei 780 euro e la fretta a fini elettorali.
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Il calo del Pil è colpa degli altri: dei precedenti governi, della Cina e della Germania. Così si auto-assolvono il premier Conte e la maggioranza Lega-M5s di fronte all’aumento del pessimismo delle imprese e al calo degli investimenti di fine 2018 che hanno fatto cadere l’Italia in recessione. A conferma dello scarso clima di fiducia delle scorse settimane, i dati sui flussi di capitale da e per il nostro paese mostrano che i tanti fondi disinvestiti dai Btp non sono finiti in borsa ma parcheggiati in depositi bancari a breve, facilmente liquidabili. Merito del governo – secondo il vicepremier Di Maio – lo 0,1 per cento di occupati in più del mese di dicembre. Un’ardita pretesa, di fronte a un più zero virgola di dati mensili. I più stabili dati trimestrali dicono semmai che l’occupazione totale è ferma dopo aver raggiunto il livello massimo nel secondo trimestre 2018.
Il reddito di cittadinanza è previsto uguale per tutti, da Nord a Sud. Eppure la soglia di povertà assoluta varia nelle diverse aree da 826 euro mensili a 560. Il sussidio avrà così effetti iniqui sul territorio. Tra le varie componenti, si potrebbe differenziare almeno l’importo dell’integrazione per l’affitto.
L’autorità francese per la privacy ha multato Google per 50 milioni di euro, prima applicazione delle nuove regole Ue sulla protezione dei dati personali. In nome di tre principi: trasparenza, informazione chiara e consenso. Contro l’invadenza della pubblicità indesiderata.
Per regolare i flussi migratori dall’Africa occorre capirne le cause. A partire dalla crescita demografica (oggi si contano oltre 1,2 miliardi di abitanti, il doppio della Ue) e da processi di sviluppo lunghi e complessi. Per ora il contributo dell’Italia vale solo lo 0,2 per cento del nostro Pil invece dello 0,7 a cui ci eravamo impegnati.
Nel terzo trimestre, dopo un rallentamento cominciato a inizio anno, il Pil è sceso per il calo di consumi e investimenti e nonostante la ripresa dell’export. La manovra annunciata (fintamente espansiva) ha pesato in negativo sul clima economico. Dovrebbe essere corretta e resa più prudente per limitarne i danni. Il ristagno è comunque già arrivato anche sul mercato del lavoro che a maggio scorso aveva superato i 23 milioni di occupati e registrato un boom di contratti a termine trasformati in rapporti a tempo indeterminato. Intanto, da un paio di mesi la febbre bancaria ha ripreso a salire, con gli attivi degli istituti a rischio. Non c’è solo l’effetto spread sul valore dei titoli pubblici italiani. Una nuova recessione farebbe di nuovo salire le sofferenze e le inadempienze sui crediti – voce quest’ultima meno monitorata ma altrettanto pericolosa.
Due anni di lavoro e voto unanime dei 193 paesi membri dell’Onu: il Global compact for migration vuole introdurre un quadro di regole per “migrazioni ordinate, sicure e regolari”. Ora che ogni governo è chiamato a firmarlo l’esecutivo italiano fa un passo indietro. Meglio che ne discuta il Parlamento.
Al G-20 di Buenos Aires, Trump e Xi hanno raggiunto una tregua commerciale. Gli Usa non alzeranno i dazi dal 10 al 25 per cento e la Cina (forse) importerà di più dagli Stati Uniti. Il non detto è che l’America vorrebbe fermare l’avanzata tecnologica dei cinesi. Ma per farlo usa i dazi, cioè lo strumento sbagliato.
Per quanto siano spesso visti come modello di federazione da replicare in Europa, gli Stati Uniti non incarnano ancora l’idea di un’area pienamente integrata. Tra gli stati americani rimangono grandi differenze nelle possibilità di trovare lavoro, nei tassi di inflazione, così come nelle loro capacità di fare spesa pubblica.
La ripresa dell’occupazione avviata nel 2014 si è fermata a maggio 2018. Cala ancora il lavoro autonomo. Mentre fra i dipendenti si registra un buon andamento delle trasformazioni da tempo determinato a indeterminato. Ma il “decreto dignità” non c’entra.
I salari non hanno ancora recuperato i livelli pre-crisi. I motivi sono strutturali e la risposta è in una strategia incentrata su competenze e apprendimento durante tutta la vita lavorativa. Affiancata da politiche attive e di supporto al reddito.
Il Rapporto Istat 2018 si concentra sulle “reti”. Danno vita a un welfare informale che inasprisce diseguaglianze sociali, inefficienza nella gestione delle risorse e dei processi di crescita. Il mercato del lavoro ne è un esempio, specie per i giovani.
C’è molto entusiasmo intorno agli Its, la prima esperienza italiana di offerta formativa terziaria professionalizzante. Forse ingiustificato a guardare i dati occupazionali a un anno dal diploma. Servirebbe più formazione in entrata nelle aziende.
Scarse le risorse per i comuni nel disegno di legge di bilancio. Ci vorrebbe di più per mettere in sicurezza edifici e territorio. Almeno si potrebbero abolire i vincoli sul lato delle entrate. Invece, a parte Tari e imposta di soggiorno, rimane il blocco delle aliquote. Se un sindaco voleva dare nuovi servizi alla città dovrà rimandare. L’equo compenso ai professionisti è un modo per reintrodurre le tariffe minime professionali, già abolite senza rimpianti. Alla sua riproposizione nella legge di bilancio si oppone preventivamente l’Autorità garante della concorrenza. Nella “finanziaria” arrivata alla Camera c’è anche la web tax che anticipa la normativa Ue allo studio. Il rischio è che la norma scivoli proprio sulle regole europee generali perché potrebbe prevedere trattamenti diversi tra le imprese stabilite in Italia e quelle che operano dall’estero.
Con 85 euro mensili di aumento si chiude il contratto del pubblico impiego? No. Rimane in ballo la complessa parte normativa, dall’assenteismo al part-time. E in più, oltre ai 2,8 miliardi per l’aumento ai dipendenti delle amministrazioni centrali, se ne dovranno trovare altrettanti per quelli degli enti locali.
In un anno in Italia gli occupati a tempo indeterminato sono saliti dello 0,3 per cento, quelli a termine del 14. Tutto il contrario di quanto succede nel resto d’Europa. Se però la mobilità è oggi la prima caratteristica del mercato del lavoro, è arrivato il momento di rimodulare le protezioni dei lavoratori, come stanno facendo in altri paesi.
Qual è la situazione del mercato del lavoro? La grave crisi economica l’ha colpito, ma ora il numero degli occupati è tornato a salire. Per valutare l’effettivo apporto produttivo del lavoro bisogna però considerare un altro dato: le ore lavorate totali.
In un recente rapporto l’Istat ha aggiornato le stime sul peso del sommerso e dell’economia illegale che arriverebbe a 207 miliardi all’anno (il 12,6 per cento del Pil). Il peso degli stupefacenti è misurato dal lato di chi acquista, prostituzione e contrabbando di tabacco da quello di chi offre questi peculiari beni e servizi.
Tornato sulla scena politica, Berlusconi rivendica di “non aver messo le mani nelle tasche degli italiani” durante i suoi quattro governi. Il fact-checking de lavoce.info mostra però che nel 2011 l’ex Cavaliere aumentò l’Iva e mise le basi di legge per gli aumenti degli anni successivi. Altri dati che si prestano a interpretazioni di parte sono quelli sul mercato del lavoro. Dove i buoni numeri sull’occupazione sono controbilanciati dalla persistenza del tasso di disoccupazione e il mancato recupero delle ore lavorate totali. Tra le anomalie del mercato del lavoro in Italia, la più lenta crescita dei salari del mondo industrializzato da 20 anni a questa parte. Colpa della produttività stagnante, non dell’euro.
Con il mancato pagamento di 200 milioni di interessi sul debito sovrano, il Venezuela è di fatto in default. Il suo futuro è ora in mano ai principali creditori, cinesi e russi. I primi sono grandi acquirenti del suo petrolio, i secondi – meno esposti – coltivano soprattutto un interesse geo-politico nella regione.