La Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per la proroga al 2033 delle concessioni balneari. Un’assegnazione per gara comporta però problemi specifici in questo campo. Ecco un meccanismo che ne risolverebbe molti.
Gli ostacoli alla gara
La Commissione europea ha deciso di avviare una procedura d’infrazione contro l’Italia per il rinnovo automatico delle concessioni balneari fino al 2033. Il governo dovrà dunque rimettere mano alla questione ed è utile riflettere sul tipo di procedura competitiva che occorre organizzare.
Innanzitutto, è bene ricordare che le gare sono uno strumento per assegnare risorse scarse, ma il loro uso non sempre conduce a risultati efficienti, soprattutto quando siano ripetute nel tempo e quando il valore di quanto posto a gara dipende dall’attività di chi l’ha gestito. Per esempio, il valore di uno stabilimento balneare già in attività non dipende solo dalla qualità dell’arenile, ma anche dall’imprenditorialità del gestore, che tramite i servizi proposti riesce a differenziare la sua offerta e a fidelizzare la clientela. Se la concessione di un arenile è posta periodicamente a gara, è possibile che l’incentivo del gestore a fornire servizi di qualità si attenui vicino alla scadenza, contribuendo a rimandare investimenti o altri interventi che avrebbero beneficiato i consumatori.
Infatti, il valore di un’autorizzazione per gestire uno stabilimento già esistente (e noto al pubblico) è ben superiore al valore di una nuova autorizzazione per lo sfruttamento di un arenile ancora libero, o a un’autorizzazione per uno stabilimento di qualità più modesta.
Il diverso valore non necessariamente dipende dalla qualità della risorsa scarsa originaria, l’arenile, ma anche (e forse soprattutto) dagli investimenti materiali effettuati dal gestore (per esempio, ristorante, cabine, piscine) e immateriali (per esempio, personale, pulizia, distanza degli ombrelloni). Prevedere gare periodiche sul diritto a gestire una risorsa pubblica distorce gli incentivi a investire vicino alla scadenza, inclusi quelli a fornire servizi di qualità (per loro natura più costosi) volti a fidelizzare la clientela. Una gara organizzata alla scadenza condurrebbe i gestori a ridurre la qualità fornita così da evitare che lo stato, in sede di gara, si appropri dei loro investimenti privati
Il meccanismo che risolve la questione
È una cattiva politica pubblica quella incapace di promuovere gli investimenti. La soluzione non è evitare la gara, come finora avvenuto, proroga dopo proroga. La soluzione è trovare un tipo di gara che non produce questi effetti negativi.
Lo stato potrebbe prevedere la fissazione di un onere concessorio variabile e modificabile periodicamente in funzione dell’attrattiva della risorsa scarsa, analogamente a quanto accade nel mercato privato con i contratti di locazione rinegoziati alla scadenza. In questo modo, coloro la cui attività non è più profittevole ai nuovi canoni, sono costretti a cederla a terzi più efficienti. Il sistema sarebbe coerente con gli incentivi a investire da parte del concessionario, perché potrebbe sempre cedere al nuovo entrante la sua attività.
Ma come fa lo stato a individuare il corretto onere concessorio e come si fa a mantenere aperti mercati spesso fortemente oligopolistici?
Il meccanismo potrebbe essere il seguente: la prima concessione di un arenile completamente libero o abbandonato viene attribuita per un periodo limitato (si può pensare a 10 anni) e a seguito di una procedura competitiva: chi è disposto a pagare una cifra fissa più elevata si aggiudica la concessione. Per il primo periodo, anche in considerazione delle incertezze relative alla profittabilità dell’iniziativa, viene stabilito amministrativamente un onere concessorio annuale relativamente modesto, analogamente a quanto avviene oggi.
Alla fine del periodo di durata della concessione, viene chiesto al concessionario il valore dell’attività che ha contribuito a realizzare (e che accetterebbe come prezzo di vendita se dovesse cedere l’attività) e sulla base di quel valore viene calcolato un onere concessorio (per esempio, il 7 per cento di quel valore) da corrispondere annualmente all’amministrazione concedente per il periodo concessorio successivo (per esempio, per i 10 anni successivi).
Per consentire l’ingresso di concorrenti più efficienti, viene effettuata una gara che ha come base d’asta l’onere concessorio così individuato e la concessione viene affidata all’impresa che offre di pagare il canone più elevato. Chi si aggiudica la concessione deve però compensare il concessionario uscente: in particolare, il nuovo entrante dovrà corrispondergli il valore che il concessionario uscente aveva indicato come quello a cui sarebbe stato disposto a cedere. Se nessuno si presenta alla gara o se vince il concessionario uscente stesso, la concessione viene riaffidata al concessionario uscente che pagherà un canone in proporzione del valore da lui dichiarato o, altrimenti, pagherà il canone con il quale si è aggiudicato la gara.
In questo modo, nessuno viene espropriato, si mantengono gli incentivi all’investimento per tutta la durata della concessione, si fa partecipare l’amministrazione concedente a eventuali incrementi di valore dell’oggetto della concessione e si mantiene aperto il mercato a possibili concorrenti più efficienti. Insomma, tutti i problemi che ostano all’organizzazione di una gara per la concessione degli arenili e che hanno condotto a una serie interminabile di proroghe sono risolti.
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Alberto Isoardo
Tutte vere le considerazioni proposte, ma è altrettanto vero che le spiagge non sono di nessuno, ma in quanto pubbliche, appartengono a tutti e che quindi i cittadini hanno diritto di sapere che sono impiegate al miglior rendimento.
Un altro strumento che potrebbe essere usato è quello di vedere se e come, nel corso della gestione, il gestore riesce ad aumentare il fatturato, dimostrando così la presenza di investimenti e miglioramenti ottimizzano la gestione e migliorano l’output offerto.
Tali crescite potrebbero originare un punteggio che, in sede di rinnovo, concorrerebbero ad abbattere il costo del rinnovo stesso in una misura prestabilita, ovviando così al rischio di mancati lavori di manutenzione in prossimità della scadenza della concessione.
Luca
Meccanismo molto interessante ma che presenta un paio di passaggi poco chiari:
-1 che interesse ha il vecchio concessionario a dichiarare la vera somma che sarebbe disposto a pagare al termine della concessione? (Es. dichiaro una cifra più bassa e trovo un accordo con i potenziali nuovi concessionari. È contro la legge ma la storia del nostro paese è piena di episodi del genere)
-2 nel caso in cui il nuovo concessionario subentri ad uno più vecchio, “l’equo onere concessorio” rimborsato al vecchio gestore rimarrebbe nelle disponibilità del percettore? Se così fosse si configurerebbe una perdita secca per l’amministrazione pubblica e una rendita ingiustificata per il percettore che percepisce delle somme pur non gestendo il bene pubblico.
Enrico D'Elia
Una buona soluzione. Ne adottò una simile Cristiano II di Danimarca nel 500 per tassare le navi che attraversavano l’Øresund. Al capitano veniva richiesto di dichiarare il valore del carico e, se questo era considerato troppo basso il re poteva acquistare tutto proprio a quel prezzo. Quindi conveniva essere “corretti”. L’unico modo di ingannare il fisco era caricare la nave di robaccia ricoperta da uno strato di merci preziose e poi dichiarare un prezzo molto inferiore al valore apparente, ma molto superiore a quello reale, in modo da farsi comprare tutto dal re con un gigantesco guadagno. Bisognerebbe correggere il modello proposto da Heimler per evitare simili truffe.
Paolo Bianco
temo di non aver capito. secondo la proposta il gestore A stabilisce un prezzo congruo di vendita pari a 100, che si traduce in una base d’asta per la concessione pari a 7×10 anni. Se il gestore A partecipa alla gara offrendo 7 e vince, nei 10 anni successivi pagherà una concessione pari a 7×10=70. Si supponga ora che il gestore A offra 7 e un gestore B nuovo entrante vinca la gara offrendo 7,000001 cioè praticamente la stessa cifra: B adesso non solo deve versare 7×10=70 allo Stato come A nel caso precedente, ma anche 100 ad A, cioè 170! E’ chiaro che con il metodo proposto B non vincerà mai (deve sempre spendere più del doppio di A per offrire la stessa cifra), a meno che il canone non sia un valore microscopico rispetto al valore della concessione, che permetta quindi a B di assorbire il doppio costo. perciò la proposta è fallimentare, a meno che appunto mi sfugga qualcosa.
Un metodo corretto potrebbe prevedere invece di esaminare i bilanci di A, e obbligare B a rimborsare soltanto la quota non ammortizzata degli investimenti effettuati da A: in questo modo si incentiverebbe inoltre A ad investire anche a ridosso della scadenza della concessione (ma chiaramente A perderebbe la gran parte del valore della rendita di posizione: ciò è inevitabile se si vuole vera concorrenza, un po’ come nel caso delle licenze dei tassisti).
Marcello
La storia dei poveri balneari è una leggenda tutta Italiana. Le concessioni sono state svendute a prezzi ridicoli, esiste la trasmissione dinastica delle licenze come nel caso delle farmacie che in questo mondo non hanno ragione d’esere. Incrociamo i dati reddituali con quelli patrimoniali e vediamo cosa emerge. Per l’allocazione delle risorse pubbliche la teoria economica, ma anche la storia basta pensare alle aste inglesi per le frequenze UMTS (non mi risulta che Vodafone sia fallita ne BT o sbaglio?) insegnano che lo strumento megliore per lo stato sono le aste. Per le concessioni balneari esistono e sono ben collaudate le aste combinatorie. Sono uno strumento adatto per l’allocazione di beni come le spiagge e gli slot degli aeroporti. La letteratura è copiosa e le applicazioni pure. Assumiamo gente brava e competente nella PPAA.
Giorgio Capon
Il problema si pone quando la gestione comporta o ha comportato degli investimenti fissi come nel caso degli stabilimenti balneari. Ciò non accade in altri casi come nella gestione di una mensa aziendale o scolastica dove gli ambienti, il mobilio etc. sono forniti dal concedente e il gestore deve solo portare i cibi e il personale.
Però mi chiedo, quando la direttiva Bolkenstein fu discussa in Europa i nostri ministri fecero presenti le suddette difficoltà oppure la accettarono senza riserve ?
alberto heimler
Grazie mille dei commenti!
Sia A il valore di tutti i beni sfruttati dall’impresa (sia beni propri che beni di proprietà dello Stato, chiamiamo questi ultimi L), ogni anno il gestore guadagnerà Ai, dove i è il tasso di profitto. Il meccanismo da me proposto è il seguente: il concessionario dichiara a quanto è disposto a cedere la sua attività, un valore pari a A-L, e su questo applichiamo un canone r che in linea di principio dovrebbe compensare lo Stato che ha ceduto lo sfruttamento di L al privato. Ciò implica (A-L)r=Li. Il che implica che r = L/(A-L) i. Ciò significa che il canone concessorio (posto a base d’asta) dovrà essere maggiore o minore del tasso di profitto dell’impresa a seconda del valore di quanto ceduto dallo Stato rispetto a quanto realizzato dal concessionario. Tuttavia da un punto di vista dell’efficenza, e quindi per favorire gli investimenti privati, è meglio tenere basso il canone piuttosto che fissarlo a un livello più elevato (così come talvolta per un proprietario di immobili è meglio fissare un canone di locazione più basso in modo da essere sicuro che il locatario non fallisca). Io ho pensato che il valore degli investimenti privati uguagli più o meno il valore di quanto concesso dallo Stato e che il tasso di profitto di uno stabilimento balneare sia pari al 7%. La gara parte da una base d’asta per r pari al 7% di (A-L) e si aggiudica la concessione chi propone l’r più elevato. Il vecchio gestore riceve A-L. Alberto Heimler
bob
in certi Enti Statali con l’introduzione delle norme europee di gare con il metodo del massimo ribasso si sono verificate situazioni ( non sporadiche ) di appalti di milioni di euro acquisiti da aziende con ribassi del 70% dal capitolato, spesso con 1 solo dipendente, ma la cosa al limite della follia italica, che queste aziende cercavano di ripassare il lavoro in sub-appalto. Il discorso di aziende del settore certificate, di aziende fiduciarie, l’impostazioni di gare impostate su presentazioni di progetti e di profili qualificati, eliminerebbe in parte il concetto del massimo ribasso o della miglior offerta parametri ambedue delle stessa faccia della medaglia. Ma nel Paese dove ancora esiste il polveroso Ufficio di Collocamento, dove vige la regola ” conosci qualcuno” stare al passo con il modo la vedo dura
Carlo
Scusate, forse sarò fuori dal mondo, ma sono l’unico a pensare che la gran parte delle spiaggie (tipo il 70%) dovrebbero essere libere con dei servizi igenici essenziali e la rimanente parte spiaggia “attrezzata” gestita dallo Stato? I monopoli natuali (spiaggie, autostrade) NON devono essere gestiti da privati.