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Il futuro della cooperazione italiana allo sviluppo Lettera agli On. D’Alema e Sentinelli

L’importanza del ruolo ricoperto dalla cooperazione allo sviluppo nei rapporti internazionali è confermata dai recenti accordi che prevedono un aumento sia della quantità che della qualità dei fondi dedicati alla lotta alla povertà a livello globale. Oltreché un ripensamento sulla loro allocazione e sul loro utilizzo. In Italia la nomina di un viceministro è senz’altro un segnale della volontà del governo di definire un nuova politica di cooperazione. Ma perché la riforma non sia tale solo sulla carta, emergono diverse priorità da affrontare.

Il futuro della cooperazione italiana allo sviluppoLettera agli On. D’Alema e Sentinelli

Abbiamo seguito con interesse e partecipato, sebbene da lontano, ad alcuni dei dibattiti pre-elettorali sul futuro della cooperazione allo sviluppo italiana, e accolto con entusiasmo la notizia della nomina di un viceministro con delega specifica alle politiche di cooperazione. La creazione di un incarico politico interamente preposto a una gestione più efficace degli aiuti italiani ai paesi in via di sviluppo, nonché alla definizione di un indirizzo politico chiaro in materia, è una svolta importante in un’area che è stata spesso trascurata dai governi precedenti.

Più impegno nella lotta alla povertà

Il nostro lavoro ci porta spesso a verificare come la cooperazione italiana sia percepita poco positivamente a livello internazionale, riguardo alle sue linee strategiche, all’efficacia dei suoi interventi e al suo ruolo nell’informare altre questioni legate allo sviluppo come il commercio internazionale, la sicurezza o l’immigrazione. Per questo crediamo sia fondamentale che il governo rivisiti in modo sistematico il suo approccio alle politiche di cooperazione, e partecipi più attivamente e responsabilmente ai dibattiti internazionali in tema di efficacia degli aiuti e di coerenza tra le varie politiche governative che hanno un impatto diretto sui paesi in via di sviluppo. Le ragioni di ciò sono numerose.
In primo luogo, un maggiore impegno per lo sviluppo internazionale e la lotta alla povertà sarebbe in linea con le preferenze di una parte consistente dell’elettorato italiano. Dati Ocse mostrano come, malgrado il governo italiano investa risorse minime per informare l’opinione pubblica sulle attività di cooperazione, il livello di sostegno pubblico di cui esse godono è tra i più alti nei paesi occidentali. (1)
Inoltre, vi sono chiare esternalità positive generate dallo sviluppo nei paesi più poveri, in termini per esempio di maggiore stabilità politica internazionale, di riduzione delle disuguaglianze che caratterizzano l’economia globale, e di creazione di opportunità commerciali per produttori italiani.
Infine, l’importanza del ruolo ricoperto dalla cooperazione allo sviluppo nei rapporti internazionali è confermato dai recenti accordi a livello Ocse, Unione Europea e G8 sulla necessità di un aumento sia della quantità che della qualità dei fondi dedicati alla lotta alla povertà. È importante che anche in Italia si affrontino alcuni dei temi emersi dai più recenti dibattiti sull’allocazione e l’utilizzo degli aiuti. In particolare, quelli sull’adozione di nuove modalità di canalizzazione degli aiuti, come il sostegno diretto al bilancio, sul ruolo della governance e della trasparenza per assicurare che le risorse contribuiscano a uno sviluppo sostenibile ed equo, e sulla relazione tra le politiche per la sicurezza e gli aiuti, soprattutto nelle zone di conflitto.

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Le priorità da affrontare

Riteniamo che la nomina di un viceministro sia un segnale forte della volontà di riforma del governo, che riflette i contenuti del programma presentato all’elettorato. (2)
Tale riforma, per non rimanere sulla carta, dovrà però affrontare diverse priorità nella definizione di un nuova politica di cooperazione. A nostro parere, le più importanti includono:

(a) una definizione chiara degli impegni del governo riguardo ai livelli di aiuti e alle loro fonti di finanziamento su un orizzonte temporale di medio-lungo periodo;
(b) lo sviluppo di linee strategiche e criteri per l’assegnazione dei fondi ai vari paesi e ai vari settori, dichiarando la centralità della riduzione dei livelli di povertà come obiettivo finale delle politiche di cooperazione, e identificando aree dove la cooperazione italiana può portare contributi più significativi, sia a livello bilaterale che multilaterale;
(c) il chiarimento e la semplificazione delle responsabilità delle varie istituzioni coinvolte nel “sistema Italia”, riducendo le sovrapposizioni di competenze e le inefficienze, in particolare riguardo alla cooperazione decentrata;
(d) l’assicurazione della coerenza fra le politiche di cooperazione e altre politiche governative che sono collegate alla problematica dello sviluppo e della povertà, come il commercio internazionale, le politiche umanitarie, i diritti umani, l’immigrazione, eccetera.

Ci auguriamo che la volontà di cambiamento segnalata da questo governo si traduca in un dialogo aperto, in impegni concreti e in uno sforzo più specifico di coinvolgimento e di confronto a livello internazionale. Soltanto così i nodi dello sviluppo sostenibile e della povertà possono ricevere un’adeguata considerazione nel dibattito politico, pubblico e istituzionale italiano.

* Ricercatori presso l’Overseas Development Institute di Londra (www.odi.org.uk).

(1) Vedi http://www.oecd.org/dataoecd/33/41/31484642.pdf
(2) “Per il bene dell’Italia. Programma di governo 2006-2011” (http://www.fabbricadelprogramma.it/adon/static/programma-unione.pdf), pp. 105-108.

Un commento sulla legge delega, di Paolo De Renzio e Iacopo Viciani

L’ultimo Consiglio dei Ministri tenutosi a Caserta ha approvato un disegno di legge che delega il Governo a riformare il settore della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo. Questa iniziativa risponde alla necessitá, piú volte sostenuta anche su lavoce.info (recentemente nella lettera aperta agli On. D’Alema e Sentinelli riportata qui sopra) di mettere mano a un settore la cui legislazione era rimasta ferma al 1987, malgrado i grandi cambiamenti avvenuti nel frattempo a livello internazionale.
Malgrado il testo finale approvato non sia ancora stato reso pubblico, il documento presentato al CdM (allegato) introduce una serie di cambiamenti importanti, rifacendosi ai principi sostenuti in materia di cooperazione da Nazioni Unite e OCSE-DAC. In particolare, la proposta di legge-delega:

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– chiarisce e ribadisce la centralitá della lotta alla povertá nei suoi diversi aspetti come obiettivo centrale delle politiche di cooperazione allo sviluppo.

– introduce il principio di ‘slegamento’ degli aiuti, prevedendo la possibilitá di utilizzare beni e servizi prodotti nei paesi beneficiari nelle attivitá di cooperazione.

– concentra la responsabilitá per le varie attivitá legate alla cooperazione (quindi promuovendone la coordinazione tra i vari attori coinvolti) nel Ministero degli Esteri, assegnandone la responsabilitá ad un Vice-Ministro delegato.

– crea un’Agenzia autonoma per la cooperazione allo sviluppo e la solidarietá internazionale, responsabile dell’attuazione delle politiche definite dal governo e di un Fondo Unico che riunisce i vari capitoli di spesa attualmente esistenti, suddivisi tra vari ministeri.

Gli ultimi due punti, in particolare, rappresentano un importante passo avanti nel tentativo di riportare l’Italia al passo con i dibattiti internazionali, e di mettere ordine nel frammentato “sistema Italia”. Riunificare la responsabilitá politica e la gestione dei fondi dedicati alla cooperazione allo sviluppo sono aspetti fondamentali di una politica di cooperazione piú efficace.
Esistono peró parecchi punti da chiarire che saranno determinanti per l’esito della riforma, da tenere a mente mentre il testo della legge viene sottoposto agli iter necessari. In primo luogo, il documento approvato non fa alcuna menzione del problema delle scarse risorse oggi dedicate dal governo alla cooperazione (vedi articolo https://www.lavoce.info/articoli/pagina2457), e non chiarisce in che modo il fondo unico verrá alimentato, ad esempio includendo le risorse del fondo rotativo per i prestiti concessionali attualmente iscritto fuori del bilancio dello stato. Inoltre, non chiarisce definitivamente il ruolo di altri Ministeri, in particolare quello dell’Economia per ció che riguarda la gestione dei fondi e la rappresentanza presso le banche di sviluppo e le istituzioni finanziarie internazionali. Infine, il testo approvato, nello sforzo di garantire un coordinamento efficace del frammentato sistema italiano di cooperazione, tralascia l’importanza di definire in che modo gli attori di cooperazione nei paesi beneficiari, governativi e non, verranno coinvolti nella definizione di strategie ed interventi, in un’ottica di partenariato e ownership.

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  1. Franco CONZATO

    Bene ha fatto lavoce.info a pubblicare 3 interventi sulla cooperazione italiana. Essi illustrano le aspettive di molti operatori per una reale riforma del settore. Vorrei aggiungere che, al dei validi argomenti di politica economica presentati, il vero problema da affrontare con grande risolutezza e rapidità é la riforma dell’ impianto legislativo fermo al 1989 ( 17 anni fa). Questa legge oramai non riflette in alcun modo i cambiamenti che si sono succeduti a partire dagli inizi degli anni 90 (da Monterrey in poi) nel dibattito internazionale ed europeo su come a) aumentare gli aiuti b) renderli piu efficaci. Guardando all’esperienza di altri paesi, europei in primis, é anche un ottima occasione per far partire un confronto bipartisan in parlamento e nel paese.

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