Lavoce.info

Espansiva o restrittiva? Come leggere la politica monetaria della Fed

Il taglio dei tassi di 50 punti base operato dalla Fed nell’ultima riunione ha sorpreso gli analisti. Il tasso di interesse reale rimane però al di sopra di quello reale naturale. Dunque, nel prossimo futuro possiamo aspettarci nuovi ribassi, ma graduali.

La scelta della Fed

La decisione di politica monetaria che la Fed ha preso nella sua ultima riunione non era affatto scontata. Aveva, in linea di principio, possibili costi e benefici. Diminuire troppo il costo del denaro avrebbe voluto dire stimolare un’economia che in ogni caso rimane robusta, rischiando di spingere nuovamente l’inflazione al rialzo. Diminuire il tasso di interesse troppo poco avrebbe voluto dire rimanere, come si dice in gergo, “dietro la curva”, cioè in ritardo rispetto all’andamento dell’inflazione oramai da tempo discendente.

La banca centrale Usa ha quindi sorpreso i mercati con un ribasso dei tassi di interesse di 50 punti base, oltre le aspettative. Lo ha fatto perché ritiene che in realtà l’economia reale (il mercato del lavoro) stia iniziando una fase di rallentamento? Oppure perché ritiene che le condizioni del credito siano oggi troppo restrittive di fronte a un tasso di inflazione oramai in calo da diversi trimestri? I dubbi permangono.

In generale, è possibile giudicare in modo più rigoroso se la politica monetaria della Fed sia ora troppo restrittiva oppure espansiva? È cioè possibile capire se la riduzione sostanziale dei tassi di interesse di oggi sia il primo passo di un sentiero discendente verso una “normalizzazione” della politica monetaria? E che cosa vuol dire eventualmente che i tassi di interesse, lo strumento principe della politica monetaria, abbiano raggiunto un livello “normale”?

Come si costruisce il tasso di interesse naturale

È possibile fornire una risposta rigorosa a questa domanda introducendo il concetto di tasso di interesse reale naturale (o neutrale). È il tasso di interesse tale per cui il prodotto aggregato dell’economia è in linea con il proprio valore potenziale di lungo periodo e simultaneamente l’inflazione non è stimolata né al rialzo né al ribasso. In altri termini, una politica monetaria “normale” è tale quando non stimola l’economia sopra il potenziale (generando inflazione) né la contrae al di sotto del potenziale (spingendo l’inflazione al ribasso).

Va subito chiarito che il tasso di interesse reale naturale non è osservabile direttamente nei dati. È una misura coerente con alcune condizioni ideali prevalenti nell’economia, e dunque lo si può solamente stimare partendo da un modello macroeconomico stilizzato dell’economia nel suo aggregato. Inoltre, è un target a cui la politica monetaria si adegua con gradualità, e non istantaneamente, in modo che il tasso di interesse reale effettivo coincida con quello naturale solo in media.

Una stima del tasso di interesse reale naturale si può costruire a partire dal modello macroeconomico di Holston-Laubach-Williams (Hls), i cui dettagli sono descritti nella banca dati della Federal Reserve Bank di New York.

La figura 1 riporta alcune misure rilevanti dei tassi di interesse negli Usa durante il periodo recente di crescita e successiva discesa dell’inflazione (linea blu). La linea arancione mostra il tasso di interesse nominale, formalmente il Federal Funds Rate, cioè il tasso di interesse a cui le banche si scambiano prestiti overnight, fissato dalla politica monetaria. È precisamente su questo tasso di interesse che la Fed prende le proprie decisioni di policy. La linea grigia descrive il tasso di interesse reale, cioè il tasso di interesse nominale al netto dell’inflazione. Questo aggiustamento al tasso di inflazione è di cruciale importanza. È solo il tasso di interesse reale, infatti, che rappresenta la vera misura del costo del denaro e del credito che influisce sulle decisioni di consumo e investimento di famiglie e imprese. Infine, la linea rossa indica la stima del tasso di interesse reale naturale, secondo la procedura di Hls. È chiaro che questa misura del tasso reale mantiene molta più stabilità nel tempo, perché riflette movimenti più profondi dei valori fondamentali dell’economia.

Il valore del tasso reale naturale è la bussola teorica di riferimento per giudicare se, in ogni istante di tempo, la politica monetaria della Fed sia eccessivamente restrittiva o espansiva. Un tasso di interesse reale al di sopra del tasso naturale indica che la politica monetaria è ancora troppo restrittiva, mentre un tasso reale al di sotto del naturale segnala una politica monetaria troppo espansiva. Da questo punto di vista, la teoria economica aiuta dunque a stabilire un valore di riferimento rigoroso e oggettivo per giudicare lo stato della politica monetaria, al di là delle infinite discussioni giornalistiche che giudicano troppo alti o troppo bassi i tassi di interesse fissati dalla banca centrale sulla base di mere considerazioni qualitative.

Cosa accadrà domani?

La figura suggerisce alcuni spunti importanti. Innanzitutto, l’andamento del tasso di interesse reale (linea grigia), che è la misura corretta del grado di restrizione monetaria e finanziaria applicata dalla banca centrale all’economia. Nonostante la graduale salita del tasso di policy (tasso nominale, linea arancione) a partire da aprile 2022, per lungo tempo il tasso reale è rimasto negativo. Questo perché il tasso nominale non compensava la rapida salita dell’inflazione. Per lungo tempo, dunque, le condizioni reali del credito sono rimaste espansive, nonostante la Fed stesse aggiustando al rialzo il tasso nominale di policy per combattere la risalita dell’inflazione. È solo a metà del 2023 che il tasso di interesse reale diventa positivo e solo poco dopo supera il tasso di interesse reale naturale (linea gialla). In altri termini, la politica monetaria diventa formalmente restrittiva (tasso reale al di sopra del tasso naturale) solo dopo un anno circa dal raggiungimento del picco dell’inflazione. Ciò testimonia dei ritardi con cui tipicamente le banche centrali riescono a esercitare i loro effetti sull’economia e sull’inflazione.

Un secondo punto importante riguarda lo stato attuale della politica monetaria. Tornando al confronto tra tasso di interesse reale e tasso naturale, possiamo vedere che il primo rimane ancora decisamente al di sopra del secondo. Le condizioni di politica monetaria della Fed, dunque, rimangono oggi formalmente e ampiamente restrittive. Prima dell’ultimo ribasso, il tasso di interesse reale era a circa 2,75 punti percentuali, mentre il tasso neutrale era a circa 0,74 punti percentuali. C’è evidentemente ampio spazio prima di raggiungere una normalizzazione della politica monetaria.

Ciò aiuta a comprendere la recente decisione della Fed. Alla luce della distanza ancora presente tra tasso di interesse reale e tasso reale naturale, una diminuzione del tasso di policy di 0,50 punti percentuali, che ha sorpreso molti analisti, appare in realtà non così eccessiva.

Il tasso naturale è un riferimento a cui la politica monetaria tende “mediamente”, non in modo istantaneo. Ne segue che nel prossimo futuro dobbiamo aspettarci nuovi ribassi, ma solo graduali, per pilotare il tasso reale in linea con il valore di riferimento ideale del tasso reale naturale. Solo allora avremo, in senso tecnico, una definitiva normalizzazione della politica monetaria.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Precedente

Figli a casa o al nido: le ragioni di una scelta

Successivo

Il Punto

  1. Tommaso

    complimenti per l’articolo

  2. Savino

    Per lungo tempo le condizioni reali dell’inflazione, con i prezzi incrementati delle materie prime, sono state taciute.

  3. Paolo Gelain

    Non sarebbe opportuno considerare anche l’ampio balance sheet della Fed, per quanto si stia riducendo, per valutare quanto la politica monetaria sia veramente restrittiva?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén