Lettera aperta all’On. Avv. Mariastella Gelmini, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Signor Ministro,

se non ha avuto occasione di leggere l’articolo “Il concorso che visse due volte”, apparso su lavoce.info venerdì 6 giugno e ripreso da SISmagazine (il notiziario della Società Italiana di Statistica) il giorno successivo, La invitiamo a farlo.
Ugo Trivellato solleva, nel suo articolo, una questione di interesse generale per l’Università italiana. Non aggiungiamo niente alle sue osservazioni, che condividiamo pienamente. Riattivare un concorso a distanza di sei anni, limitando la partecipazione ai (pochi) candidati rimasti (molti nel frattempo hanno vinto altri concorsi) tra quelli che si erano presentati allora, senza consentire a tutti (e soprattutto ai più giovani) di partecipare, è procedura che contrasta con lo spirito dei concorsi, come dice Trivellato, ma non solo. È anche umiliante per gli stessi candidati ancora in lizza, che, dovendo essere valutati su una produzione scientifica vecchia ormai di sei anni,  non hanno modo di dimostrare il loro effettivo valore e la loro capacità di tenersi al passo con l’evolvere della disciplina.
La sospensione del concorso in questione è cosa nota nella comunità scientifica degli statistici e ha già generato un dibattito acceso. In quell’occasione (eravamo nel 2004), molti aderirono pubblicamente alla lettera che tre commissari del concorso avevano inviato ai componenti della comunità degli statistici economici, segnalando alcune preoccupazioni circa il rispetto delle procedure. Qualcuno di noi, nel motivare l’adesione, espresse, allora, un concetto che qui ci piace riprendere.

[…]  qualunque meccanismo di reclutamento universitario, e quello italiano forse più di altri, ha dei lati deboli:[…]. Vi sono però almeno due importanti elementi di controllo previsti dal legislatore: la scelta democratica di coloro che sono chiamati a giudicare […] e un insieme di regole procedurali stabilite per legge, che garantiscono un minimo d trasparenza e tempestività del procedimento. […]  I tre colleghi, ai quali manifestiamo adesione, non sono mai entrati nel merito dei criteri di valutazione, ma, più semplicemente, hanno segnalato preoccupazione verso il mancato rispetto delle regole di procedura che potrebbe, di fatto, impedire lo svolgimento del concorso […]. Questo ci pare assai più grave di una lecita difformità di giudizio su uno o più candidati. Si configura una situazione in cui la comunità scientifica decide di “giocare una partita” con regole date ma qualche suo componente ha la facoltà di annullarla, ignorando le stesse regole. Se questo dovesse accadere, i concorsi diventerebbero di fatto un “gioco senza regole”, che a qualche giocatore spregiudicato può piacere, ma che non può essere l’obiettivo di una Comunità Scientifica degna di chiamarsi tale.

Tutto, poi, si era sopito e i timori sul gioco senza regole, almeno in relazione a quella ‘partita’, sembrarono infondati. Purtroppo, il presagio di allora sembra essersi avverato oggi.
Ci siamo chiesti: che fare? La strada maestra è certamente nelle mani del legislatore, che, soprattutto in ambito universitario,  dovrebbe prevedere una norma che dichiari decaduto un concorso bandito da un tempo troppo lungo e non espletato per qualsiasi ragione (a dire il vero, i termini sono già indicati nella legge, ma soltanto per la durata in carica delle Commissioni giudicatrici, il che lascia spazio a comportamenti dilatori).  Confidiamo che Lei, Signor Ministro,  provveda in tal senso. Per quanto riguarda il caso specifico, ci sembra sussistano gli estremi per sospendere un procedimento che contrasta chiaramente con le “norme in materia di procedimento amministrativo” (legge 241/90) e che offre il fianco a ricorsi di vario genere (come sottolinea paoloc su lavoce.info nel suo commento “..adoperarsi per cambiare le cose..” all’articolo di Trivellato).

Noi speriamo che il Suo auspicato intervento possa arrivare in tempo utile a sospendere un atto che non fa onore all’Università.  Qualora ciò non fosse possibile, rimane ancora una  possibilità, che chiama in causa la nostra responsabilità di professori del settore scientifico disciplinare: se la procedura andrà avanti, dovremo, tra poco, esprimere la nostra preferenza per colleghi che riteniamo adatti, per capacità e rigore, a svolgere il delicato ruolo di commissari. Non andare a votare, chiamandosi fuori da un problema spinoso, è tentazione forte, ma crediamo che sarebbe un errore.

La nostra speranza è che questa lettera a Lei indirizzata, sottoscritta da molti di noi professori di i prima fascia del settore e da quasi tutti i membri del direttivo della Societa’ Italiana di Statistica, abbia l’effetto di ricordare a chi dovesse essere eletto in commissione, se mai ce ne fosse bisogno, di adoperarsi affinché sia rigorosamente applicato, nella valutazione, il criterio principale che la legge sancisce per l’accesso al ruolo di prima fascia: la presenza di una produzione di livello adeguato, largamente riconosciuta dalla comunità scientifica.
In attesa di una sollecita revisione della norma, questo appello alla nostra deontologia professionale ci pare l’unica strada da percorrere.

Con i più cordiali saluti

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