Il 2020 sembrava un anno promettente per gli enti territoriali, con l’allentamento dei vincoli fiscali e la possibilità di assumere e investire. L’emergenza sanitaria ha creato nuove difficoltà. Ora servono regole chiare per l’utilizzo dei fondi europei.
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La spesa sanitaria è un fattore determinante per rendere più sostenibile l’economia. Non a caso chi ha reagito meglio all’emergenza subirà meno gli effetti della crisi. Crisi che avrà un impatto pesante sulle fasce sociali in difficoltà, dopo un 2019 che ha visto un calo della povertà. Le politiche di contrasto ci sono, quello che manca è una valutazione di misure come il reddito di cittadinanza. Dove invece basterebbe applicare le norme già in vigore è la pubblica amministrazione, i cui adempimenti burocratici costano all’Italia circa 150 miliardi.
A comprimere le risorse disponibili per i servizi è soprattutto il costo del debito, al netto del quale la quota di spesa pubblica sul Pil non sarebbe di molto superiore alla media dell’Eurozona. Mentre sui ritardi nei lavori pubblici pesa anche l’inefficienza dei tribunali locali. A dimostrazione che una riforma organica della giustizia civile non è più prorogabile.
Sarebbe bastata un’attestazione di salute finanziaria e invece, in un momento già difficile, molte Srl dovranno nominare un revisore. Con conseguenze paradossali.
È online anche la quarta puntata del podcast del Festivaleconomia, realizzato da lavoce.info in collaborazione con l’Università di Trento. Parola chiave della settimana: Catene globali del valore, con Chiara Tomasi.
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In Italia la quota di spesa pubblica sul Pil non è di molto superiore alla media dell’Eurozona e dei paesi “frugali”. Ma il finanziamento del debito comprime inevitabilmente le risorse disponibili per i servizi ai cittadini, gli investimenti e la ricerca.
Per contrastare la rapida caduta della domanda e dell’offerta è meglio utilizzare la spesa pubblica finanziata attraverso l’emissione di moneta o i trasferimenti di moneta ai privati? Dipende dagli effetti redistributivi e dalla fase economica.
La spesa sanitaria pubblica del nostro paese è al di sotto della media dei paesi Ocse e della Ue. Ma la salute dei cittadini non ne ha sofferto. L’esperienza dei piani di rientro potrebbe dunque essere un serio esempio di spending review che funziona.
Nel lungo periodo, quando per tutti varrà il regime contributivo, la legge 26/2019 consentirà un’uscita più flessibile dal lavoro. Ma nel breve periodo, i tanti che andranno in pensione con il regime misto determinano un aumento significativo della spesa previdenziale.
La Nadef non cambia i contenuti dell’azione di governo: più deficit per finanziare la manovra, quasi nulli gli interventi sulla spesa, scarsa la rilevanza delle privatizzazioni. E nessuna sottolineatura dell’importanza di diminuire il debito pubblico.
Davvero le regioni del Nord sono penalizzate rispetto a quelle del Sud nella ripartizione della spesa pubblica? Dipende dai dati che si usano e dalla definizione di settore pubblico. E non può essere la ragione per le richieste di maggiore autonomia.
Maurizio Landini ha lanciato – il primo maggio – un appello all’unità sindacale, invitando Cgil, Cisl e Uil a mettere da parte le contrapposizioni del passato. Ma la sua visione tutta conflittuale dei rapporti lavoratori-impresa non è la stessa delle altre associazioni. Fare un solo sindacato non sarà facile né oggi né domani. Di sicuro, per le organizzazioni dei lavoratori è urgente rinnovarsi. Per arginare la frana di iscrizioni, soprattutto dei giovani.
I sovranisti vogliono “monetizzare” i debiti pubblici negando che ciò possa causare inflazione. Citano il Qe della Bce che ha immesso denaro senza far salire i prezzi. Dimenticando che se la liquidità rimane a riserva nei bilanci bancari non c’è vera “creazione di moneta”. Ed è quindi normale che non ci sia inflazione.
Mentre “quota 100” peggiorerà il precario equilibrio del nostro sistema previdenziale, dal confronto della spesa pubblica italiana con quella di Francia, Germania e Spagna si vede che spendiamo già più di loro per le pensioni (oltre che per pagare gli interessi sul debito). E il divario è destinato a salire. Per quanto riguarda la Spagna, appena uscita dal voto politico, forse è proprio grazie al buon andamento dell’economia se un partito storico – il Psoe – si è guadagnato una maggioranza relativa alle Cortes arginando movimenti populisti e sovranisti.
Nel territorio intorno a una università lo sviluppo sociale, economico e culturale risulta più stimolato che altrove. Soprattutto se l’ateneo è efficiente, perché promuove lo sviluppo di nuove idee. E c’è un effetto moltiplicatore della crescita nelle aree già a elevato sviluppo.
Si dice spesso che la nostra spesa pubblica è troppo elevata e che dovrebbe essere ridotta. Ma l’Italia spende davvero così tanto? In realtà, è in linea con la media degli altri grandi paesi dell’Eurozona. Destina però la quota maggiore del Pil al pagamento delle pensioni.