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L’eredità del #metoo: molestie e ricatti sessuali sul lavoro

Nel 2022-2023 il 13,5 per cento delle donne che lavorano sono state vittime di molestie sessuali e le più giovani sono le più colpite. Se la situazione è migliorata rispetto al passato, anche recente, resta molto da fare, soprattutto sul piano culturale.

Da Hollywood alla realtà quotidiana

Il movimento del#meetooha fatto emergere con forza un fenomeno nascosto ma molto radicato nel mondo del lavoro: quello della molestia sessuale. Emerso grazie alla forza mediatica del mondo dello spettacolo (ricordiamo lo scandalo Harvey Weinstein, il produttore cinematografico, “imperatore di Hollywood”), si tratta in realtà di un fenomeno persistente e che riguarda soprattutto le donne e le fasce più svantaggiate del mercato del lavoro.

Conoscere e misurare le molestie sessuali sul lavoro costituisce un compito preciso per gli stati che hanno adottato la Convenzione n. 190 dell’Organizzazione internazionale del lavoro numero 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, ratificata dall’Italia con la legge n. 4 del 15 gennaio 2021. La Convenzione prevede infatti un’ampia protezione contro la violenza e le molestie, soprattutto per le situazioni di maggiore vulnerabilità, con una attenzione specifica alla natura mutevole del mercato del lavoro, anche oltre il luogo di lavoro fisico e includendo tutti i settori economici e le circostanze in cui possono verificarsi fattispecie di violenza e molestie. Parallelamente, la direttiva Ue (2006/54/Ce) (10) definisce le molestie sessuali come “qualsiasi forma di comportamento indesiderato, verbale, non verbale o fisico, di natura sessuale, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, in particolare quando crea un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo” (articolo 2, paragrafo 1, lettera d). La stessa direttiva richiede il monitoraggio del fenomeno della violenza, con un’attenzione specifica alla vita lavorativa.

L’indagine dell’Istat

L’Istat ha risposto a tale richiesta raccogliendo negli anni dati inerenti le molestie sul lavoro e adottando una procedura di raccolta armonizzata con quanto già realizzato da Eurostat.

Proprio la novità della metodologia e la maggiore profondità delle domande poste sul tema delle molestie sul lavoro non consentono di effettuare paragoni con i risultati delle precedenti indagini, ma certamente, osservando il dato complessivo, non si può negare che il fenomeno sia diminuito negli anni, soprattutto nel caso dei ricatti sul lavoro. Se infatti nella precedente edizione dell’indagine sulla sicurezza dei cittadini (2015–2016), la stima delle donne tra i 15 e i 65 anni che nel corso della vita sono state vittime di molestie di tipo fisico sul lavoro (tentativi da parte di colleghi, superiori o altre persone sul posto di lavoro di toccare, accarezzare, baciare la persona contro la sua volontà) era di 1 milione e 404 mila (pari all’8,9 per cento delle lavoratrici), i risultati della indagine 2022–2023 riportano una percentuale che non supera il 2,5 per cento.

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Considerando i tre anni precedenti la rilevazione, si stima che siano state circa 65mila le donne che lavorano o hanno lavorato vittime di ricatti sessuali. Le giovani (15-24 anni) risultano quelle più colpite, con il 2,9 per cento. Rispetto alla precedente rilevazione, nello stesso periodo di riferimento, si è passati dal 1,1 allo 0,5 per cento.

Il ricatto sessuale indagato riguarda quello che viene esercitato (sia in forma di richiesta di prestazione sessuale o di disponibilità sessuale) per ottenere un lavoro o per mantenerlo o per ottenere progressioni nella carriera. Il fatto che riguardi le giovani generazioni allarma ulteriormente data la maggiore fragilità delle giovani lavoratrici nel nostro paese.

Anche la percezione della gravità sembra essere leggermente cambiata. Se infatti in precedenza le donne vittima di ricatto sessuale che consideravano l’atto poco o per nulla grave costituivano il 17,2 per cento, le intervistate della recente indagine rappresentano il 13,2 per cento.

Cosa ha insegnato il #meetoo

L’eredità della campagna #meetoo sembra dunque aver funzionato, ma occorre anche osservare se le azioni di contrasto istituzionale assicurate dal sistema di protezione legislativo a disposizione delle vittime abbiano inciso sulla riduzione del fenomeno.

Da questo punto di vista, Istat stima che ben l’87,7 per cento delle vittime non denuncia. Tra i motivi, scopriamo che subire queste forme di violenza costituisce per molte donne ancora un tabù da superare: circa un terzo (33,7 per cento) ha paura di essere giudicata e una percentuale elevata non denuncia perché si vergogna (23,5 per cento). La strada sembra essere ancora in salita anche sul fronte della preparazione delle istituzioni nel proteggere le vittime di ricatti sessuali: ad esempio, il 16,7 per cento delle intervistate esprime poca fiducia nelle forze dell’ordine e lo indicano come motivo della non denuncia.

Dall’indagine Istat emerge che il 13,5 per cento delle donne di 15-70 anni, che lavorano o hanno lavorato, ha subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più giovani di 15 di 24 anni, 21,2 per cento) e il 2,4 per cento degli uomini di 15-70 anni. In particolare, si tratta di sguardi offensivi, offese, proposte inappropriate, fino ad atti più gravi come la molestia fisica. In totale, le donne tra i 15 e i 70 anni che hanno subito una forma di molestia o un ricatto per ottenere un lavoro o avere un avanzamento di carriera costituiscono circa il 15 per cento del totale (circa 2 milioni 68mila donne), mentre gli uomini che hanno subito molestie sessuali nel mondo del lavoro (ad eccezione dei ricatti) sono il 2,4 per cento (circa 427mila).

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Figura 1 – Donne e uomini da 15 a 70 anni che hanno subito molestie sessuali sul lavoro nel corso della vita per sesso, classe di età, titolo di studio e tipo di molestia. Anno 2022-2023, per 100 donne e per 100 uomini di 15-70 anni

Fonte: Istat, “Indagine sulla sicurezza dei cittadini”, 2024.

La vittimizzazione cambia a seconda dei contesti culturali e sociali. Nei dati dell’indagine Eurostat, infatti, i paesi dove la parità di genere costituisce un traguardo ormai acquisito (come la Finlandia), o dove notevoli passi in avanti sono stati compiuti (come la Spagna), la molestia sul lavoro e il ricatto è riportato dalle intervistate in misura molto più forte e incidente rispetto a quei paesi dove la consapevolezza di esserne vittima è molto più bassa (come la Bulgaria). La figura 2 mostra come l’Italia si collochi nella parte bassa di questa “polarità culturale” avvicinandosi maggiormente al dato del Portogallo con un tasso del 15 per cento.

Figura 2 – Donne dai 14 ai 74 anni che lavorano o che hanno lavorato che hanno subito molestie sessuali sul lavoro (codice dati online: gbv_shw_age )

Fonte: Eurostat, EU Survey on gender-based violence against woman and other forms of inter-personal violence (EU-GBV) – 2022

Il report Istat sulle molestie è ricco di ulteriori approfondimenti e dati. Qui vale la pena sottolineare la relazione tra vittima e autore.

L’autore delle molestie sulle donne è per lo più un collega maschio (37,3 per cento) o una persona con cui ci si relaziona nel corso della propria attività lavorativa, come un cliente, un paziente o uno studente (26,2 per cento). Per le molestie subite dagli uomini sono le colleghe donne a essere indicate come autrici nel 26,4 per cento dei casi e i colleghi uomini nel 20,6 per cento. Ma pesa soprattutto quell’81 per cento di uomini che esercitano sul lavoro il loro potere molestando fisicamente, offendendo oppure facendo proposte inappropriate. Malgrado i grandi passi in avanti compiuti, occorre intervenire ancora più decisamente sul piano culturale per aumentare la consapevolezza tra le stesse vittime. E occorre intervenire sul piano istituzionale per intensificare le azioni che più efficacemente possano combattere la diffusione del fenomeno.

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  1. Savino

    Sui posti di lavoro tutto si fa, tranne il proprio dovere. La produttività di tante persone è sotto zero, a tutti i livelli di gerarchia, diversamente dalla voglia di fare cose stravaganti e perverse, dai festini all’elevata focosità. Mentre stiamo escludendo intere generazioni dal mercato del lavoro, mentre stiamo privando di tutto sia chi ha il merito che chi ha il bisogno, mentre stiamo riempiendo i nostri giovani di chiacchiere e bugie, tanta gentaglia, che non merita certe ambite posizioni sociali, prende potere a sbafo e allunga le mani umiliando le donne. E’ ora di darci una regolata e dare un inquadramento a questo fenomeno con esemplari punizioni sul piano penale e dell’etica pubblica. Ad esempio, sta passando in secondo piano quanto di vergognoso avviene nelle forze dell’ordine e in ambito militare, ma sono pressochè tutti gli ambiti da scandagliare.

  2. Marco Trento

    A me pare che l’eredità culturale più significativa e pesante del movimento #metoo sia la negazione di un principio cardine dell’ordinamento giuridico liberale, ovvero la presunzione di innocenza. Il capovolgimento dell’onere della prova in diversi sistemi giuridici è stato il passo formale successivo e micidiale. In molti paesi oggi basta che una donna ti accusi di molestie per essere completamente rovinato, e spetta a te dimostrare che non c’era consenso anche in assenza di qualsiasi prova di violenza o abuso. L’isteria seguita al #metoo e la definizione sempre più soggettiva e percettiva di cosa sia una molestia hanno fatto sì che la carriera e la vita di molti uomini in vista sia stata devastata da donne spregiudicate, e poco importa che alla fine il giudice li abbia riconosciuti innocenti. Pensiamo a Bill Cosby, Johnny Depp, Dominique Strauss-Kahn. Per proteggersi è ormai necessario adottare uno stile di comportamento il più possibile distaccato, cortese ma freddo e sterilizzato nei confronti delle colleghe, non avere mai riunioni a porte chiuse e in luoghi isolati e evitare accuratamente ogni complimento estetico e contatto fisico oltre la stretta di mano, inclusi i baci di commiato sulle guance. In caso di relazione, meglio tenere copia di tutti i messaggi scritti e vocali in cui il consenso era palese, in modo da usarli in eventuali contenziosi giudiziari.

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