L’attuale disciplina delle sanzioni amministrative previste dal Testo unico della finanza, ma anche dal Testo unico bancario, è al tempo stesso iniqua e inefficiente, come del resto è stato riconosciuto in più occasioni dalla stessa Consob. E’ lodevole quindi che il progetto di riforma della tutela del risparmio affronti la questione. Tuttavia, le innovazioni risolvono solo alcuni dei problemi, mentre per certi aspetti ne aggravano altri. La materia merita un ampio e organico ripensamento, cui si potrebbe provvedere con apposita delega al Governo. Lattuale disciplina delle sanzioni amministrative previste dal Testo unico della finanza (ma, per la verità, anche di quelle previste dal Testo unico bancario) è al tempo stesso iniqua e inefficiente, come del resto è stato riconosciuto in più occasioni dalla stessa Consob. È lodevole quindi che il progetto di riforma della tutela del risparmio ora allesame del Senato affronti la questione. Tuttavia, le innovazioni ivi contenute risolvono solo alcuni dei problemi e, per certi aspetti, ne aggravano altri. Lindividuazione dei comportamenti vietati è del tutto generica In contrasto con il generale principio di determinatezza e tassatività degli illeciti sanzionati, lattuale disciplina, anziché descrivere i comportamenti vietati, elenca una lunga serie di articoli del medesimo Testo unico la cui violazione è sanzionata (articolo 190 del Tuf) e inoltre punisce la violazione delle “disposizioni generali e particolari emanate dalla Banca dItalia o dalla Consob in base ai medesimi articoli”. La platea troppo larga dei destinatari delle sanzioni Nellattuale disciplina, destinatari delle sanzioni sono gli amministratori, i sindaci e i dirigenti della società che ha commesso la violazione. Ne consegue che la Consob è costretta a una defatigante attività istruttoria volta ad accertare, oltre al fatto illecito, chi vi abbia avuto parte per averlo commesso, o per non aver controllato che non avvenisse, e inoltre lesistenza dello stato soggettivo (colpa o dolo ) in capo a ciascuna persona. Si aggiunga che, poiché è sufficiente la colpa lieve e poiché, secondo una sciagurata giurisprudenza della Cassazione, la colpa è presunta per gli amministratori e per i sindaci, la sanzione finisce per colpire tutti gli amministratori e tutti i sindaci in carica allepoca dei fatti, dando luogo a una sorta di responsabilità oggettiva. La complessità dellistruttoria si riverbera sui tempi del procedimento e accresce a dismisura il contenzioso. Lintervento del disegno di legge Molto opportunamente il progetto di legge in esame risolve radicalmente il problema stabilendo che – al pari di quanto avviene nel settore dellantitrust – le sanzioni sono irrogate direttamente alla società. (2) Ma poi, imponendo alla società sanzionata di esercitare il regresso nei confronti degli amministratori, sindaci e dirigenti “ai quali siano imputabili le violazioni” ovvero “che non abbiano vigilato”, si crea una situazione ingestibile: la società, in persona dei propri amministratori e sotto il controllo dei propri sindaci, dovrebbe effettuare un accertamento strutturalmente viziato da conflitto di interessi e che potrebbe condurre a una situazione di conflittualità interna con conseguenze negative sulla stabilità dellintermediario. Nulla impedisce naturalmente alla società di far valere un diritto risarcitorio nei confronti dei propri amministratori e sindaci; ma ciò è già previsto dal codice civile, il quale anzi attribuisce il potere di iniziativa anche a una minoranza dei soci, che possiedano in complesso una percentuale del capitale che proprio il progetto in esame riduce al 2,5 per cento (articolo 3 ). La previsione relativa allobbligo del regresso dovrebbe senzaltro cadere. Le sanzioni e il procedimento Il progetto moltiplica per cinque lammontare massimo delle sanzioni. La previsione può essere condivisa, dato che la sanzione, una volta posta a carico della società e non dei singoli esponenti, diviene unica. Appare invece inaccettabile la previsione di cui allarticolo 38 del progetto di irrogare sanzioni accessorie – che possono andare fino alla sospensione, decadenza e interdizione dalla cariche – non solo alle sanzioni penali, ma anche a quelle amministrative. Sanzioni del genere, pur essendo formalmente accessorie, sarebbero di gran lunga più gravi di quelle principali. (1) A titolo di esempio, larticolo 21 del Tuf nella parte in cui impone agli intermediari di “comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nellinteresse dei clienti e per lintegrità dei mercati”. (2) Vedi la modifica dellarticolo 190 del Tuf operata dallarticolo 15 del progetto di legge.
In questo modo non solo viene punita la violazione di norme di legge assolutamente generiche, (1) ma viene anche adottata la tecnica del “rinvio in bianco“: il comportamento vietato non è indicato dal legislatore, bensì dalla Banca dItalia e dalla Consob in sede di “disposizioni generali e particolari”. Addirittura, larticolo 58 del regolamento Consob n. 11522 impone agli intermediari di rispettare “i codici di autodisciplina adottati dalle associazioni di categoria alle quali aderiscono”: è come se lobbligo, connesso alladesione a un circolo privato, di indossare giacca e cravatta per la cena fosse sanzionato non con la riprovazione dei consoci, ed eventualmente lespulsione dal club, ma desse luogo allintervento dei carabinieri. Si aggiunga che i regolamenti della Consob e della Banca dItalia spesso hanno anchessi contenuto generico. Per fare un esempio, il comma 3 del già citato articolo 58 stabilisce che gli intermediari “si astengono dal porre in essere e controllano che i propri dipendenti, collaboratori e promotori finanziari non pongano in essere comportamenti pericolosi, ritenuti pericolosi o indicativi di situazioni di pericolo per il pubblico risparmio e per il mercato”.
In definitiva, qualunque comportamento che la Consob ritenga incongruo, per qualche profilo o motivo, può agevolmente essere ricondotto a una delle tante norme di legge o regolamentari a contenuto generico. Questo è esattamente il contrario di ciò che la civiltà giuridica richiede in materia di sanzioni. Malgrado la gravità della descritta situazione, nessun intervento sul punto è previsto nel progetto di legge in esame.
Il procedimento
Lattuale disciplina prevede che la Consob (o la Banca dItalia) contesti le violazioni, che i destinatari possano formulare le controdeduzioni, che lAutorità, esaminate queste ultime, possa formulare una proposta di sanzione al ministero dellEconomia e che questultimo provveda con decreto, impugnabile innanzi alla Corte dAppello.
Il procedimento è per un verso inutilmente complicato, dato che il ministero fa sempre propria la proposta dellAutorità di vigilanza. Per altro verso, non garantisce il diritto degli interessati a un equo esame delle proprie ragioni, dato che chi effettua lispezione, chi la valuta al fine di formulare le contestazioni, chi analizza le controdeduzioni e chi sottopone alla commissione la bozza di proposta al ministero appartengono tutti al medesimo ufficio della Consob. Molto opportunamente larticolo 26 del progetto concentra nella Consob (o nella Banca dItalia) il potere di decisione, eliminando linutile passaggio presso il ministero. Ancora opportunamente larticolo 23 del progetto stabilisce che i “procedimenti sanzionatori sono (…) svolti nel rispetto dei principi (…) della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto allirrogazione della sanzione”. Peraltro, per questo secondo profilo, la distinzione è resa precaria dalla circostanza che il presidente della commissione, alla quale sarà demandata la decisione sullirrogazione della sanzione, al tempo stesso deve per legge (articolo 1, comma 6 della legge n. 216/1974) sovrintendere allattività istruttoria.
La materia delle sanzioni amministrative merita un ampio e organico ripensamento, cui si potrebbe provvedere mediante apposita delega al Governo con indicazione dei criteri e principi direttivi, da formularsi nellambito del progetto in esame.
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