Solo completando almeno una vera riforma e non ridimensionando la spending review, l’Italia può provare a rinviare il bilancio in pareggio senza incorrere nelle procedure per disavanzo eccessivo. Il quesito di fondo è come la Commissione decide sul Patto di Stabilità e Crescita.
IL PAREGGIO DA CERCARE
Ma quanta “flessibilità” ha l’Italia nella conduzione delle proprie politiche di bilancio? Poca e non solo per le regole europee, quanto per il pesante fardello di un debito pubblico che continua a salire rispetto al Pil. La vera rigidità dei vincoli è legata al giudizio dei mercati, pronti a far aumentare lo spread nel caso in cui si desse l’impressione di aver perso il controllo dei conti pubblici.
Vediamo comunque, a grandi linee, quali sono i margini già presenti nel Patto di stabilità e crescita così come scolpiti sul codice di condotta sulla sua applicazione. È a questi margini che ha fatto riferimento il comunicato conclusivo del vertice di Bruxelles, perché il Patto è stato pienamente confermato, senza deroghe, dai capi di governo UE, ed è stato richiesto all’Italia di raggiungere il pareggio strutturale nel 2015, rafforzando le originali raccomandazioni della Commissione, che erano più possibiliste a riguardo. Poiché l’Italia inevitabilmente non rispetterà la regola del debito, per avere qualche possibilità di evitare l’apertura della procedura per disavanzo eccessivo, deve quindi puntare al pareggio strutturale nel 2015. È un obiettivo molto difficile alla luce del pesante rallentamento dell’inflazione (che avvicina l’andamento del Pil nominale, quello che conta per l’andamento delle entrate, alla crescita reale del Pil, che sarà peraltro significativamente più bassa di quella prevista dal Governo).
LA FLESSIBILITÀ PREVENTIVA E LE RIFORME
C’è innanzitutto la flessibilità preventiva quella che opera ex-ante, prima dell’apertura della procedura. Riguarda tutti i paesi che non sono attualmente in deficit eccessivo, tra cui l’Italia. Nel caso in cui un paese realizzasse davvero (con tutti i decreti attuativi varati) riforme strutturali che portino a un miglioramento futuro dei conti pubblici, può invocare la cosiddetta “clausola di riforma” (articolo 5.1. della riforma del 2005, vedi allegato). Questo significa chiedere, per un massimo di tre anni, di rallentare il processo di avvicinamento al pareggio di bilancio strutturale (l’obiettivo di medio periodo per l’Italia). Dovrà comunque stare sotto alla soglia del 3 per cento di deficit. Fin quando le riforme non sono state attuate, non si può invocare questa clausola, che deve valere ex-ante. In altre parole, non serve ad ammorbidire le sanzioni nel caso in cui si entrasse nella procedura per disavanzo eccessivo. Tra l’altro questa clausola si applica in linea di principio solo a paesi che rispettano la regola del debito. Nel nostro caso dovremo invece invocarla per evitare di incorrere la procedura di deficit eccessivo violando sia la regola del debito che quella del bilancio in pareggio. La trattativa è difficile, ma non impossibile. Per aprirla dobbiamo esibire almeno una grande riforma strutturale, corredata di tutti i provvedimenti attuativi. Forse il Governo, invece di continuare ad aprire nuovi ambiziosi programmi di riforma, farebbe bene a concentrarsi su una di queste e portarla a termine in tempi più rapidi possibili. A quel punto esisteranno margini di discrezionalità perché è molto difficile stimare l’effetto sulla crescita e sui conti pubblici della riforma. L’approccio della Commissione sarà inevitabilmente di tipo qualitativo nel valutarne l’impatto.Il Patto non prevede invece alcuna deroga per spese particolari, tipo investimenti, dal computo del saldo di bilancio strutturale. Se sui cofinanziamenti dei fondi strutturali c’era stata qualche apertura in passato in alcune lettere del commissario Rehn ai ministri delle Finanze, né il testo del Patto, né il codice di condotta offrono appigli a riguardo. E lo stesso comunicato finale del vertice di Bruxelles fa riferimento solo alla flessibilità già contenuta nel Patto. Quindi sembra chiudere del tutto questa possibilità. Certo, si può tornare a negoziare a partire dal prossimo vertice, ma è tutta strada in salita. Soprattutto perché l’Italia ha un record negativo nella spesa dei fondi strutturali e continua a disperderli in più di ottanta programmi operativi contravvenendo alle richieste della Commissione di concentrarli. E il nuovo commissario agli Affari economici Katainen, al momento un supplente, ma probabilmente verrà confermato anche nella nuova Commissione che entrerà in servizio a novembre, sembra tutt’altro che intenzionato a rafforzare il coordinamento della politica fiscale nell’area Euro.
LA FLESSIBILITÀ CORRETTIVA E LA RASSEGNA DELLA SPESA
Poi c’è la flessibilità nella parte correttiva del Patto, quella delle sanzioni, una volta aperta la procedura per disavanzo eccessivo. Questa flessibilità interviene ex-post e ci interessa di meno perché la vera sanzione è quella politica e dei mercati. Potremmo comunque invocare circostanze eccezionali soprattutto nel motivare una caduta delle entrate. Queste circostanze difficilmente si applicano alle spese. Se l’Italia dovesse rientrare nella procedura di disavanzo eccessivo, potrebbe perciò invocare sorprese negative dal lato delle entrate per evitare di essere sottoposta a sanzioni. Questa richiesta è legittima solo se si garantisce di poter mantenere il sentiero correttivo dal lato delle spese. Ragione in più per concentrare l’aggiustamento sul lato della spesa. Non possiamo permetterci alcun ridimensionamento degli obiettivi della spending review. È il miglior biglietto da visita per documentare gli sforzi fatti nel migliorare i conti pubblici. Ricordiamo che, una volta rientrati nella procedura di deficit eccessivo, non c’è modo di invocare le riforme strutturali per evitare l’aggiustamento che ci sarà imposto dalla raccomandazione.
RIASSUMENDO LA GIUNGLA DI REGOLE
In sostanza, l’unica vera flessibilità di cui possiamo disporre se vogliamo evitare il rientro nella procedura di deficit eccessivo è quella nel fare riforme significative per rilanciare la crescita. Prima di averle completate possiamo solo giocare sulla discrezionalità nel definire cos’è il saldo strutturale in pareggio al netto delle misure temporanee, dato che il saldo strutturale è nozione alquanto discrezionale (ad esempio, la stima della Commissione considera che l’abbassamento del nostro tasso di disoccupazione sotto al 12 per cento avrebbe effetti inflazionistici; verrebbe da dire: magari!). Ma si tratta di piccoli aggiustamenti: solo lo 0,1-0,2 per cento del Pil. Bisogna perciò accelerare le riforme. Non basteranno certo le linee guida dei nostri Consigli dei ministri: ci vogliono leggi e apparati che le facciano entrare in vigore. Proviamo a fare almeno una riforma fino in fondo.
Ed è anche fondamentale tagliare la spesa pubblica senza ridimensionare i piani della spending review. Sarà il nostro biglietto da visita per evitare almeno le sanzioni, se non sarà possibile scongiurare la riapertura della procedura per disavanzo eccessivo.
MA COME DECIDE LA COMMISSIONE?
Rimane comunque un interrogativo di fondo: come decide la Commissione? Come spiegato sopra, c’è una forte discrezionalità della Commissione nell’interpretazione delle regole. Sui margini di flessibilità, ex-ante o ex-post, la decisione è solo affidata al commissario agli Affari Economici? Quali decisioni richiedono invece la maggioranza della Commissione? Può una burocrazia decidere a maggioranza? Con quali regole, in caso di conflitto, le decisioni vengono prese? Sarebbe bene che non solo i governi, ma anche tutti i cittadini lo sapessero. Servirebbe a rafforzare la consapevolezza di tutti sulla necessità di dotarci di un governo politico della moneta unica, un esecutivo che risponda del suo operato di fronte agli elettori.
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Piero
Perché non si dice la verità? Oramai tutti sanno che l’attuale debito italiano non è rimborsabile con politiche di bilancio, gli economisti queste cose le devono sapere.
Tutti sanno che le riforme non pagano il debito, servono per avere uno stato più competitivo e più giusto. Per pagare il debito occorre un incremento del Pil, le riforme sul punto potranno avere un effetto positivo nel medio e lungo termine.
Allora chi paga il debito, come previsto dal fiscal compact?
Chi paga gli impegni presi dal fiscal compact per il fondo Esm?
In Europa dobbiamo porre questi problemi e rispondervi, la Merkel ha già detto la sua l’Italia ha troppo debito, non può saltare perché e’ troppo grossa, la Germania non vuole pagare il debito dell’Italia nè direttamente nè indirettamente con l’inflazione (“sarebbe un esproprio per i risparmiatori tedeschi”, ha affermato la Merkel), con tali prospettive quali sono le decisioni da prendere?
Altro problema che blocca la crescita del Pil in Italia è il credito all’economia reale.
Le soluzioni, a mio avviso, vi sono. Oltre alle riforme che sono non più procrastinabili, dobbiamo a livello interno fare azionare la garanzia statale per il credito alle imprese. Esporrò il programma con un’altro commento. Mentre a livello europeo, Renzi deve prendere una forte posizione contro la politica monetaria di Draghi. A noi assegnano una poltrona importante che ci impedisce ad un posto importante nel futuro assetto europeo, perché abbiamo un italiano alla guida della Bce. Ma Draghi di Italia ha solo la cittadinanza, risponde alle direttive della Merkel; a mio avviso alla Bce e al suo direttorio si può fare una contestazione formale, non sta rispettando il trattato europeo.
In ogni caso Draghi deve subito annunciare e fare una politica di acquisto di titoli statali dei paesi euro pro quota, almeno 500 miliardi all’anno per dieci anni, le misure annunciate il 5/6 fanno solo ridere.
Maurizio Cocucci
Il fondo Esm non c’entra nulla con il Fiscal Compact, inoltre il versamento legato al previsto capitale iniziale è stato già versato completamente con l’ultima tranche dello scorso Aprile. Draghi persegue la politica monetaria nel rispetto dei trattati e del mandato. Lei confonde l’organizzazione della Bce con quella di una azienda privata dove è presente la figura dell’amministratore delegato che da solo può prendere decisioni strategiche. Nella Bce invece tutte le decisioni vengono votate a maggioranza all’interno del Consiglio Direttivo composto da 5 membri, quindi anche se Draghi non intendesse da solo (o eventualmente assieme al rappresentante tedesco) adottare scelte di politica monetaria queste potrebbero essere comunque prese se gli altri si trovassero d’accordo. Se ha seguito le scelte finora assunte dalla banca centrale dovrebbe sapere che la maggior parte sono state approvate all’unanimità e quando diversamente da un solo voto contrario: quello del rappresentante tedesco! La Bce è del tutto indipendente dai governi, quindi chiamare in causa il presidente Renzi o la cancelliera Merkel è del tutto fuori luogo. L’acquisto di titoli sul secondario non servirebbe a nulla in quanto i rendimenti sono scesi notevolmente tanto che i nostri Btp, nonostante il rating più basso, hanno un rendimento simile a quelli inglesi. Le banche non hanno assolutamente alcuna difficoltà ad ottenere denaro, ne hanno quanto ne vogliono, il problema è che manca la fiducia ed è questo fattore che limita la concessione di crediti alle aziende e alle famiglie che non offrono adeguate garanzie di restituzione. Pertanto se non intende obbligare per legge gli istituti di credito a prestare denaro la proposta di acquistare titoli di Stato per dare liquidità alle banche e da queste alle imprese (e famiglie) non servirebbe a nulla in quanto lo userebbero per acquistare altri titoli di Stato.
Piero
Naturale sono due cose diverse, manca una “e”.
In ogni caso per il fondo dobbiamo versare ancora 100 miliardi, altre 4 rate annuali di euro 25 circa cadauna. La Spagna aveva versato la prima rata di 16 mld, ma ha riscosso 50 mld per le sue banche, e’ stata molto brava, con tale somma ha sistemato le sue banche. QE è l’unica politica da fare, gli strumenti annunciati da Draghi hanno rivalutato l’euro sul dollaro, Draghi deve smetterla di parlare deve fare, deve aumentare la liquidità nel sistema dell’economia reale, ancora di più oggi che la Fed ha annunciato l’inizio della tapering.
Maurizio Cocucci
Parliamo di fondo Esm. Dei poco più dei 700 miliardi previsti complessivi, la quota in carico all’Italia è del 17,9% pari a poco più di 125 miliardi. Il capitale versato è poco più di 80 miliardi complessivi quindi l’Italia ha versato circa 14,32 miliardi. Il restante non è previsto al momento che si versi, solo se necessario. Questo perché il fondo Esm raccoglie denaro sui mecati attraverso l’emissione di obbligazioni il cui capitale sottoscritto (e parzialmente versato) serve a garanzia, ergo ciò che viene versato dai Paesi Ue aderenti non finisce nei prestiti ai Paesi oggetto di aiuto. La Spagna poi ha ricevuto l’aiuto come prestito, non in regalo.
Piero
Il trattato è scritto, l’impegno è preso in 5 rate, naturale che la Spagna ha preso in prestito la somma di 50 mld.
Maurizio Cocucci
Le rate erano 4 e riguardavano il capitale da versare (in inglese “paid in”) per complessivi 80,2 miliardi (14,32 a carico dell’Italia) le cui scadenze erano: Ott-2012; Apr-2013; Ott-2013; Apr-2014. Il resto del capitale è sottoscritto, cioè verrà richiesto solamente se necessario, necessario a garantire i prestiti ricevuti attraverso l’emissione di obbligazioni.
Rainbow
Sul debito in parte condivido quello che dice, bisognerebbe fare qualcosa di più, soprattutto far aumentare l’inflazione, altrimenti sarà impossibile abbassarlo in maniera significativa. Il fulcro attorno al quale ruotano tutti i problemi italiani è proprio il debito pubblico. Sul credito alle imprese le cose sono più complesse rispetto a quello che dice lei. C’è uno studio che dimostra che,contrariamente a quello che tutti sostengono, la domanda di credito da parte delle imprese per investimenti, per il capitale fisso, in realtà non è aumentata. In pratica gran parte delle imprese chiedono credito per pagare i debiti in quanto sono iper-indebitate e non riescono a riscuotere i crediti verso la Pa e le altre imprese. Inoltre le banche sono appesantite da 160 miliardi di sofferenze e dalla asset quality review che impone di ridurre il leverage delle banche (o in alternativa di ricapitalizzare). Draghi in questo senso ha fatto il possibile compatibilmente con i trattati, tassando le banche che depositano il denaro presso la Bce (invece di prestarlo) e lanciando un nuovo Ltro condizionato x 1000 miliardi in tutta europa ed abbassando il costo del denaro praticamente a zero!
Inoltre, ma questo è un altro discorso, la colpa della mancanza di finanziamenti non è sempre delle banche “brutte,sporche e cattive”! Le imprese italiane sono cronicamente sottocapitalizzate, gli imprenditori investono pochissimo nelle loro imprese, abbiamo imprese povere ed imprenditori ricchi. Poi dipendono troppo dal canale bancario (siamo all’80%, in Europa la media è il 50%!)
Piero
Solo l’inflazione può sistemare le cose, oggi abbiamo la concentrazione della ricchezza, dobbiamo spostarla verso il lavoro e le imprese, si dovrebbe fare con la politica fiscale, in Europa purtroppo non abbiamo un’integrazione fiscale, poi è molto difficile tassare la ricchezza finanziaria; l’inflazione è come una tassa sposta la ricchezza dalla rendita verso i lavoratori e gli imprenditori. Il credit crunch è un problema che va risolto altrimenti tutte le imprese diventano brutte e cattive, aumenteranno i crediti deteriorati, vi sarà un’avvitamento che alla fine colpirà anche le banche. Il problema tutto italiano della sotto capitalizzazione delle imprese non può essere risolto subito, necessità di tempo e di mercati del capitale che funzionano, in Italia ricordiamoci che vi sono molte Pmi, sono imprese che difficilmente possono andare nel mercato alternativo del capitale, in ogni caso alla sotto capitalizzazione delle nostre imprese abbiamo che l’imprenditore mette la garanzia personale sugli affidamenti. Non è vero che vi è solo richiesta di credito per pagare i debiti, le imprese chiedono il credito per fare crescere il fatturato, le banche in questo momento debbono diminuire i loro impieghi, naturale che sono disposte a concedere meno credito, manca l’offerta non la domanda, altra cosa e’ la domanda di credito per gli investimenti, le imprese se non ricevono credito per la gestione ordinaria sicuramente saranno meno propense a chiedere il credito per gli investimenti.
marcello
Ma chi l’ha detto che il debito non può essere rimborsato? Ovviamente dipende, tra l’altro, dall’intervallo temporale, dalla crescita e dall’inflazione. Per esempio tra l’introduzione dell’euro e l’arrivo della crisi dei subprime, cioè in circa otto anni, l’Italietta che tutti criticano ha ridotto di oltre il 20% il rapporto debito pubblico/PIL! Tanto per essere precisi. Poi che non si possano fare più investimenti pubblici perchè il debito pesa sulle generazioni future, ma che razza di discorso è! Vorrei ricordare che Keynes ha scritto la sua opera più famosa partendo dalla constatazione che la Legge di Say non funziona, o meglio non esiste! Quindi il risparmio non crea l’investimento, perchè quest’ultimo dipende da altro e questo altro sono le aspettative a cui, di nuovo Keynes ha dedicato non solo due capitoli della Teoria, ma non casualmente alcuni anni di studio culminati nella pubblicazione del trattato sulla probabilità.
Ma è mai possibile che la Bundesbank, che dovrebbe preoccuparsi delle condizioni patrimoniali della Deutsche Bank e di ciò che questa ha fatto (Libor, Euribor ecc.) e fa sui mecati finanziari, abbia l’arroganza di dire ciò che è giusto a decine di premi Nobel? C’è un senso della misura o no?
Piero
Il vero Bazooka di Draghi
L’unica arma che può funzionare in Europa e si può quindi veramente chiamare “bazooka”, è lo strumento che può curare la causa della crisi. Siamo partiti dalla crisi del debito pubblico, si deve quindi dare un forte segno nella garanzia del debito pubblico dei paesi euro. Il debito pubblico verrà pagato e non sarà mai più quindi oggetto di speculazione. La Bce deve annunciare un
programma di acquisto di titoli pubblici dei paesi euro sul mercato secondario di oltre 4000 miliardi da effettuare in un periodo che può andare dai sette anni ai dieci anni. L’acquisto, per non violare il trattato, deve avvenire pro quota del Pil degli stati (o della quota di partecipazione alla Bce). Il primo effetto sarà una diminuzione del costo del debito per tutti gli stati, un’aumento della liquidità per il sistema bancario, un aumento del patrimonio delle banche, un’aumento del credito per le imprese e una svalutazione del cambio sul dollaro. Sono misure che possono essere ampiamente prese immediatamente, non avranno effetti inflazionistici superiori alla soglia della Bce, stiamo già avvicinandoci alla deflazione. La Merkel si oppone a questa misura perché teme l’esproprio dei risparmiatori tedeschi, non vuole abbandonare la politica dei compiti a casa propria, teme che vi sia un allentamento della moral suasion. Dimentica, la Merkel, che oramai con il fiscal compact vi è l’obbligo del pareggio del bilancio e del rientro del debito in 20 anni nel limite del 60%, continuare quindi con una politica monetaria restrittiva non ha più senso. Le misure annunciate il 5/6, non hanno effetto immediato sull’economia ad eccezione della sospensione della sterilizzazione degli Smp di Trichet, anche il Fondo Monetario ha invitato Draghi verso l’acquisto dei titoli pubblici dei paesi euro.
Questo è il vero bazooka, naturale che questo Qe non è la soluzione di lungo periodo. Se l’Europa non si avvia verso l’integrazione fiscale, la moneta unica non potrà essere adottata da tutti i paesi membri. Nell’adozione della moneta unica non sono stati previsti gli squilibri delle bilance dei pagamenti, anzi non se ne tenne conto, perché si affermò che si sarebbero riequilibrati da soli considerando il mercato unico. Ciò lo sappiamo tutti, non lo è e non lo sarà mai. Non vi sarà mai una mobilità dei lavoratori come quella che vi è all’interno del singolo paese.L’unione europea non prevede l’integrazione fiscale, non vi è la possibilità di effettuare trasferimenti verso le economie in difficoltà. Nessuno stato farà mai sacrifici volontari per un’altro stato, basta vedere la Germania: ha avuto con l’euro il surplus della bilancia dei pagamenti nei rapporti tra paesi euro, si tiene ben stretto tale vantaggio e la Merkel, se si attua una politica monetaria espansiva, denuncia un esproprio per i risparmiatori tedeschi.
Da diffidare anche della recente apertura della Merkel. Il nodo da sciogliere resta sempre la Bce, di ciò non se ne parla. Quindi avremo dalla Merkel uno “zuccherino” , che Renzi enfatizzerà in Italia, ma il vero problema non sarà risolto, la disoccupazione resterà alta in Italia, la tassazione non scenderà, il Pil sarà sempre negativo.
Piero
Credit- crunch
Misure per la soluzione del credit-crunch. Attualmente e’ il problema che blocca l’operatività delle imprese, i maggiori fallimenti e chiusure delle pmi derivano dalla mancanza di liquidità. Su tale fronte il governo deve operare subito con un decreto legge che non deve rinviare a futuri decreti attuativi, tutte le modalità operative devono essere contenute nel decreto legge. Lo stesso, essendo immediatamente operativo, avrà efficacia immediata sull’economia.
Si è vero che Draghi ha già fatto un’apertura ad una politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali, ho dei forti dubbi che tale annuncio non sia stato fatto per fini politici, ossia per arginare i partiti antieuro. In ogni caso, anche se Draghi fosse in buona fede, tali interventi verranno presi tra sei/nove mesi, e’ un lasso di tempo che le nostre pmi non si possono permettere. Quindi, attuare subito le misure sottoelencate, che devono avere un impatto complessivo di almeno 100 miliardi di euro.
A) Credito per le imprese italiane. Il principio che viene seguito per tale intervento e’ semplice: dare alle imprese dell’economia reale le stesse chance date a quelle dell’economia finanziaria. Ricordiamoci che lo stato ha garantito 250 mld di collaterale che le banche hanno dato alla Bce per avere i prestiti all1%, pagando una commissione dell’1%. Naturalmente con modalità diverse si dovrà assumere uno stesso comportamento nei confronti delle piccole e medie imprese italiane che sorreggono l’economia reale e conseguentemente l’occupazione. Per tale intervento non è necessaria la copertura finanziaria, non fu necessaria per garantire il collaterale delle banche, non sarà quindi necessaria oggi per le garanzie alle imprese dell’economia reale. Si ricorda che ad oggi, a meno di un’anno dalla scadenza, le banche italiane hanno restituito solo il 15% del prestito ricevuto dalla Bce, non si può quindi considerare le banche meno rischiose delle imprese reali.
A1) aumentare il plafond della 662. Devono essere garantite, in presenza di un bilancio certificato in utile ed in presenza dell’impegno di non diminuire l’occupazione per il prossimo triennio, linee di credito che l’impresa potrà utilizzare a suo piacimento pari al 40% del fatturato. La concessione della garanzia dovrà avvenire con la procedura semplificata e tutta con il portale telematico, il tempo di concessione per legge non potrà superare i 15 giorni lavorativi.
A2) prevedere prestiti garantiti da immobili anche di terzi o da altri asset della società che possano avere un valore, come il marchio il brevetto ecc, a favore di imprese in crisi, in presenza di un piano di ristrutturazione sottoscritto anche dai lavoratori, la concessione del prestito potrà essere subordinata anche da accordi con altre imprese, privilegiando le imprese legate da un contratto di rete. Accordi che dovranno essere sottoscritti da tutte le imprese interessate per avere la concessione del prestito. Il prestito potrà essere concesso dalla Cdp, nel caso di prestiti immobiliari si potrà utilizzare la formula della locazione finanziaria che permette l’immediato trasferimento del bene alla Cdp, vene che dovrà essere ritrasferito al momento del rimborso integrale del finanziamento.
Le modalità di concessioni di tali linee di credito non potranno superare trenta giorni dalla richiesta.
A3) prevedere agevolazioni fiscali per gli strumenti alternativi di finanziamento delle piccole e medie imprese:
-per i minibond emessi nel prossimo triennio prevedere l’esenzione fiscale totale per i sottoscrittori;
-per agevolare la quotazione in borsa, concedere un credito di imposta pari al 100% delle spese sostenute per la quotazione spese che devono essere certificate dall’organo di controllo interno.
B) Credito per i privati cittadini italiani. La banca, al verificarsi delle condizioni previste dalla norma, sarà obbligata alla concessione del credito, essendo garantito dalla Cdp. La Cdp per l’acquisto degli immobili B1e B2 sarà garantita dalla riserva di proprietà del bene immobile, mentre per i finanziamenti B3 e B6 vi sarà la fideiussione di tutti i proprietari e di tutti i titolari di diritti reali sull’immobile finanziato o in alternativa l’ipoteca per i B3 che superano le 60 rate di rimborso e per i B6, per i finanziamenti B4 e B5 sarà necessaria la fideiussione personale dei genitori e dello studente al raggiungimento della maggiore età.
B1) acquisto immobili. Per tutti i privati, possibilità di acquisto dell’immobile da adibire a propria residenza principale, anche con la formula mista della locazione/acquisto. Si dovrà redigere una tipologia contrattuale che soddisfi tali esigenze. Naturale che ciò potrà essere riservato solo a chi non è proprietario di altri immobili ad uso residenziale ed ha un reddito non superiore ad un limite di 30.000 euro e un isee che non superi i 50.000 euro.
B2) giovani coppie: prevedere mutui ipotecari con la durata massima di 30 anni, anche con la formula mista locazione/acquisto, ossia l’acquisto potrà essere effettuata per un periodo massimo di 8 anni, successivamente si procederà all’acquisto con decurtazione del canone pagato limitatamente alla parte del capitale ove vi sia lo spazio. Per tali prestiti vi sarà la garanzia della Cdp
B3) manutenzione su immobili anche condominiali: prevedere prestiti pari all’intervento di manutenzione che deve essere certificato per la sua congruità da un tecnico abilitato. Tutti i pagamenti dovranno essere fatti con bonifico e gestiti dalla banca scelta dal proprietario o dall’amministratore condominiale. Su tale prestito le banche potranno applicare lo spread massimo del 2% sul tasso di riferimento scelto. Il rimborso potrà essere di 60 rate mensili, nel caso che il prestito superi la durata di 60 rate mensili dovrà essere garantito da ipoteca, che potrà essere di secondo grado, nel caso vi sia capienza nel valore dell’immobile decurtato del 20%
B4) prestiti universitari da concedere agli studenti universitari finalizzati al finanziamento sia della tassa di iscrizione che dei libri e del canone di locazione. L’ammontare del prestito sarà pari a 5.000 euro per ogni anno universitario. Per il mantenimento del prestito occorre la regolarità del percorso degli studi, chi perde il diritto dovrà restituire il prestito con 60 rate mensili, il tasso di interesse sarà pari al tasso legale, lo studente universitario sceglierà la banca che dovrà gestire il prestito per le finalità a cui esso è destinato.
B5) prestiti per lo studio dei figli: prevedere finanziamenti che possono essere rimborsati al conseguimento della maggiore età del figlio, oppure nel caso voglia continuare gli studi dopo il conseguimento del titolo universitario. L’ammontare del prestito potrà essere pari a 10.000 euro per ogni figlio, la scadenza dello stesso sarà al termine degli studi che non potrà superare il 19 anno di età, potrà essere aumentato della durata al corso universitario a cui si iscriverà successivamente. In ogni caso, il rimborso avverrà in 60 rate mensili decorrenti dalla scadenza, su tale prestito graveranno gli interessi legali. Tale prestito deve essere utilizzato solo per il pagamento delle tasse di iscrizione, per l’acquisto dei libri e di altri strumenti richiesti dall’istituto e per i mezzi di trasporto necessari per recarsi presso l’istituto scolastico, il finanziamento sarà gestito da un istituto di credito scelto dai genitori e sarà garantito da entrambi.
B6) possibilità per i proprietari di immobile di ottenere un prestito di liquidità sull’immobile stesso per un importo pari al 50% del suo valore. Tale prestito dovrà prevedere un periodo di pre ammortamento di soli interessi per un periodo di tre anni, la durata non poteva essere superiore a venti anni, sarà garantito da ipoteca di primo grado. Tale formula deve essere destinata esclusivamente a chi perde il posto di lavoro con un isee inferiore a 20.000 euro.
C) Credito per la pubblica amministrazione: si dovrà eliminare il patto di stabilità per gli investimenti in infrastrutture a condizione che gli enti predispongano un programma di riduzione della spesa corrente per il personale che preveda una riduzione del 2% annuo e che gli investimenti siano finanziati con prestiti concessi dalla Cdp ad un tasso che preveda uno spreed fisso pari all’1%.
C1) i prestiti devono essere destinati alla costruzione di opere pubbliche, anche da parte delle società partecipate, dove l’ente pubblico ha la maggioranza sia del capitale che della governance, nel caso di società partecipate, le stesse non potranno mai chiudere il bilancio in perdita, sarà una causa di risoluzione del prestito che dovrà essere restituito immediatamente.
C2) i prestiti potranno essere utilizzati per finalità sociali nei limiti del 10% delle entrate dell’ente pubblico, in tale caso l’ente dovrà produrre annualmente alla Cdp un rendiconto su tale utilizzo con il nominativo di tutti i beneficiari.
C3) prevedere l’emissione dei minibond per le società partecipate di proprietà esclusiva dell’ente pubblico, gli stessi potranno essere garantiti dall’ente, la garanzia prestata non dovrà essere oggetto di calcolo nel patto di stabilità. I minibond potranno essere sottoscritti anche da privati a condizione che vi sia un documento informativo sull’operazione pubblica finanziata e contenta il bilancio dell’ente che garantisce il rimborso. I minibond potranno essere emessi solo per opere pubbliche che possano avere un ritorno economico.
Maurizio Cocucci
Davvero molto interessante questo articolo, soprattutto perché evidenzia che la flessibilità è già prevista dai trattati, solo che in cambio occorre procedere con le riforme strutturali, riforme che anche la Francia non ha attuato come promesso. Ieri poi, in occasione dell’inaugurazione del semestre italiano, vi è stata l’occasione per tornare sull’argomento. Ebbene, dopo l’intervento del presidente Renzi, Rai News 24 ha intervistato il vice presidente uscente della Commissione Europea Antonio Tajani, il quale a proposito della flessibilità richiesta ha ricordato che il 18 marzo 2013 assieme al Commissario agli Affari Economici Olli Rehn ha firmato un documento con il quale si autorizzava il pagamento degli arretrati delle pubbliche amministrazioni italiane senza che l’importo venga conteggiato nel debito, cioè in deroga al Patto di Stabilita e Crescita. Cosa è avvenuto in questo anno e oltre? Che gli arretrati non sono ancora stati azzerati, anche se il governo ha promesso di farlo entro l’inverno prossimo, cosa che ha fatto giustamente scattare la procedura di infrazione da parte della stessa Commissione Europea in quanto i ritardi non rispettano la relativa direttiva europea. Non solo, Tajani ha anche aggiunto che dopo aver inviato il documento ha ricevuto telefonate di chiarimenti da parte del ministero dell’Economia in quanto secondo loro non si poteva disattendere il limite previsto dal trattato, ergo non erano (probabilmente) convinti che quel documento contenesse una deroga. Anche se Tajani ha detto che probabilmente anche a Roma ci sono sostenitori dellla politica di austerità.
Rainbow
Condivido quasi tutto quello che scrive, ma questa cosa su Tajani proprio no! Tajani non fa testo alcuno, agisce su input di Berlusconi e Brunetta che, stante le loro difficoltà in Italia con Renzi (si sono legati politicamente a lui, ma in questo modo lo hanno rafforzato perdendo consenso elettorale), vogliono lavorarlo ai fianchi (continuando comunque a collaborare con lui perché in questo momento a berlusconi conviene cosi; può sempre spuntare qualche indulto, ha la garanzia che la legge sul conflitto di interessi non si faccia, se vanno in porto le riforme istituzionali berlusconi verrebbe considerato “padre costituente”,etc.) per ridimensionarlo un po’; quindi Tajani, prima di lasciare la commissione, ha accelerato la procedura di infrazione (ha finto di collaborare con Padoan) per la questione del mancato pagamento dei debiti per screditare il lavoro di Renzi e di Padoan in questo senso. Ho letto in proposito un interessante retroscena della questione da parte di Ivo Caizzi,giornalista economico di “Corriere Economia”, molto addentro alle questioni di politica comunitaria il quale, in genere, non è mai molto tenero nei confronti di Renzi e del Pd! Del resto figurarsi se Padoan e Renzi non avrebbero interesse a pagare il più presto possibile i debiti della Pa! Il debito della Pa sta diventando una clamorosa promessa non mantenuta di Renzi, infatti le opposizioni e i media di area movimento 5 stelle (il Fatto Quotidiano e Dagospia) sparano ogni giorno a palle incatenate su questo punto!
stefano cianchetta
Una volta si diceva: “Per rispettare il Fiscal Compact basta fare le riforme e crescere del 3% nominale”. Bei tempi eh? Peccato però che tagli di tasse e spese secondo Haavelmo diminuiscono il Pil e
difficilmente la deflazione salariale e i tagli spingeranno la domanda o l’inflazione. Al massimo la commissione, plaudendo alle “riforme strutturali”, ci accorderà il suo consenso ad affossare ulteriormente il Pil. Finirà che avevano ragione Carli o Scalfari versione anni ’70: “l’Unione monetaria europea non può tuttavia essere imperniata su un meccanismo che tenda a relegare verso il fondo della scala gli obiettivi dello sviluppo e della piena occupazione, cioè ad invertire le scelte accettate dalla generalità dei popoli e dei governi in questo dopoguerra” http://www.thefederalist.eu/site/index.php?option=com_content&view=article&id=530&lang=it
“l’operazione che è stata decisa assomiglia maledettamente alla piemontesizzazione del Mezzogiorno d’Italia –sulla pelle di Garibaldi e del Partito d’Azione- dalla corte di Torino oltre un secolo fa” http://tempofertile.blogspot.it/2014/04/eugenio-scalfari-1978-parole-al-vento.html
“A cose fatte, il 17 dicembre 1978, quando un voto Parlamentare ha suggellato la scelta epocale di rinunciare all’indipendenza monetaria, praticamente senza alcuna contropartita, salvo belle parole e finti impegni, Scalfari scrive un doloroso articolo che reca titolo “Quota novanta”. In esso viene ricordata la rivalutazione della lira condotta dal Governo Fascista nel 1926, immediatamente seguita da due distinti e consecutivi atti di riduzione dei salari (tra il 10 ed il 20%, e poi dopo tre anni di un altro 8%) accompagnati dall’ironica e popolare canzoncina “
Piero
La miopia dei nostri governanti, Monti, Letta e forse Renzi, riusciranno a portare l’Italia una semplice regione della Germania, mi auguro che il popolo comprenda tale strategia e si ribelli a tale situazione.
stefano cianchetta
Una semplice regione della Germania dici?
I nostri governanti dovrebbero leggere il libro “Anschluss” di Vladimiro Giacchè! http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-sud-europa-fara-la-fine-della-ddr/ Persino Marcello De Cecco ha dichiarato: “La Germania dell’Est è stata distrutta e conquistata”. A mio parere l’Italia subirà un trattamento peggiore perché nei confronti degli Ossis un minimo di solidarietà è politicamente possibile (con sussidi a compensazione della rapida e profonda deindustrializzazione imposta tramite la Treuhandanstalt) http://en.wikipedia.org/wiki/Treuhand Comunque quello è il modello: “Attraverso una consapevole politica di deindustrializzazione e di privatizzazione dei servizi le autorità di Bonn hanno trasformato la fu Ddr da una economia rivolta all’esportazioni ad una incentrata sulla domanda interna, ossia dipendente dai trasferimenti dall’Ovest.” Jean-Claude Junker: «saluterei con piacere il fatto che i nostri amici greci fondassero un’agenzia per le privatizzazioni indipendente dal governo, secondo il modello della Treuhandanstalt tedesca, in cui ricoprissero ruoli anche esperti stranieri». Nell’esclusivo interesse degli europei del sud ovviamente.
Maurizio Cocucci
Vladimiro Giacchè è un filosofo che guarda alla riunificazione tedesca con occhi da filosofo e sensibile alle tematiche marxiste. Non è un economista e quindi non spiega il dopo riunificazione da quello che sarebbe il corretto punto di vista. Definire l’economia dell’ex Repubblica Democratica Tedesca votata all’esportazione è inesatto. Era certamente una delle economie più competitive dell’ex blocco facente capo all’ex Comecon ma rispetto alle economie più avanzate occidentali esisteva un divario gigantesco. Le aziende erano statali e quindi quando il nuovo governo federale si trovò a dover risolvere la loro posizione non ci fu altra soluzione che reindustrializzare tutto, in quanto ben poco poteva resistere alla competizione dei mercati che oramai andavano incontro alla globalizzazione. Questo ha comportato certamente dei problemi con un aumento notevole della disoccupazione però l’opera di trasferimento di risorse finanziarie ingenti e di incentivi agli investimenti privati oltre che a quelli pubblici nei 5 Länder dell’ex Ddr hanno ridotto notevolmente sia la disoccupazione che il divario con i Länder occidentali. Forse Giacchè non è al corrente che nel 2000 il Pil pro-capite delle regioni meridionali d’Italia e quelle dell’ex Ddr era pressochè simile, mentre oggi il divario è notevole, da una media di 15.000 euro pro capite al meridione (praticamente gli stessi del 2000) ai 23.000 dei 5 Länder orientali tedeschi. O che la disoccupazione in questi ultimi è del 10% circa contro il nostro livello pressochè doppio al Sud. Dovrebbe magari fare una visita presso le città di Dresda, Lipsia e altre per verificare quanto si sia ricostruito, così come in termini di vie di comunicazione stradale e ferroviaria. Nulla a che vedere con la vergognosa situazione del nostro meridione.
stefano cianchetta
Le ripeto l’Italia subirà un trattamento peggiore perché nei confronti degli Ossis un minimo di solidarietà è politicamente possibile (con sussidi a compensazione della rapida e profonda deindustrializzazione imposta tramite la Treuhandanstalt e successivi investimenti).
Senza adeguati trasferimenti e oculati investimenti pubblici questa parziale convergenza sarebbe stata impossibile.
Questo non avviene e non avverrà a livello europeo.
Hayek ad es. dimostra che una federazione fra Stati realmente diversi porta necessariamente all’impossibilità di un intervento statale nell’economia:
“in una federazione di stati nazionali la diversità di interessi è maggiore di quella presente all’interno di un singolo stato, e allo stesso tempo è più debole il sentimento di appartenenza a un’identità in nome della quale superare i conflitti stessi (…). Un’omogeneità strutturale, derivante da dimensioni limitate e tradizioni comuni, permette interventi sulla vita sociale ed economica che non risulterebbero accettabili nel quadro di unità politiche più ampie e per questo meno omogenee “.
(scrive Streeck riassumendo Hayek).
Piero
Leggo oggi che gli italiani non hanno più la forza di pagare l’assicurazione obbligatoria dell’auto e quindi vanno in giro senza copertura assicurativa, i nostri politici quando si renderanno conto del disagio sociale degli italiani? In ogni caso sono ancora fiducioso che Renzi possa fare ancora qualcosa, non deve cadere nella trappola tedesca delle riforme, in base al suo consenso elettorale non deve più difendere la politica di Draghi e spingerlo subito verso la politica monetaria tipo QE senza sterilizzare, ricordo che gli Smp di Trichet sono stati fatti perché si potevano fare, oggi non vedo perché non si può fare una politica di QE, il vero problema è l’influenza della Merkel e delle lobby finanziarie che non hanno nessuno interesse alla svalutazione dell’euro, oggi un euro forte interessa solo alla Germania e alle lobby finanziarie. A questo punto Renzi dovrà scegliere, mettersi dalla parte della gente o dalla parte della finanza? A lui la scelta, basta che con correttezza lo dica, non ha più senso affermare che noi rispettiamo i patti e vogliamo la crescita, non si può avere la crescita con la situazione attuale, se non vi è liquidità la crescita non ci sarà.
Piero
Oggi il Sole-24 ore annuncia 1000 miliardi di credito per le imprese, nulla di più falso, sono solo le manovre annunciate il 5/6 da Draghi, misure che già sono state bocciate dai mercati, al contrario la “disonestà intellettuale” del il sole 24 ore enfatizza per difendere Draghi. Ma poniamoci la domanda: perché oggi il Sole-24 ore difende l’operato di Draghi?
Abbiamo il quotidiano che dovrebbe essere di Confindustria, quindi sensibile ai problemi delle imprese che in questo momento soffrono di credit crunch, che dà una notizia falsa come quella attuale, perché?
Maurizio Cocucci
Perchè non è una notizia falsa?
Piero
L’Italia non ha bisogno di flessibilità, il fiscal combact se accompagnato da una politica monetaria espansiva è una cosa giusta, quindi parlare di più flessibilità si sbaglia, si fa il gioco della Germania, noi dobbiamo fare cambiare la politica monetaria di Draghi, non ha senso fare ulteriore debito che grava sulle generazioni future, giusto fare le riforme per aumentare la competitività del paese Italia, ma subito dobbiamo cambiare la politica monetaria europea, Renzi lì deve muoversi, invece non lo fa, perché?
Maurizio Cocucci
Prima di invocare l’intervento del presidente Renzi, o di puntare il dito sulla cancelliera Merkel oltre che accusare a vanvera l’operato di Draghi, legga come avvengono le decisioni in tema di politica monetaria all’interno della Bce ed in particolare ‘chi’ le decide (le foto dei partecipanti in fondo alla pagina aiuta): http://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/decisions/govc/html/index.it.html
Piero
L’operato della Bce se non cambia verrà censurato nelle sedi competenti, poi vediamo se il buon Draghi ha gestito nel migliore dei modi la poltrona assegnatagli dalla Merkel.
piertoussaint
Quali riforme? Renzi è finto.
Francesco Neroazzurro
E’ davvero sconcertante come si continui con la solita filastrocca delle “riforme che porteranno la crescita” e ancor più grave come, in un momento di recessione, si continui a suggerire la strada del taglio della spesa pubblica: quando capirete che le riforme la crescita la portano, se va bene nel lungo periodo (ma forse queste riforme non portano crescita ma solo disuguaglianza http://www.deps.unisi.it/sites/st02/files/allegatiparagrafo/29-04-2014/696.pdf) e che i tagli di spesa in recessione sono, appunto, recessivi? Possibile che ancora, nonostante le innumerevoli prove che ci ha fornito la crisi, non abbiate imparato la lezione keynesiana? Quando capirete che continuando con il mantra austerità + riforme (= ridurre il costo del lavoro) la fine sarà questa http://keynesblog.com/2014/07/04/un-selfie-dalla-grecia/? Dentro a queste regole non c’è futuro né per l’Italia né per l’Europa.
marcello
Mi sembra che non ci siano alternative né alla flessibilità né al quantitative easing da parte della Bce a meno di non voler spingere Francia e Italia nelle stesse condizioni dei paesi sotto cura della Troika. Alcuni semplici dati macroeconomici riferiti al periodo 2008-2013 testimoniano, al di là di ogni ragionevole dubbio, la follia dell’austerità espansiva di marca tedesca:
Irlanda: Pil -7,6% (-2,3% T1 2014), disoccupazione 13,7%, disoccupazione giovanile 25,4%, rapporto debito pubblico/Pil + 25%, al 117,4% (123,7% T1 2014), rapporto deficit pubblico/Pil da +0,1% a -7,2%%.
Portogallo: Pil -6,9% (-0,7% T1 2014), disoccupazione 15,6%, disoccupazione giovanile 35%, rapporto debito pubblico/Pil +68,3%, al 124,1% (129% T1 2014), rapporto deficit pubblico/Pil da -3,1% a -6,4%.
Spagna: Pil -6,7% (-0,7% T1 2014), disoccupazione 25,1%, disoccupazione giovanile 53,5%, rapporto debito pubblico/Pil + 36,1%, all’86% (93,9% T1 2014), rapporto deficit pubblico/Pil da +1,9% a -10,6%.
Grecia: Pil -25% (-0,9% T1 2014), disoccupazione 26,5%, disoccupazione giovanile 56,9%,rapporto debito pubblico/Pil da 112% a 175% (177% T1 2014), il rapporto deficit pubblico/Pil da -9,8% a -12,7%.
E’ questo il futuro che Francia e Italia dovrebbero accettare?
Maurizio Cocucci
La citata “austerità espansiva”, definita folle, è nella fantasia di qualche giornalista. Intanto cominciamo con il dire che vi sono due modi di esprimere una austerità: una è quella di porre un limite (assoluto o relativo) ad una spesa, l’altro è quello di porre una condizione di equilibrio, cioè in cui a tale spesa corrisponda una relativa copertura.Noi siamo in corrispondenza della seconda condizione perchè nessuno ci vieta di aumentare la spesa pubblica, nè in termini assoluti nè relativi (sul Pil). I trattati, che abbiamo volontariamente accettato e sottoscritto con tanto di inserimento delle clausole principali in Costituzione senza che fossero condizione prevista obbligatoriamente, prevedono che la spesa venga coperta da altrettanti entrate. il significato di questa condizione non è quello citato a vanvera, ovvero che sia condizione per una crescita economica, ma che si eviti ai Paesi di essere vittime dei mercati finanziari e della speculazione e quindi di porsi nelle condizioni di non poter ottenere credito a tassi accettabili e sostenibili. E se, rispettando tali trattati, si fosse preda della speculazione allora ecco che vi sarebbe il sostegno degli altri Paesi.
Alcuni non hanno ancora compreso che non si tratta di ottenere semaforo verde dalla Ue per fare ulteriore deficit, oltre al vincolo costituzionale di cui ci si dimentica spesso, ma di avere poi i prestiti richiesti senza cadere nella condizione del 2011.
Il Fiscal Compact è stata una proposta franco-tedesca appoggiata dalla maggior parte dei Paesi Ue, quindi sostenere che l’austerità è voluta (o addirittura imposta) dalla Germania è a dir poco inesatto. Loro sono forti sostenitori ma sono accompagnati da almeno una ventina di Stati della Ue che la pensano allo stesso modo. Basti pensare che il Fiscal Compact stesso è stato condiviso da 26 Paesi su 28, dei quali 8 senza l’euro quindi con una propria moneta e una propria banca centrale.
La Gran Bretagna ha fatto il Quantitative Easing è vero, ma ha anche fatto ingenti tagli al bilancio tant’è che prevede di rientrare nel 3% del rapporto deficit/Pil a breve e a tale fine ha tagliato ben 500 mila (!) posti di lavoro pubblici. Gli Usa hanno fatto anch’essi il Quantitative Easing ma hanno visto numerose municipalità, tra cui la città di Detroit e quella di Stockton in California, chiedere il “Chapter 9”, ovvero lo status di bancarotta con conseguenze che si possono immaginare.
stefano cianchetta
Lei crede che sia possibile avere un avanzo primario del 5% senza far crollare ulteriormente PIL, occupazione e domanda interna?
La bassa inflazione non aiuta. Lo stato riduce i consumi. I privati vedono ridursi i redditi (e tagliano i consumi). Resta solo la domanda estera, può bastare secondo lei?
Tabellini al default preferisce la rottura dell’eurozona.
http://archiviostorico.corriere.it/2014/giugno/29/insostenibilita_del_debito_azzardo_della_co_0_20140629_737236fe-ff50-11e3-8294-bc2cfe929502.shtml
Maurizio Cocucci
Certo che è possibile, anzi è proprio l’unica soluzione perché avere più deficit significa incrementare ulteriormente il debito e da qui la spesa per interessi che oggi supera gli 80 mld all’anno. Solo la riduzione della spesa pubblica tagliando il superfluo vero e la rimodulazione della fiscalità possono consentire al Paese di venirne fuori. Non vanno tagliati posti letto nella Sanità o aule scolastiche, ma i costi ingiustificati (il ben noto esempio della siringa che in una regine costa 1 e in un’altra 3 o più rende bene il concetto).
michele carugi
Egregio Boeri, con la sua usuale pragmaticità da non politico lei è andato dritto al punto della questione e cioè che chiedere senza prima aver dato prova di seria capacità riformatrice riceverà dei “niet” sonori. In una mia analisi (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/05/renzi-vs-europa-il-contrasto-e-sullutilizzo-dellelasticita/1050555/) io ero stato più ottimistico, arrivando a ipotizzare che di fronte a riforme intraprese che vadano nella direzione concreta di un ridisegno dello Stato e che indichino con chiarezza che le maggiori risorse disponibili verrebbero spese in infrastrutture, miglioramento del sistema educativo, informatizzazione, drastica revisione della burocrazia, riduzione di leggi e norme e non in assistenza a privilegiati di varia natura, mantenimento di municipalizzate in perdita, salvataggi di stato, compensi al voto di scambio corruzione, l’Europa potrebbe guardare alle richieste con occhio benevolo.
Peraltro, nei programmi di Renzi non vedo questo cambio di marcia e comunque, avendo letto la sua analisi sono dell’opinione che il suo approccio sia più realistico del mio, un po’ ottimistico circa le possibili aperture europee ma anche assai pessimistico circa la capacità del Governo di essere credibile programmando riforme che non mirino a spendere meno, ma a spendere meglio.
michele carugi
Egregio Boeri, con la sua usuale pragmaticità da non politico lei è andato dritto al punto della questione e cioè che chiedere senza prima aver dato prova di seria capacità riformatrice riceverà dei Niet sonori. In una mia analisi ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/05/renzi-vs-europa-il-contrasto-e-sullutilizzo-dellelasticita/1050555/ ) io sono stato più ottimistico, arrivando a ipotizzare che di fronte a riforme intraprese che vadano nella direzione concreta di un ridisegno dello Stato e che indichino con chiarezza che le maggiori risorse disponibili verrebbero spese in infrastrutture, miglioramento del sistema educativo, informatizzazione, drastica revisione della burocrazia, riduzione di leggi e norme e non in assistenza a privilegiati di varia natura, mantenimento di municipalizzate in perdita, salvataggi di stato, compensi al voto di scambio corruzione, l’Europa potrebbe guardare alle richieste con occhio benevolo.
Peraltro, nei programmi di Renzi non vedo questo cambio di marcia e comunque, avendo letto la sua analisi sono dell’opinione che il suo approccio sia più realistico del mio, un po’ ottimistico circa le possibili aperture europee ma anche assai pessimistico circa la capacità del Governo di essere credibile programmando riforme che non mirino a spendere meno, ma a spendere meglio.
Massimo
Con le nuove regole di flessibilità è ora più complesso che mai capire quali sono i vincoli strutturali a cui rispondere prima, e se questi alla fine, non interferiscano tra loro rendendoli incompatibili: ad esempio la regola del 1/20 sul debito/Pil non è decaduta e si è parlato fino ad ieri del suo potenziale costo. Vorrei chiedere, giusto per capire: questa regola mi sembra essere la regola delle vacche grasse, cioè quando c’è crescita è tutto ok ma non devo aumentare il debito. Ma nei periodi di vacche magre questa si applica comunque? E se si ha veramente qualche senso macroeconomico aumentare l’avanzo primario per restituire soldi di debito invece di lasciare i soldi nelle tasche dei contribuenti e nel circolo dell’economia?
Piero
Oggi i giornali annunciano che con questa crisi i poveri sono raddoppiati in Italia, siamo arrivati ai 5 milioni di poveri, dire quindi che la causa del male italiano sia l’evasione, la corruzione, l’inefficienza della pubblica amministrazione etc., è falso, quelli indicati sono mali che vanno curati subito, ma la povertà in Italia aumenta grazie ad un signore che si chiama Draghi che non riesce a gestire la moneta unica, che come è stata istituita è la principale causa di questo problema, dobbiamo renderci conto di ciò, affrontare e risolvere il problema altrimenti i poveri triplicano, oggi dispiace dirlo ma hanno superato la soglia di presenza del parlamento domani avranno la maggioranza, ci penseranno loro a fare cambiare la politica monetaria a Draghi oppure uscire da una moneta “stupida” chiamata euro, anzi forse anche “assassina”.