Quali sono stati gli effetti della riforma Fornero su assunzioni e licenziamenti? La modifica dell’articolo 18 non sembra aver compensato l’aumento dei costi dei contratti a termine. Di fatto, si sono ridotti i margini di flessibilità delle imprese.
Tag: riforma fornero Pagina 1 di 2
Il sistema contributivo va riformato prima che vadano a regime gli errori e le lacune da cui è afflitto. Un riordino che riguardi la perequazione, i coefficienti di trasformazione e le regole di pensionamento. Ma il rischio è che anche il nuovo governo si limiti a provvedimenti di basso profilo.
Gli effetti dell’innalzamento dei requisiti minimi di pensionamento non toccano solo i lavoratori più anziani. Riguardano l’intero arco di vita. E interessano soprattutto le donne, innescando cambiamenti anche nelle scelte occupazionali dei loro partner.
La sostenibilità sociale della transizione verso il sistema contributivo richiede che le regole d’uscita siano uniformate estendendo ai lavoratori “misti” la flessibilità che la riforma Fornero riserva ai “contributivi puri”. Purtroppo, non è questa la strada imboccata dal governo.
Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni di Matteo Salvini sul ricambio generazionale nel mercato del lavoro.
Il populismo – vincente nell’era dei social network – si alimenta del negazionismo economico, la dottrina che considera l’economia un “pensiero unico”, diffida degli esperti e confeziona scorciatoie illusorie e senza fondamento. Riflettiamo su quello che possono fare economisti e giornalisti per sradicare questi pregiudizi. Uno dei compiti più urgenti è migliorare l’analisi e la comprensione delle disuguaglianze economico-sociali, oggi – più di ieri – ai primi posti nell’agenda di chi fa ricerca.
Sotto il tiro incrociato di Lega e M5s, la riforma previdenziale Fornero rischia di essere presto stravolta. Si potrebbe pensare di offrire la possibilità di uscita anticipata dal lavoro corrispondendo pro rata la parte contributiva della pensione e rimandando la parte retributiva al compimento dell’età pensionabile.
Nel Regno Unito da sette anni le scuole possono diventare autonome dal governo. L’esperienza di queste “academy” suggerisce che per migliorare la qualità dell’istruzione più dell’indipendenza conta il modello di governance adottato. La nostra Buona scuola – per meritarsi l’aggettivo “buona” – dovrebbe tenerne conto.
Gli italiani creano ogni anno migliaia di startup innovative. Il loro sviluppo rimane però appeso a un filo, non tanto perché manchino incentivi mirati su di loro (ci sono) quanto perché il paese non offre un ambiente più favorevole per le imprese. Ne beneficerebbero soprattutto quelle più giovani.
I membri della generazione X – nata tra il 1966 e l’80 – hanno beneficiato della diffusione dell’istruzione ma rischiano di invecchiare in condizioni peggiori dei baby boomer. Anche perché subiranno le conseguenze della crisi degli ultimi anni. Serve che la politica cominci a pensare a loro per tempo.
L’anticipo pensionistico potrebbe essere un valido strumento per favorire il ricambio generazionale della forza lavoro del nostro paese. Bisogna però convincere i possibili beneficiari a usufruire dell’Ape. Intanto, però, manca il decreto attuativo.
La riforma dell’Irpef (oggi messa da parte dall’agenda politica) riguarda la fissazione del numero delle aliquote sugli scaglioni di reddito, le voci da escludere dalla base imponibile e le eventuali addizionali locali. Tre temi suscettibili di soluzioni diverse su cui apriamo un confronto su lavoce.info. Di sicuro, serve un sistema fiscale più equo e più trasparente. Più trasparenza farebbe bene anche al Documento di economia e finanza – Def – dove presenta le risorse destinate alle regioni. Chi legge l’allegato ha un’idea dell’aumento della spesa corrente degli enti e del ristagno di quella in conto capitale. Ma la qualità e quantità di dati e informazioni è decisamente migliorabile. Un altro luogo dove regna l’opacità – e in molti casi la disinformazione – è la banca. Un libro prova a guidare il risparmiatore nella nebbia che avvolge prodotti finanziari, costi, commissioni. Le autorità si accontentano di vigilare sugli aspetti formali.
Oggi favorito nella corsa all’Eliseo, Emmanuel Macron propone ai francesi un programma economico più liberale di Marine Le Pen e meno pro-mercato di Fillon. Usa toni socialdemocratici per catturare voti a sinistra ma rompe con la tradizione socialista su fiscalità, politica del lavoro e concertazione.
La riforma Fornero ha alzato bruscamente l’età della pensione in un’economia in cui crollava la crescita. Risultato (non voluto ma inevitabile): sempre più alta la proporzione di giovani disoccupati. Mentre – non sorprende – sono molto saliti gli occupati tra i 55 e i 74 anni.
Vediamo le motivazioni dell’ordinanza di blocco di Uber (ora sospeso fino ai primi di maggio) da parte del Tribunale di Roma. Se c’è una legge che limita l’accesso a un’attività, si dice, il giudice deve farla rispettare. Tocca ai politici, non ai magistrati, accompagnare il cambiamento.
Luca Micheletto risponde ai commenti al suo articolo “A ogni età la sua imposta”
15 anni de lavoce.info: feste-convegni 5 giugno a Milano e 6 giugno a Roma
Nel 2017, lavoce.info compie 15 anni. Festeggeremo il compleanno con i nostri affezionati lettori e sottoscrittori la mattina di lunedì 5 giugno a Milano e il pomeriggio di martedì 6 giugno a Roma. Intanto: SAVE THE DATE! A breve comunicheremo il come e il dove.
E, se potete, destinate e fate destinare il 5 per mille dell’Irpef a questo sito in quanto “associazione di promozione sociale”: Associazione La Voce, Via Bellezza 15 – 20136 Milano, codice fiscale 97320670157. Grazie!
La forza dei dati nella discussione sulle pensioni
Di Desk
il 06/06/2017
in Commenti e repliche
di Giuliano Cazzola
Trattamenti di anzianità e di vecchiaia
Ringrazio l’autorevole lavoce.info e Lorenzo Borga per aver commentato il ricorrente diverbio televisivo tra il sottoscritto e Matteo Salvini in tema di pensioni e in particolare sugli effetti della riforma Fornero del 2011. Soprattutto – in un tempo sciagurato come quello in cui stiamo vivendo dove tutto diventa un’opinione – sono particolarmente grato che abbiano trovato conferma i dati statistici – ufficiali – da me inutilmente citati, in trasmissione, anche a costo di dover alzare la voce. Contesto però la considerazione contenuta nel brano di Borga riportato di seguito: “Quanto all’ultima parte della dichiarazione di Giuliano Cazzola – il fatto che la maggioranza degli italiani andrebbe in pensione a 60 anni – si tratta di un’affermazione che non è possibile verificare perché i dati dell’Inps riportano solo il numero dei nuovi assegni pensionistici erogati e non quello dei nuovi pensionati. I numeri potrebbero infatti non coincidere per la possibilità di ricevere più di un trattamento pensionistico”.
Come risulta dalle tabelle alle pagine 19 e 20 del Report del coordinamento attuariale Inps, da quando è entrata in vigore la vituperata riforma sono state erogati (con riferimento alle gestioni considerate e con l’esclusione del pubblico impiego e degli iscritti all’ex Enpals) 600mila nuovi trattamenti di anzianità (con un’età alla decorrenza di poco superiore ai 60 anni) contro 300mila di vecchiaia. Quindi è VERO (non QUASI VERO) ciò che ho scritto rispetto al prevalere, nei flussi recenti, del pensionamento di anzianità.
Per di più, nel primo caso (anzianità) il 78 per cento sono maschi, mentre nel secondo (vecchiaia) le donne sono 200mila, per il semplice fatto che, a causa della loro condizione nel mercato del lavoro, è in generale difficile che le lavoratrici siano in grado di cumulare l’elevata anzianità contributiva necessaria per conseguire il pensionamento anticipato. Sono pertanto costrette ad attendere l’età di vecchiaia quando sono sufficienti 20 anni di versamenti (l’anzianità contributiva media al pensionamento di una lavoratrice è pari a 25,5 anni). E sono le sole che hanno visto aumentare il requisito anagrafico in misura rilevante grazie alla sua equiparazione a quello degli uomini. Certo, se si osservano i dati dello stock (si veda la tabella a pagina 5 del Report) sono ancora in numero maggiore (nei settori considerati dei lavoratori dipendenti ed autonomi) i trattamenti di vecchiaia: 4,8 milioni contro 4,3 milioni (si perdoni l’arrotondamento delle cifre). Il fatto è che – stando alla pensioni vigenti al 1° gennaio 2017 – l’onere sostenuto per le prime è di 43 miliardi, mentre per le seconde è di 90 miliardi.
Riforma Fornero e disoccupazione giovanile
Devo poi confessare che i commenti mi hanno profondamente rattristato. Se anche lavoce.info è frequentata da persone che tirano diritto sulla strada del pregiudizio e si rifiutano persino di guardare in faccia alla realtà, almeno quando si parla di pensioni, mi domando se valga ancora le pena di continuare a combattere.
Mi preme solo ricordare che è un’altra leggenda metropolitana (anzi una chiacchiera da bar Sport) quella per cui l’aumento dell’età pensionabile sarebbe la causa della disoccupazione giovanile. Ci sono state, in proposito, ricerche empiriche che anche in questo caso allego. In particolare, segnalo un dato dell’Inapp (l’ex Isfol) secondo il quale solo il 2,2 per cento delle imprese del campione considerato avrebbe cambiato il piano di assunzioni in conseguenza della riforma Fornero. Nella stessa ricerca vengono riassunti gli esiti – tutto sommato convergenti nello smentire le analisi correnti – di altre iniziative sul medesimo tema.
La risposta del fact-checker
di Lorenzo Borga
Gentile Onorevole Cazzola, la ringrazio per la sua precisazione: il tema dell’accesso al trattamento pensionistico in Italia è sottoposto a innumerevoli strumentalizzazioni e post-verità da alcuni anni a questa parte. Verificare dati e numeri su un tema tanto caro ai cittadini è dunque prioritario, per distinguere ciò su cui vale la pena dibattere e ciò che invece altro non è che pura speculazione. I dibattiti andati in scena su La7 durante le puntate della trasmissione Di Martedì sono state una buona occasione per farlo.
La ringrazio inoltre per la sua precisazione. Confermo i numeri da lei citati sui trattamenti pensionistici totali dal 2011 ad oggi, seppur non del tutto comparabili con i dati riportati nel fact-checking (ma comunque non in modo tale da sovvertire in modo significativo il rapporto). La sua dichiarazione appare dunque VERA.
Nel fact-checking non abbiamo sottoposto a verifica la sua smentita in trasmissione della frase citata da Salvini per cui l’ammontare dei posti di lavoro all’interno del mercato sarebbe fisso e proprio per questo aumentare l’età pensionabile comporterebbe una conseguente riduzione dei posti di lavoro per i più giovani. Solo negli ultimi mesi infatti iniziano ad essere pubblicati studi di valutazione degli effetti della riforma Fornero sulla occupazione giovanile. C’è quello di Inapp da lei citato, c’è “A clash of generations” dell’Inps e c’è anche lo studio condotto da Marco Bertoni e Giorgio Brunello di cui è stato pubblicato un resoconto su lavoce.info.
I risultati sono dunque oggetto di discussione professionale tra economisti che a volte raggiungono conclusioni differenti. Non si tratta dunque di chiacchiere da bar Sport.