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LA RISPOSTA DEGLI AUTORI

Ringraziamo molto Anastasia e Trivellato per il loro commento alla nostra proposta e i tanti lettori per i loro incoraggiamenti e anche osservazioni critiche. Lo scopo del nostro articolo era proporre dei costi di base per un sussidio universale ai disoccupati. Riteniamo che sia utile, a questo stadio, avere stime un pò più precise su quello che potrebbe costare un sussidio unico. Una volta accettato il concetto, sarà importante e doveroso entrare in maggiori dettagli, e il commento di Anastasia e Trivellato va esattamente in quella direzione.
Con riferimento alla platea degli ammessi al sussidio, le stime del nostro articolo si riferiscono effettivamente a un sussidio da erogare a tutti i disoccupati con eccezione dei giovani disoccupati senza alcuna esperienza. Tra le eccezioni e le esclusioni previste da Anastasia e Trivellato, riteniamo che la più importante sia quella relativa ai disoccupati che precedentemente erano fuori dalla forza lavoro. Viceversa, sulla differenze tra cessazioni volontarie  e involontarie preferiremmo procedere con grande cautela, anche perché la distinzione tra le due è una delle più difficili questioni in economia del lavoro (quando si tratta davvero di dimissioni spontanee e quando invece di dimissioni spontanee?). Normalmente questo problema lo si affronta introducendo un periodo di attesa, prima della fruizione del sussidio, per chi formalmente ha volontariamente lasciato un’azienda.
Con riferimento alla relazione tra durata del sussidio e periodo contributivo, nel nostro calcolo di base non abbiamo inserito alcuna durata minima. Siamo d’accordo che si dovrebbe operativamente ipotizzare un periodo contributivo minimo, che riteniamo possa essere di sei mesi lavorativi nell’ultimo anno, in modo da evitare l’accesso al sussidio per il lavoro strettamente stagionale. 
Con riferimento alla stima dei costi, siamo effettivamente convinti che i 15,6 miliardi di stima ipotizzati nel nostro articolo siano ragionevoli. Come abbiamo indicato nell’articolo, abbiamo utilizzato una retribuzione media per i dipendenti a tempo indeterminato pari a 22.000 euro, pari a 18.000 euro per i lavoratori a tempo determinato e pari a 8.000 euro per i lavoratori precari. Nelle nostre stime il sussidio medio pagato a queste tre categorie sarà pari a 716 euro mensili, ottenuto da una media ponderata (dai flussi in ingresso medi nel periodo 2003-7) di un sussidio di 1.000 euro per i lavoratori a tempo indeterminato, di 800 euro per i lavoratori temporanei e di 500 euro per i precari. Tra l’altro, i nostri 15,6 miliardi sono il doppio dei costi attuali a cui fanno riferimento Anastasia e Trivellato. Non deve perciò sorprendere che, nonostante la platea aumenti da 600 mila attuali a 1,8 milioni circa, il costo totale raddoppi. Basta ad esempio ricordare che la probabilità che un lavoratore a tempo indeterminato perda il lavoro è di circa l’1 per cento, mentre per un precario è del 15 per cento e – come ricordiamo sopra – la retribuzione di un precario è circa un terzo rispetto al lavoratore a tempo indeterminato.

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  1. fabiofer2

    Ritengo sia la più grande trovata per far aumentare a dismisura l’evasione fiscale. in effetti ci sarebbe la corsa ad avere il sussidio e quindi lavorare in nero. ma lo sapete per esempio quanti salariati in agricoltura lavorano ufficialmente per sei mesi e quindi percepiscono la disoccupazione continuando a lavorare? E quanti sarebbero gli aiutanti di idraulici falegnami ecc che percepirebbero il sussidio ed il lavoro in nero?

  2. Alfredo

    Leggo che questo sussidio riguarderebbe esclusivamente chi ha svolto almeno sei mesi di lavoro nell’ultimo anno. E quelli che sono ormai disoccupati cronici, iscritti da anni al collocamento, ma che sono fuori mercato per l’età: troppo vecchi per essere assunti, troppo giovani per la pensione, e adesso disoccupati da troppo tempo per ricevere un qualche salario minimo di sussistenza? Desaparesidos.

  3. salvatore

    In effetti la proposta di Boeri/Garibaldi farebbe fare l’ingresso in Italia a quel concetto così desueto in Italia quale il lavoro nero! Naturalmente un sistema di ammortizzatori sociali che non sia accompagnato da alcun "obbligo" da parte del beneficiario sarebbe un invito al nero o al "dolce far niente" come accade per i tanti lavoratori in CIG o con indennità di disoccupazione che si vedon bene dal rientrare nel mercato del lavoro prima dello scadere del sussidio, ma se invece una volta tanto si iniziasse a gestire la questione e si seguisse realmente un percorso di reinserimento lavorativo per chi ha perso il posto di lavoro, non ci sarebbero tempo per poter fare alcun lavoro nero di sorta.

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