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Rilevazioni senza qualità

Quest’anno per la prima volta si è registrata nelle scuole una notevole opposizione alle rilevazioni del Servizio nazionale di valutazione degli apprendimenti, a diversi livelli e con diverse motivazioni. Alcune critiche sembrano francamente poco condivisibili, altre sono decisamente più fondate. Come l’obbligatorietà, l’oggetto e il campo delle rilevazioni e il periodo in cui vengono effettuate. Ma soprattutto la scarsa qualità delle prove. Si rischia così di bloccare la diffusione della cultura della valutazione nella scuola.

In aprile si sono svolte le rilevazioni del “Servizio nazionale di valutazione degli apprendimenti”, organizzate e gestite dall’Invalsi.
Per la prima volta da quando sono stati organizzati i cosiddetti “Progetti pilota”, nel 2001-2002, si è registrata nelle scuole una notevole opposizione alle rilevazioni, a diversi livelli e con diverse motivazioni. Allo stesso tempo, prese di posizione critiche sono state assunte da parte di organizzazioni sindacali, di associazioni professionali e di genitori, di comitati spontanei che si sono formati in questi ultimi due anni in opposizione alla legge di riforma della scuola promossa dal ministro Moratti.

I motivi delle resistenze

Basta navigare un po’ in Internet per raccogliere un campionario dei motivi all’origine delle proteste che si sono manifestate nelle scuole. Alcuni di questi motivi sembrano francamente poco condivisibili, altri hanno ben diversa e più fondata motivazione. Tra i primi rientrano quelli che denunciano ipotetiche situazioni di stress a cui verrebbero sottoposti i “bambini” della scuola elementare; oppure quelli che sottolineano l’impossibilità e l’illegittimità di qualsiasi forma di rilevazione esterna, che non sia preventivamente negoziata e concordata con insegnanti e genitori. Altri motivi appaiono invece più fondati e più mirati.
Obbligatorietà delle prove Da quest’anno la partecipazione alle rilevazioni è obbligatoria per il primo ciclo dell’istruzione (scuole elementari e medie). In realtà, non c’è alcuna circolare ministeriale che sancisca questa obbligatorietà. La comunicazione alle scuole è arrivata dall’Invalsi e sulla base della approvazione di alcuni provvedimenti normativi: la legge di riforma della scuola che prevede l’istituzione del Servizio nazionale di valutazione; il decreto legislativo con il quale è stato riordinato l’Invalsi, trasformandolo definitivamente (per ora) in Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione e della formazione; la pubblicazione delle Indicazioni nazionali, allegate al decreto legge 59/2004. Ma in nessuno di questi documenti è sancita esplicitamente la obbligatorietà della partecipazione alle rilevazioni. Il Miur ha interpretato in termini di obbligatorietà quanto nel decreto istitutivo del Servizio nazionale di valutazione viene presentato in termini di “concorrenza“: “(…) al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 concorrono l’Istituto nazionale di valutazione di cui all’articolo 2 e le istituzioni scolastiche e formative“.
L’oggetto della rilevazione. Per la costruzione delle prove si è fatto riferimento agli Osa (Obiettivi specifici di apprendimento) contenuti nelle Indicazioni nazionali. Le Indicazioni sono allegate al decreto 59/04 e di fatto non si possono ancora considerare obbligatorie (anche in riferimento alla normativa vigente sull’autonomia delle istituzioni scolastiche).
Il campo della rilevazione. La rilevazione è limitata agli apprendimenti. Non viene utilizzato alcun questionario che consenta di interpretare i risultati conseguiti con le variabili socio-culturali di provenienza degli studenti. Il cosiddetto “questionario di sistema” a tutto aprile non era stato ancora inviato alle scuole e, comunque, non è prevista una sua utilizzazione per analizzare le variabili di contesto (scolastico) in rapporto ai risultati conseguiti dagli studenti nelle prove. Ulteriori critiche vengono rivolte all’attendibilità e alla trasparenza delle procedure di rilevazione, alla valenza culturale delle prove, all’uso dei risultati della rilevazione.

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Le ambiguità e le contraddizioni

Queste critiche sarebbero già di per sé abbastanza rilevanti. In realtà la situazione è ancora peggiore, gli elementi di ambiguità e di contraddizione sono più numerosi.
Innanzitutto, permane l’ambiguità sull’oggetto delle rilevazioni. Leggendo i vari documenti normativi e i materiali pubblicati sul sito dell’Invalsi, di volta in volta si parla di Osa, di conoscenze e abilità, di competenze. Su questo punto specifico va ricordato che la legge di riforma riserva esplicitamente alle rilevazioni nazionali il compito di individuare soltanto le conoscenze e le abilità, ma non le competenze, la cui valutazione è spetta in modo esclusivo degli insegnanti.
In secondo luogo, anche se l’obiettivo dichiarato sembra essere quello di contribuire alla valutazione del sistema scolastico, la decisione di condurre una rilevazione non campionaria, ma censimentaria farebbe pensare alla volontà di utilizzare i risultati delle rilevazioni per valutare le singole scuole. Del resto, il ministro Moratti ha più volte affermato che, grazie al Servizio nazionale di valutazione, i genitori avranno utili elementi di giudizio per decidere a quale scuola iscrivere i propri figli.
In terzo luogo, il periodo dell’anno scolastico in cui vengono effettuate le rilevazioni è quanto meno singolare. Non siamo ancora alla fine dell’anno scolastico e quindi le rilevazioni non possono riferirsi a quanto gli studenti hanno acquisito nelle classi che stanno frequentando. D’altro canto, sono passati ormai troppi mesi perché le rilevazioni possano essere destinate a misurare i risultati conseguiti nel precedente anno scolastico.  È chiaro quindi che, da questo punto di vista, la rilevazione non è né carne, né pesce. Ma dopo tre progetti pilota non è più accettabile che ancora si parli di una prova volta a “testare la macchina organizzativa”. La riforma prevede che queste rilevazioni debbano in futuro essere effettuate all’inizio dell’anno scolastico per poter essere utilizzate in funzione diagnostica da parte degli insegnanti e delle scuole. Chi abbia un minimo di consuetudine con i problemi connessi alla realizzazione di rilevazioni su scala così larga e con i problemi legati alla elaborazione e alla analisi dei dati, sa bene che tutto ciò richiede alcuni mesi di lavoro e che quindi tale obiettivo è chiaramente non perseguibile.
Un quarto motivo di ambiguità, anzi di forte critica, è relativo alla qualità delle prove utilizzate e delle modalità con cui sono state elaborate. Fino ad ora non un solo dato è stato reso pubblico sulle caratteristiche metriche delle prove.
Preoccupa anche il fatto che tali prove non sono accompagnate – come è prassi normale in tutte le indagini – da questionari volti ad acquisire informazioni sulle variabili di contesto. In che modo interpretare, quindi, i dati raccolti? L’assenza di informazioni su tali variabili sarebbe giustificabile solo se la rilevazione avesse per obiettivo la certificazione di livelli di prestazione predefiniti. Ma questo non accade nelle “valutazioni di sistema” e, comunque, presuppone la definizione di standard di prestazione, articolati per ciascun anno scolastico, che nessuno ha provveduto a predisporre.

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I rischi e i danni in prospettiva futura

Purtroppo, le reazioni negative determinate dal modo in cui le rilevazioni vengono impostate e realizzate stanno trasformandosi in un rifiuto generalizzato nei confronti della valutazione tout court. Il rischio è che sarà sempre più difficile distinguere tra posizioni di conservazione, contrarie a qualsiasi introduzione di momenti seri di valutazione nel nostro sistema scolastico, e posizioni che giustamente individuano le ambiguità e le caratteristiche negative delle rilevazioni in atto. Per anni, si è parlato della necessità di lavorare per la diffusione di una cultura della valutazione nella scuola, tra gli insegnanti e anche tra studenti e genitori.
L’impressione è che la (scarsissima) qualità delle rilevazioni proposte dall’Invalsi nell’ambito del nuovo sistema di valutazione vadano in direzione opposta, con il rischio di buttare il “bambino” della valutazione insieme all’acqua sporca delle rilevazioni di quest’anno.

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La direttiva che non svela segreti

  1. sergio tamborrino

    Ai rilievi di Gurski aggiungo che le rilevazioni dell’Invalsi di aprile non garantiscono assolutamente l’anonimato degli scolari. Una lettura attenta dei Manuali del Coordinatore e del Somministratore conferma la violazione della privacy. Ancor più grave, perché la lettura ottica dei test è affidata ad una società esterna, Alfa 81, alla quale pervengono anche gli elenchi degli scolari di ciascuna classe con l’indicazione del codice di disabilità se presente. Che nessuna abbia sollevato la benché minima protesta è indice della scarsissima attenzione per gli scolari della scuola italiana.

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