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INDENNITÀ DI LICENZIAMENTO PER I LAVORATORI A TEMPO DETERMINATO

Le manifestazioni di sabato 9 aprile hanno riportato all’attenzione dei media alcune pesanti lacune del sistema di sicurezza sociale italiano. Come più volte ricordato su lavoce.info la segmentazione del nostro mercato del lavoro è fra le più severe del continente. Nelle nostre imprese, ma persino nelle istituzioni pubbliche, lavorano fianco a fianco persone che svolgono identiche mansioni, con gli stessi titoli di studio e la stessa professionalità. Il principio di equità imporrebbe che ricevessero lo stesso trattamento, invece si trovano in posizioni completamente diverse. I lavoratori tutelati da una parte, i precari dall’altra.

CONTRATTO UNICO E INDENNITÀ DI LICENZIAMENTO

I lavoratori precari hanno diritti limitatissimi che, a seconda del tipo di contratto, possono persino non prevedere periodi di maternità e ferie. Più in generale, un precario non riceve liquidazioni, non ha diritto al sussidio di disoccupazione in caso di licenziamento, non matura anzianità retributiva. Se a lunga scadenza le strategie tese a limitare i costi materiali e psicologici di questa condizione sono molteplici e ben descritte, per esempio, dai documenti di indirizzo della Commissione europea, nel breve periodo è possibile chiedere e ottenere l’introduzione di forme di compensazione della condizione di precarietà sofferta in grandissima parte dalle generazioni più giovani. (1)
Sulla scia della proposta di Tito Boeri e Pietro Garibaldi proponiamo un meccanismo di indennizzo del lavoratore precario. (2) Tutti i contratti a tempo determinato vengono unificati dal punto di vista previdenziale. I versamenti previdenziali prevedono tre componenti: sanitaria, pensionistica e di indennità di licenziamento. Quest’ultima componente è la novità. I versamenti per indennità di licenziamento sono una somma di denaro fissa nei mesi di prova, poi divengono una funzione crescente del salario nei mesi successivi. Il tasso di crescita dell’indennità diminuisce e diviene zero nei mesi precedenti alla scadenza della massima durata di contratti a tempo determinato. L’andamento del totale accantonato è rappresentato nel grafico sottostante. Allo scadere della durata massima del contratto a tempo determinato, il datore di lavoro può scegliere se trasformare il contratto a tempo indeterminato o se licenziare il lavoratore e pagare l’indennità di licenziamento.

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Quali sono gli effetti di questo meccanismo?
Per le imprese che assumono a tempo indeterminato tutti i lavoratori già assunti a tempo determinato, l’introduzione dell’indennità non implica nessun costo aggiuntivo.
Le imprese che assumono a tempo determinato e poi decidono di non tenere un proprio dipendente a tempo indeterminato, invece, pagheranno un costo aggiuntivo. Costo che rappresenta un indennizzo al lavoratore rimasto disoccupato che effettivamente soffre i costi della flessibilità di cui gode l’impresa. Il costo aggiuntivo è basso e costante per i mesi di prova, quando è ragionevole consentire una valutazione del lavoratore. Il fatto che il sussidio cresca velocemente dopo il periodo di prova fa sì che le imprese non abbiano la perversa convenienza a interrompere contratti, per poi ristipularne a distanza di poco tempo (pratica diffusa addirittura per i dipendenti dei nostri ministeri). L’aumento non lineare del pagamento fa sì che la somma dell’indennità di due contratti di un anno sia superiore all’indennità di un contratto di due anni.

(1) European Commission “Employment in Europe”, ottobre 2010.
(2) Boeri T. e Garibaldi P. Un nuovo contratto per tutti, Chiarelettere, 2008.

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  1. jasper

    E’ davvero interessante vedere come qualcuno si stia scervellando per risolvere il problema, dando una ritoccatina di quà, una limatina di là, pesando con il bilancino i vari ingredienti (“forse ne ho messo troppo, ma no va bene così ecc.ecc.”). Ci si sta arrovellando sul nulla perchè siamo in “Itaglia” e non cambierà nulla. A suo tempo (Accordo sul costo del lavoro anno 1993 * Pacchetto Treu 1997 e poi avanti, a seguire Legge 30) sono state aperte le gabbie senza porre volutamente alcun freno agli abusi di una classe imprenditoriale becera e Italiota. Ma ormai il danno è stato fatto e le promesse a vuoto su “un robusto meccanismo di Welfare”, promesso svariate volte e mai mantenuto, non incantano più nessuno. Il Presidente dell’Inps, che rifiuta di fornire ai fruitori della Gestione separata i mezzi per sapere quanto prenderanno di pensione “perchè avremmo una sommossa sociale”, ha detto cinicamente il vero. Mio figlio è andato all’estero e non tornerà mai più in italia, paese dei pagliacci, mentitori, furbi, disonesti e farabutti.

    • La redazione

      Nel testo si dice chiaramente che si tratta di una soluzione da adottare nel breve periodo. Condivido l’idea che il nostro sistema di welfare debba essere radicalmente riformato in senso nordeuropeo. Ovviamente per questo servono soldi e tempo.

  2. antonio ferrara

    Ho 44 anni. Disoccupato da più di 12 mesi. Molto importante a mio avviso sono le parole utilizzate che troviamo nei media. La prima parola “cancellata” in quanto molto “pesante” è disoccupato. O sei precario o assunto a tempo determinato. Per continuare, il precario è un giovane. Ma in pratica è un non senso. Il precario è un lavoratore di qualunque età che non ha un lavoro a tempo indeterminato. Credo che si faccia finta di non capire, e non che non si capisca, che il problema va visto nella sua totalità e non creando delle ripartizioni inutili e fuorvianti tra giovani e meno giovani. Lo Stato ha posto delle agevolazioni per far lavorare i più giovani fino ai 32 anni. Dopo si comincia ad essere vecchi. I giovani di oggi non riflettono abbastanza sul fatto che anche loro, passata la “giovinezza”, saranno ritenuti sorpassati. Pertanto è da ripensare tutto. E’ inutile cucire pezze su un vestito ormai inutile, ma si continua a far finta di non capire. Il futuro è sotto gli occhi di tutti. Attendo speranza. Saluti

    • La redazione

      Ad oggi in Italia i precari sono in maggioranza "giovani", ma questa proposta non ha nulla a che vedere con l’età di chi non ha tutele.

  3. Angelo Glasgow

    Se fossi un liberista direi che la tua proposta è unemployment-improving.

    • La redazione

      In astratto sì, ma seguendo questa logica la prostituzione minorile risulta unemployment reducing!

  4. milva

    Quarantasei anni belli e compiuti, contratto a tempo indeterminato con azienda che mi licenzia. Mi assorbe altra azienda, per lo stesso lavoro di prima, che mi paga di meno, mi fa lavorare di più e mi demansiona, ma che in compenso mi fa un contratto a tempo determinato…scaduto in questi giorni. Cercavo informazioni su se, e quanto, mi spetta di indennità di disoccupazione se, come sembra, l’azienda nn rinnoverà il contratto…e mi sono imbattuta in questo articolo. Penso che sia necessario parlare di reddito, sganciandolo dal lavoro e dal tipo di contratto, non di indennità di disoccupazione che prevede che tu sia stato occupato con tutta una serie di condizioni. Gli affitti in dieci anni sono aumentati del 130%. Le assicurazioni rc? Almeno il doppio. La sanità? Provate ad ammalarvi poi ne parliamo. L’istruzione? I ragazzi si devono portare la carta igienica da casa. Se non parliamo di reddito di cittadinanza o non abbiamo case popolari o sanità gratuita etc., parliamo solo di fuffa fritta. E’ il "contratto sociale" che va rimesso in gioco.

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