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Cinque anni cruciali per la parità di genere

Nel 1995 con la Dichiarazione di Pechino, la comunità internazionale si è impegnata al raggiungimento di una società senza discriminazioni contro le donne. Ora sembra arrivato il momento delle azioni concrete per realizzare una società più uguale.

Un mese di incontri sull’empowerment femminile

Nel mese di luglio diversi sono gli eventi che hanno al centro il tema dell’empowerment femminile. Un quarto di secolo dopo la Conferenza mondiale sulle donne di Pechino del 1995, l’ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile ha organizzato dal 30 giugno al 2 luglio il Generation Equality Forum, per richiedere un impegno concreto da parte dei principali attori internazionali nella lotta per la parità di genere. Dal 13 al 15 luglio si terrà in Italia il Summit W20, all’interno dell’agenda del G20. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, in occasione della Terza Sessione plenaria del G20 Empower del 6 luglio a Roma, ha sottolineato come le scelte di oggi sul tema della parità di genere condizioneranno il futuro e l’abilità del nostro paese di garantire uguaglianza di opportunità. Intanto, approda alla Camera la discussione sulla proposta di legge per promuovere la parità salariale.

Nell’agenda internazionale contro le discriminazioni di genere, la Quarta Conferenza mondiale sulle donne del 1995 aveva segnato un punto di svolta: la Dichiarazione di Pechino, firmata da 189 paesi, è un’agenda per l’empowerment femminile che stabilisce obiettivi e azioni da compiere in dodici aree di importanza strategica nella lotta alle disuguaglianze di genere. Per la prima volta, la comunità internazionale si impegnava in maniera decisa e concreta per il raggiungimento di una società senza discriminazioni contro le donne.

Nei ventisei anni successivi sono seguite altre iniziative a favore della parità di genere. Per esempio, due degli Obiettivi di sviluppo del millennio, da raggiungere entro il 2015, erano dedicati alle donne, e il quinto Obiettivo di sviluppo sostenibile è la parità di genere entro il 2030. La Convenzione di Istanbul sottoscritta nel 2011, da cui la Turchia si è ufficialmente ritirata il 2 luglio, è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che protegge le donne contro la violenza. Eppure, a ventisei anni dalla Conferenza di Pechino, il divario di genere rimane ampio e gli anni necessari per chiuderlo sembrano essere in aumento. Nel mondo, il divario nella partecipazione al mercato del lavoro tra uomini e donne è rimasto stabile negli ultimi vent’anni, ed è pari a 31 punti percentuali; le donne sono pagate il 16 per cento in meno degli uomini in media nel mondo, e solo un manager su quattro è una donna; il 31 per cento delle donne tra i 15 e i 24 anni non studia, non lavora e non partecipa a programmi di formazione (17 punti percentuali in più degli uomini); il 18 per cento di quelle tra i 15 e i 49 anni subisce violenze fisiche o sessuali dal proprio partner, e meno del 40 per cento delle donne che subiscono violenza chiede aiuto, solo per citare qualche esempio. La crisi del Covid sembra aver accentuato alcune di queste disuguaglianze.

Generation Equality Forum: una svolta decisiva?

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Sembra quindi che gli impegni presi finora non siano stati sufficienti. Per non limitarsi a un dibattito animato da buone intenzioni, gli organizzatori del Generation Equality Forum di quest’anno hanno sviluppato un nuovo sistema, secondo il quale a tutti i partecipanti (i cosiddetti “commitment makers”) è richiesto di sottoporre azioni concrete e misurabili in uno di sei ambiti indicati. Vengono anche elencati alcuni degli impegni che possono essere ritenuti validi da parte della comunità internazionale: per esempio, il miglioramento dell’educazione sessuale nelle scuole per raggiungere 50 milioni di adolescenti in più entro il 2026, la riduzione di metà del digital divide tramite investimenti nell’educazione digitale e per l’accesso delle donne alle tecnologie digitali, o l’incremento dei prodotti finanziari gender-responsive (che siano sensibili alle disuguaglianze di genere) – una proposta già portata avanti in risposta all’ultimo G7, che di donne invece ha parlato poco.

Tra gli obiettivi c’è anche quello di promuovere il dibattito tramite sei “coalizioni d’azione” quinquennali: sono partnership che hanno il compito di identificare le azioni da realizzare per l’accelerazione dei progressi sull’uguaglianza di genere. I leader delle coalizioni sono gruppi di organizzazioni internazionali e civili, compagnie private e associazioni filantropiche, oltre a ventiquattro stati membri delle Nazioni Unite – tra i quali manca l’Italia. Le coalizioni di azione hanno avuto il compito di redigere una prima bozza di impegni nella prima parte del Forum, a Città del Messico tra il 29 e il 31 marzo, per poi presentare una versione avanzata del Global Acceleration Plan nella seconda parte, a Parigi tra il 30 giugno e il 2 luglio.

Stavolta il risultato concreto sembra esserci: quasi 40 miliardi di dollari promessi in totale per la lotta alle disparità di genere, di cui 21 miliardi da governi nazionali e istituzioni pubbliche, 13 miliardi dal settore privato, 4,5 miliardi da associazioni filantropiche e 1,3 miliardi da enti dell’Onu e organizzazioni regionali e internazionali. Alle risorse finanziarie si aggiungono poi significativi impegni in politiche e programmi da parte di tutti i partecipanti, come il nuovo obiettivo del governo del Bangladesh di aumentare la partecipazione delle donne nel settore Ict al 25 per cento entro il 2026 e al 50 per cento entro il 2041. Il governo americano, invece, ha promesso – tra le altre cose – un miliardo di dollari per sostenere programmi contro la violenza sulle donne e 175 milioni per la prevenzione delle violenze di genere a livello globale.

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La richiesta di assunzione di responsabilità da parte dell’Onu, quindi, sembra essere stata accolta. Il Global Acceleration Plan sottolinea però che il lavoro è solo all’inizio e che il controllo (accountability) durante il percorso sarà cruciale per il raggiungimento degli obiettivi. L’ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile si occuperà di redigere un rapporto annuale di verifica dei progressi fatti sugli impegni presi, e verranno organizzati altri eventi per riunire i commitment makers e confrontarsi sulla strada ancora da fare. La speranza, e l’obiettivo, è che nei prossimi cinque anni le promesse fatte a Parigi si siano concretizzate. E abbiano cambiato la vita a milioni di donne in tutto il mondo.

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  1. Giacomo

    Paradossale che le due dichiarazioni siano state sottoscritte in Cina e Turchia, due stati dove la parità di genere non esiste e neanche si pongono il problema.

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