La formazione post-diploma o post-laurea è diventata per molti un lusso. Giovani meritevoli, ma privi di mezzi potrebbero così scegliere l’inattività. Perché allora non consentire di utilizzare la Naspi per iscriversi a percorsi di alta formazione?
I Neet, il sommerso e un mondo del lavoro che cambia
Chi intende avviare un’attività autonoma, individuale o in forma associata, oppure entrare in una cooperativa in qualità di socio lavoratore, può chiedere l’anticipo della Naspi. La misura è disciplinata dall’articolo 8 del decreto legislativo 22/2015 e prevede l’erogazione, in un’unica soluzione, dell’intero ammontare residuo della prestazione. Si tratta di uno strumento utile, ma parziale: è un’opportunità solo per chi è pronto a mettersi in proprio, favorendo dunque chi ha già attitudine e competenze sufficienti per l’attività imprenditoriale e una rete relazionale adeguata ad attivare partnership o intercettare clienti.
Le recenti dinamiche del mercato del lavoro, dove anche i rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono sempre più brevi, mostrano un approccio al lavoro molto diverso rispetto a quello del periodo in cui il legislatore ha concepito e strutturato l’attuale cornice normativa sulle politiche attive e passive. Il lavoro non è più il “lavoro della vita”. Quello a tempo determinato ha una durata sempre più breve, in un trend che dura da oltre un decennio. La ricerca Dedalo di Fondazione GiGroup “Neet, giovani non invisibili: sfide e risposte per attivare le risorse del futuro” evidenzia la correlazione tra lavoro nero e Neet (coloro che non sono impegnati né in un percorso di studio, né lavorano, né partecipano a corsi di formazione professionale). E ciò fa pensare che la diffusione del lavoro irregolare scoraggi i più giovani che si chiudono nell’inattività. È anche un problema di analfabetismo giuridico sui contatti e sulle tutele che spinge i ragazzi ad accettare le condizioni che vengono loro proposte nel sommerso. Per aumentare i tassi di attività e occupazione e ampliare la base contributiva è necessario oggi rendere attrattivo il lavoro regolare.
La proposta
I lavoratori più giovani, o meno qualificati, per i quali è più diffuso il tempo determinato, potrebbero essere incentivati a utilizzare la disoccupazione dopo un periodo di lavoro regolare per accedere a una formazione terziaria o ad alta qualificazione. Una fascia ampia di giovani-adulti non ha le risorse necessarie a pagarsi un master, un Its, un corso professionalizzante. È un meccanismo poco discusso ma diffuso, che produce effetti distorsivi: rinvio degli investimenti formativi, divari crescenti tra chi può contare sul sostegno familiare e chi no. In altri termini: la formazione post-diploma o post-laurea è diventata per molti un bene di lusso, accessibile solo dopo aver lavorato abbastanza per accumulare le risorse necessarie, tempo che potrebbe non arrivare mai. Giovani meritevoli e privi di mezzi potrebbero scegliere l’inattività perché non possono permettersi di studiare in percorsi di qualità e non trovano lavori che valgano la pena, in termini di prospettiva e di salario.
Si potrebbe allora introdurre una misura semplice: rendere possibile l’anticipo della Naspi anche per chi, una volta disoccupato, decide di iscriversi a un percorso di alta formazione, in particolare a master universitari e dottorati; corsi Its Academy istituiti dal Dl 152/2021, art. 19, che hanno finalità professionalizzanti nei settori strategici; contratti di apprendistato di alta formazione e ricerca (disciplinati dall’articolo 43 e 45 del Dlgs 81/2015), ancora oggi marginali ma potenzialmente rilevanti come strumento di inserimento regolare e qualificato (che diventerebbe estremamente attrattivo perché consentirebbe di cumulare l’importo Naspi con la retribuzione, esattamente come accade per autonomi e liberi professionisti).
Il principio sarebbe analogo a quello previsto per l’attività autonoma: l’erogazione della Naspi in un’unica soluzione, subordinata all’iscrizione e alla frequenza effettiva di un percorso di formazione di durata almeno annuale, eventualmente con erogazione frazionata per semestri e legata al conseguimento di crediti formativi.
Mobilità sociale e altri vantaggi
Una misura di questo tipo non produrrebbe benefici solo individuali. Potrebbe infatti accelerare l’ingresso nel lavoro qualificato, anticipando scelte che altrimenti verrebbero rinviate di anni o abbandonate del tutto. Favorirebbe una mobilità sociale fondata sul merito, perché ridurrebbe il peso delle risorse familiari nella possibilità di accedere alla formazione terziaria. Stimolerebbe inoltre la domanda di percorsi professionalizzanti, in particolare Its e apprendistato di alta formazione, contribuendo a consolidare un’offerta ancora fragile. Infine, valorizzerebbe un segmento oggi sottoutilizzato delle politiche attive, quello della formazione strutturata, lunga e abilitante, spesso trascurata a favore di corsi brevi di upskilling con effetti occupazionali più incerti.
Il modello francese del Compte Personnel de Formation, pur rivolto a lavoratori attivi, dimostra che meccanismi individuali di sostegno alla formazione possono avere effetti positivi sull’occupabilità e sulla mobilità professionale. Un anticipo condizionato della Naspi per investimenti formativi andrebbe in questa direzione, trasformando l’assicurazione sociale da strumento difensivo a leva attiva per l’inclusione.
Una proposta di questo tipo può essere letta anche alla luce della visione espressa da Edmund Phelps in Rewarding Work (1997). L’economista americano, premio Nobel nel 2006, ha sostenuto la necessità di premiare l’ingresso stabile nel lavoro, attraverso sussidi salariali che alzino la convenienza dell’occupazione, anche per chi parte da condizioni svantaggiate. Il lavoro, per Phelps, deve essere “dignitoso”, e quindi socialmente ed economicamente riconosciuto. Non basta proteggerlo, bisogna renderlo accessibile, valorizzato e raggiungibile anche per chi ha bassa occupabilità. Potere cumulare anticipo Naspi e reddito da percorso di apprendistato ex art. 45 del Dlgs 81/2015 va in questa direzione.
Anticipare la Naspi per consentire la partecipazione a percorsi di specializzazione non premia l’inerzia, né la rendita, ma scommette su un’attivazione che passa per il tempo lungo della formazione, non solo per la ricerca immediata di un’occupazione qualsiasi o per percorsi brevi di upskilling offerti dalle ordinarie politiche attive. È un modo per rimuovere le barriere economiche all’accesso alla formazione qualificata e, al tempo stesso, per trasformare un ammortizzatore passivo in una leva attiva per l’occupabilità.
Nella stagione delle riforme del mercato del lavoro e delle politiche attive, questa è una leva assente dal dibattito. Eppure, se si vuole davvero rafforzare l’occupabilità delle persone, bisogna cominciare a rimuovere anche le barriere economiche all’accesso alla formazione superiore e terziaria.
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